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Il presidente francese Emmanuel Macron a Belgrado con il premier serbo Aleksandar Vucic (Foto LaPresse)
Allargarsi, con ambizione
Macron è in Serbia per mettere in chiaro che entrare in Ue è un affare serio
L’Europa che verrà e che sta già arrivando ha molte questioni da risolvere. Alcune economiche, altre ideologiche. Molte sono pratiche, come il suo futuro, molto discusso, allargamento a est. Dovrà o potrà l’Unione europea allargarsi ancora a est, aprirsi ai Balcani, accettare di diventare sempre più grande inglobando una zona piena di conflitti non del tutto irrisolti? Per Emmanuel Macron non se ne parla, non adesso. Non è il momento, meglio aspettare, dirimere le questioni interne all’Ue e lasciare ai Balcani il tempo necessario per risolvere i loro problemi e poi, forse, dare loro lo status di paesi membri. Le voci dentro all’Ue sono molte, altre nazioni credono sia meglio affrettarsi, far entrare Macedonia del nord, Albania, Serbia, Bosnia Erzegovina, Montenegro e Kosovo prima che in quelle nazioni aumenti l’influenza di Cina e Russia che, per ragioni storiche e interessi economici, un piede dentro lo hanno già messo.
Ieri Macron è arrivato in Serbia per una visita di due giorni, non accadeva dal 2001, l’ultimo presidente francese ad andare a Belgrado era stato Jacques Chirac, da allora la Francia ha rinunciato via via alla sua presenza nella nazione. Macron ha deciso di tornare per far capire che i legami, quelli di un tempo, esistono ancora e che se davvero la Serbia intende diventare parte dell’Unione europea deve capire che non si tratta di un premio facile da conquistare. Bisogna arrivare a degli standard e Macron è lì per questo, per far capire che entrare nell’Ue non è per tutti. Il presidente francese non esclude la possibilità di un allargamento, per ora è contrario, ma durante la visita vuole mettere in chiaro due punti fondamentali: servono degli accordi con il Kosovo, la nazione vicina che si è autoproclamata indipendente nel 2008 e che da Belgrado non è ancora stata riconosciuta, e un serio piano di riforme in grado di combattere la corruzione.
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