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Il Ppe chiude la porta alla Lega, e la Lega dice piccata: “Mai con” voi

David Carretta

Il neopresidente dei popolari europei Donald Tusk è l’antidoto “al pericolo salvinista e orbanista”. Storia di un’incomprensione

Bruxelles. Il presidente uscente del Consiglio europeo, Donald Tusk, appena eletto alla presidenza del Partito popolare europeo ha chiuso la porta all’ipotesi di ingresso della Lega o di collaborazione con Matteo Salvini. “Io ho una grande immaginazione, ma ci sono dei limiti”, ha risposto Tusk a chi gli chiedeva della possibilità di adesione della Lega o anche solo di una intesa cordiale. Al Congresso di Zagabria del Ppe perfino Silvio Berlusconi – che da alcuni mesi promuove un’alleanza con la Lega – si è dovuto arrendere. “Non c’è un discorso di dialogo”, ha detto il Cav.: “Non è all’ordine del giorno. Semplicemente Salvini, anche nell’ultimo incontro, ha ribadito di essere disponibile a giudicare i proponimenti del Ppe al Parlamento europeo e, sulla base del singolo progetto, dare la sua adesione o meno”. Ma, a giudicare dalla reazione alle parole di Tusk, non c’è possibilità di intendersi. “Mai con” il Ppe, ha tuonato in una nota Marco Zanni, presidente del gruppo di estrema destra all’Europarlamento. “Con Donald Tusk il Ppe, lacerato e privo di una chiara linea politica, rischia di condannarsi alla sudditanza rispetto alle sinistre europee”, ha detto il capo-delegazione della Lega, Marco Campomenosi: “Noi guardiamo al futuro, non al passato, per un’Europa diversa da quella vista finora”.

 

In realtà è la Lega ancorata ai partiti dell’estrema destra eurofoba come il Rassemblent national di Marine Le Pen, a portare il Ppe a chiudere la porta a Salvini. Fino alle elezioni europee del 26 maggio, una minoranza dei popolari aveva sperato in una metamorfosi della Lega in partito euroscettico ma un po’ più saggio, tipo il PiS polacco di Jaroslaw Kaczynski. Invece Salvini ha messo il no-euro Zanni alla testa del suo gruppo con Le Pen, Identità e Democrazia. A luglio ha fatto votare i suoi 28 eurodeputati contro la popolare Ursula von der Leyen. Ancora oggi, malgrado il tentativo di mostrare un volto moderato in Italia, non riesce a trattenersi sull’Ue. La campagna contro il fondo salva-Stati Mes viene vista a Bruxelles come un tentativo surrettizio di rilanciare l’uscita dall’euro. Il 2 dicembre Salvini è previsto ad Anversa a un evento dell’estrema destra fiamminga del Vlaams Belang, erede del Vlaams Blok sciolto dopo una condanna per razzismo e xenofobia, con cui nemmeno i nazionalisti delle Fiandre di destra dura della N-VA vogliono collaborare.

 

Il prisma italiano vuole che un avvicinamento tra la Lega e il Ppe sia la cosa più naturale del mondo, perché nei popolari c’è il Fidesz di Viktor Orbán, che si definisce “compagno di lotta” di Salvini. Ma non solo il Fidesz è stato sospeso per le posizioni anti Ue: Orbán viene visto dalla maggioranza del Ppe come una sfida mortale, il rischio di farsi ingurgitare dai populisti. Tusk, che deciderà entro gennaio se espellerlo o no, nel suo discorso al Ppe ha ricordato quando, mentre lavorava nel 2015 con Angela Merkel per negoziare l’accordo con la Turchia che ha ridotto del 90 per cento l’afflusso di rifugiati, “anche qualcun altro (Orbán, ndr) lavorava duramente, ma solo sulla sua narrazione, mettendo in piedi un muro e cartelloni con propaganda antimigranti”. In fondo – spiega al Foglio una fonte popolare – l’elezione di Tusk “è un tentativo di risposta del Ppe al pericolo salvinista e orbanista”. L’ex premier polacco, ex studente iscritto a Solidarnosc, è un liberal-democratico, atlantista, antirusso, ma non è ingenuo sulla sfida dell’identità. “Chiunque rigetti dal suo vocabolario politico parole come patria e Heimat, scoprirà che è molto difficile affrontare il compito cruciale di dare alla gente una sensazione di sicurezza”, ha detto a Zagabria. Ma sulla libertà e sulla democrazia non ci sono compromessi: “In nessuna circostanza” si può lasciare campo libero ai “populisti politici, ai manipolatori e agli autocrati (…). Non sacrificheremo valori come le libertà civili, lo stato di diritto e la decenza nella vita pubblica sull’altare della sicurezza e dell’ordine”, ha avvertito Tusk: “Chiunque non è in grado di accettarlo, si mette di fatto fuori dalla nostra famiglia” del Ppe. O, nel caso di Salvini, si autoesclude.