Foto tratta dalla pagina Facebook Koalicja Europejska

La Coalizione europea nata in Polonia per contare nell'Ue

Micol Flammini

L'alleanza ha le sue sfumature ma per ora la priorità è battere gli euroscettici del PiS

Roma. Quando Emmanuel Macron scrisse il suo manifesto per un rinascimento europeo, la Coalizione europea, l’insieme di forze politiche che in Polonia ha deciso di unirsi per battere il PiS, il partito nazionalista che governa il paese dal 2015, è stata la prima ad alzarsi in piedi, a rispondere: eccoci, siamo pronti, rinasciamo. Questa adesione, spontanea e vitale, è stata riassunta in un testo che Grzegorz Schetyna, il leader di questa alleanza, ha scritto per spiegare perché Macron non va lasciato solo, perché questa lotta non va abbandonata e la risposta a tutti questi perché è: non dobbiamo permettere che l’Unione intera diventi come la Polonia.

 

“Quando i populisti sono al potere, come il PiS, tentano di rendere più evidenti le divisioni tra i partiti democratici di opposizione – scrive Schetyna – Noi abbiamo superato la loro cinica strategia e abbiamo creato la Coalizione europea”. Su questa alleanza, nata a febbraio dopo mesi di negoziati, trattative e ripensamenti, in pochi avevano scommesso, sembrava impossibile trovare un filo, un pensiero, una linea politica che unisse tutti questi partiti. Invece il filo c’era e l’idea anche, ed era chiaro fin dall’inizio che a unire tutte le forze dell’opposizione era l’Europa, la voglia di ricominciare a contare a Bruxelles e di trovare una soluzione ai danni che il PiS ha fatto in questi anni.

 

 

Il partito di Jaroslaw Kaczynski è riuscito a trascinare il paese in un conflitto con le istituzioni europee, ha avvicinato Varsavia all’Ungheria di Orbán e istituito il paradosso che esiste soltanto in Polonia: portare avanti politiche euroscettiche in un paese fortemente e convintamente europeista. È per questo paradosso che il Po, il partito del presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, i popolari del Psl, Nowoczesna, la sinistra di Sld e i Verdi hanno deciso di unirsi. Da questa alleanza rimane fuori un partito, Wiosna, Primavera, un partito giovane che ha deciso di tenersi distante dagli altri, ma non ha escluso di unirsi per le elezioni politiche che si terranno in autunno: “Per ora vogliamo provarci da soli”, ha detto al Foglio il leader e fondatore del movimento Robert Biedron, sindaco di Slupsk, città del nord, che sta riuscendo ad attrarre soprattutto l’elettorato più giovane.

 

La Coalizione è un atto di amore nei confronti dell’Ue, “veniamo da esperienze politiche diverse, ma siamo uniti dalla convinzione che la ragion d’essere dello stato polacco sia il radicamento della nostra patria nell’Unione europea”, si legge nelle prime righe che i capi dei cinque partiti hanno firmato quando hanno annunciato la nascita dell’alleanza. L’europeismo in Polonia è un fatto identitario, ha a che fare con la storia e con la salvezza della nazione, con la “ragion d’essere” di un popolo che non si sente euroscettico, non si sente di poter sedere dalla parte di coloro che vorrebbero uscire dall’Unione europea o distruggerla. Dopo la vittoria del PiS nel 2015, Kaczynski ha dovuto abbandonare presto il suo progetto di Polexit, nella nazione in cui le strade, gli asili, gli aeroporti portano la targa dei fondi europei.

  

Il partito al governo rimane ancora molto forte, non bisogna illudersi, le politiche sociali che ha portato avanti finora – abbassamento dell’età pensionabile, fondi per le famiglie –, continuano ad avere ancora molto consenso, la Polonia è in crescita, la disoccupazione è al 3,5 per cento, ma questo miracolo economico non è merito dei sovranisti. Anzi: “Spendi, spendi, spendi tutto quello che puoi, altrimenti lo faranno i populisti al tuo posto”, dice l’economista tedesco Holger Schmieding in un report in cui descrive la sindrome che chiama il “destino polacco”. Nello studio, Schmieding rimprovera a Donald Tusk, ex primo ministro liberale, di aver risparmiato troppo: con quel denaro messo da parte il PiS ha potuto realizzare tutte le riforme sociali che i polacchi chiedevano.

 

Ma in questi anni di opposizione, le forze politiche hanno imparato molte cose, hanno imparato che ci sono delle priorità, hanno capito che per andare avanti bisogna riconquistare la fiducia di Bruxelles, uscire dal pantano delle procedure di infrazione – per la violazione dello stato di diritto Varsavia rischia l’attivazione dell’articolo 7 che comporterebbe sanzioni, la revoca del diritto di voto nelle istituzioni di Bruxelles e anche la possibile diminuzione dei fondi europei – e per farlo c’è solo un modo: unirsi. La Coalizione europea è nata come atto d’amore nei confronti dell’Ue, e anche come atto di amor proprio della Polonia. Per ora l’obiettivo sono le europee e i sondaggi danno gli europeisti in vantaggio, lieve ma pieno di speranza. La Coalizione vuole riportare Varsavia in Europa vincendo le elezioni del 26 maggio, e poi spera di riportare anche l’Europa a Varsavia in autunno. Quest’ultima sfida sarà più difficile e per vincerla in molti aspettano un ritorno importante, quello di Donald Tusk alla politica polacca. Per perdersi tra le sfumature e le diversità di questi partiti ci sarà tempo, per ora si pensa soltanto a rimanere uniti, tutti insieme, perché la priorità è non perdere l’Europa che, come si legge nel loro atto fondativo – “è la ragion d’essere dello stato polacco”.

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