Jean-Claude Juncker e Boris Johnson (foto LaPresse)

L'invisibile Hulk e i fischi a Johnson al suo incontro con gli europei

David Carretta

Il premier britannico si è presentato a Lussemburgo ancora senza proposte concrete. Il sospetto della tattica dilatoria di Londra

Bruxelles. L’Incredibile Hulk si è trasformato nell’Uomo Invisibile ieri di fronte a uno sparuto gruppo di manifestanti che, a Lussemburgo, protestava contro Boris Johnson. Il primo ministro britannico ha deciso di annullare la conferenza stampa con il suo omologo lussemburghese, Xavier Bettel, dopo quella che doveva essere la giornata della svolta nei negoziati con l’Unione europea sulla Brexit. “L’Europa non perde mai la pazienza”, aveva detto il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, prima di incamminarsi con Johnson verso un ristorante del Gran Ducato per un pranzo di lavoro. Alla vigilia il premier britannico aveva evocato gli “enormi progressi” nelle discussioni tecniche con Bruxelles grazie alla sua strategia da supereroe. “Più Hulk si arrabbia, più Hulk diventa forte”, aveva detto Johnson: “Hulk è sempre riuscito a fuggire, non importa quanto fosse legato, e questo è il caso di questo paese”. Negli scorsi giorni, diverse fonti europee si erano aggrappate alle parole di Johnson e alle idee avanzate dal suo sherpa, David Frost. Ma per l’ennesima volta Johnson si è presentato a Lussemburgo senza alcuna proposta concreta: il presidente Juncker ha ricordato che “è responsabilità del Regno Unito presentare soluzioni legalmente funzionanti che siano compatibili con l'accordo di ritiro” ma “queste proposte non sono state ancora fatte”. Così, quando Xavier Bettel si è presentato da solo sul palco della conferenza stampa, con il podio di Johnson rimasto fisicamente e simbolicamente vuoto, il premier lussemburghese ha mostrato di aver perso la pazienza. “Abbiamo bisogno di più che di sole parole. Abbiamo bisogno di un testo legalmente funzionante il più presto possibile”.

 

 

Di fronte al caos politico a Londra, l’Ue ha tenuto una linea di prudenza, ma aperta e pragmatica sulla possibilità di portare a buon fine questi ennesimi negoziati. Le priorità politiche sono sempre le stesse: evitare di essere accusata di aver provocato il no deal, preservare il mercato interno e proteggere gli accordi di pace in Irlanda del nord evitando il ritorno della frontiera fisica con l’Irlanda con il backstop che Johnson vuole cancellare. “La sola soluzione che è attualmente sul tavolo è l’accordo di ritiro che abbiamo concordato lo scorso novembre” con Theresa May, ha spiegato ieri Bettel.

 

 

In realtà, c’è un’altra soluzione possibile. E’ la prima versione del backstop concordata nel dicembre del 2017 sempre con la May (Johnson era ministro degli Esteri): solo l’Irlanda del nord dovrebbe restare nell’unione doganale e allineata alle normative Ue in una serie di settori. Il “backstop 1.0” fu rigettato dai brexiters e dal Dup nordirlandese, perché considerato un’inaccettabile spartizione del paese visto che avrebbe di fatto creato una frontiera nel mare d’Irlanda, interna al Regno Unito. Ma oggi Johnson non ha più la maggioranza e dunque non ha più bisogno degli unionisti nordirlandesi: Frost, ha evocato l’ipotesi che l’Irlanda del nord resti allineata all’Ue nel settore sanitario e fitosanitario (prodotti alimentari e animali). “Non per forza basta chiamarlo backstop, se questa correzione cosmetica lo rende accettabile. L’importante è la sostanza”, spiega una fonte europea.

 

 

Ma, in mancanza di una proposta concreta scritta, nell’Ue aumenta il sospetto che quella di Johnson sia solo tattica dilatoria. Tanto più che Frost ha avanzato un’altra richiesta inaccettabile per l’Ue, che rischia di far precipitare tutto anche in caso di intesa sul backstop: cancellare l’impegno di Londra sulle relazioni future a non divergere sulla legislazione sociale e ambientale dell’Ue per concludere un ambizioso accordo di libero scambio.

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