Maia Sandu, l'ex economista della Banca mondiale che gli europeisti hanno proposto come primo ministro (Foto LaPresse)

L'alleanza tra europeisti e filorussi in Moldavia contro l'oligarca corrotto

Micol Flammini

Il volto di Mosca e quello di Bruxelles si sono uniti per spodestare il dittatore Vlad Plahotniuc. Un caso unico a Chisinau, che confonde gli analisti

Roma. La Moldavia è un paese di frontiera, poverissimo (il più povero d’Europa) e quasi spopolato. Dal punto di vista geopolitico ha diverse storie da raccontare, trovandosi lì, in quella terra di nessuno che tra l’Europa e l’est ha ridisegnato i confini della sua storia più e più volte. È una piccola, piccolissima Ucraina. Minuscola. I suoi abitanti parlano soprattutto romeno, ma anche russo, qualcuno persino ucraino o gagauso. Un paese che sogna per metà di diventare Unione europea, chissà forse un giorno, per metà di avvicinarsi alla Russia, che però non ha le stesse ambizioni che nutre per l’Ucraina. È questione di denaro, di interessi e di posizioni, ma anche di storia. In questi giorni le due anime della Moldavia si sono unite in qualcosa di mai visto prima, un esperimento che ha quasi del miracolo, un’idea talmente stramba da sembrare irreale: l’anima filorussa e quella europeista si sono alleate. Il volto di Mosca e quello di Bruxelles si sono sorrisi e hanno deciso che era arrivato il momento di creare insieme un governo per liberare la nazione dal potere dell’oligarca Vlad Plahotniuc, accusato di corruzione.

 

L’oligarca è il leader del Partito democratico che alle elezioni di febbraio ha ottenuto il 24 per cento dei voti, non abbastanza per formare un governo da solo. Le trattative e i negoziati si sono trascinati per diversi mesi fino a quando il Partito socialista filorusso e gli europeisti di Acum hanno deciso di unire le loro forze e i loro voti per estromettere Plahotniuc. I socialisti filorussi del presidente Igor Dodon erano usciti dalle elezioni con il 31 per cento, mentre Acum aveva ottenuto il 27. Plahotniuc non è mai stato molto chiaro in fatto di alleanze straniere né con l’Unione europea né con la Russia, per lui la Moldavia è una terra di nessuno. L’importante era mantenere il controllo sui settori più influenti del paese, dall’informazione alla giustizia, è in politica dal 2010, negli anni è stato accusato di frode da parte della Banca centrale moldava, di legami con la mafia russa, di traffico della prostituzione, anche di omicidio. La sua figura è sempre rimasta in piedi e dalle ultime elezioni sperava di riuscire a formare un governo.

 

A sorpresa i socialisti di Igor Dodon e gli europeisti di Acum hanno smontato i suoi piani e da una situazione che sembrava immobile, con ogni fazione arroccata dietro alle sue priorità è venuta fuori un’alleanza inaudita, unica, storica, due forze centrifughe unite soltanto dal desiderio, come hanno detto i leader dei rispettivi partiti, di “ripulire il governo”. Così i filorussi hanno messo a capo del Parlamento Zinaida Greceanii e gli europeisti hanno proposto come primo ministro Maia Sandu, ex economista della Banca mondiale. In preda alla voglia di cambiamento, il Parlamento ha votato un pacchetto di leggi anticorruzione, ha dichiarato che la Moldavia era un paese “preso in ostaggio da un oligarca”, hanno festeggiato la “caduta di una dittatura”, tutto in toni pieni di entusiasmo. Plahotniuc ha detto che avrebbe fatto ricorso, ha parlato di “colpo di stato”, e ha chiesto ai suoi sostenitori di manifestare. Le proteste ci sono state e il corteo, armato di tacchini, si è presentato sotto il palazzo presidenziale e ha lanciato gli animali al di là della recinzione. Di ricorsi non c’è stato bisogno perché la Corte costituzionale ha annullato questa coalizione dicendo che i partiti avrebbero avuto tempo fino al 7 giugno, mentre l’alleanza è stata ratificata il giorno seguente, Dodon è stato sospeso e al suo posto è stato nominato Pavel Filip, ex primo ministro e anche lui del Partito democratico moldavo di Plahotniuc che ha subito convocato nuove elezioni parlamentari e presidenziali per il 6 settembre.

 

Alcuni rappresentanti del nuovo governo hanno detto che avrebbero comunque continuato a lavorare per “ripulire” il paese, Dodon ha fatto sapere che non riconosce il decreto della Corte costituzionale, ma per ora la Moldavia rimane in sospeso dopo essere diventato il teatro di un esperimento di coalizione storico. I confini tra est e ovest, tra europeisti e filorussi si sono improvvisamente mescolati e confusi, qualcosa di inapplicabile in altri paesi. La Russia che finora sembrava essere dietro ai socialisti e dentro al Partito democratico, accusati entrambi di complottare insieme ai danni di Acum, forse sta tentando un’altra strada, quella della ragione per migliorare la sua immagine nell’area. Forse la questione le interessa meno del previsto, ma in quella striscia di terra, poverissima e quasi spopolata, è arrivato un messaggio che quasi tutti, analisti ed elettori, faticano a interpretare. Due mondi incompatibili si sono uniti.

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