Una manifestazione a Varsavia contro il PiS (Foto LaPresse)

L'ombrello contro la pioggia arcobaleno. La campagna del PiS polacco

Micol Flammini

Il partito di Kaczynski non parla di Europa (i fondi servono) né di invasioni. Così ritorna alla protezione della famiglia

Roma. Parlare male dell’Europa non porta più voti. Parlare di migranti, predire un’invasione di musulmani, nemmeno. Almeno in Polonia. Per promettere nuove riforme assistenzialiste e misure sociali non ci sono più i soldi. Per riorganizzarsi, il PiS ci ha messo del tempo, dopo il moto irrequieto delle opposizioni che per battere il partito nazionalista, che governa la nazione dal 2015, si sono riunite sotto un’unica bandiera, quella europea, e hanno formato una coalizione, Koalicija europejska, Ke. Dopo settimane trascorse a far rumore, a nascondere gli scandali legati a Jaroslaw Kaczynski, il PiS lo scorso fine settimana ha trovato il tema della sua campagna elettorale che probabilmente lo accompagnerà durante le elezioni europee del 26 maggio e anche oltre, fino alle parlamentari che si terranno in Polonia in autunno: la famiglia. In una delle ultime convention del partito, Kaczynski aveva chiarito che Varsavia non ha intenzione di lasciare Bruxelles; i soldi europei, i fondi, servono e piacciono. A settembre aveva quindi accantonato la Polexit, lo aveva fatto in modo sprezzante, dicendo quello che in molti avevano già intuito: che per alcuni paesi, l’Ue è un bancomat. C’era però bisogno di riorganizzarsi, di tornare davanti ai polacchi con argomenti importanti, uno degli ultimi sondaggi aveva rivelato che nemmeno i più convinti sostenitori del PiS avevano gradito gli scandali finanziari del leader del partito e prima di tornare in campagna elettorale bisognava pensare a qualcosa di forte, di vecchio ma non abusato. E’ stato il sindaco di Varsavia, Rafal Trzaskowski, a dare l’idea quando, con una dichiarazione, ha spiegato come cambierà la vita nella capitale in materia di diritti lgbt. Soprattutto Trzaskowski, del Po, Piattaforma civica, il rivale storico del PiS, ha cercato di architettare un modo per aiutare i minorenni che vengono cacciati di casa dai genitori a causa del loro orientamento sessuale. Varsavia darà un alloggio, li aiuterà, fornirà assistenza. Il PiS ha capito che per riprendersi il suo popolo, doveva recuperare questo tema. Lo scorso fine settimana alla convention, Kaczynski, dopo aver allertato su tutti i possibili nemici della nazione, dai russi a Lech Walesa, ha definito le politiche del sindaco di Varsavia “un attacco contro la famiglia condotto nel peggiore dei modi, perché è essenzialmente un attacco ai bambini”. I militanti del partito si sono rianimati, hanno detto che si tratta di “una battaglia culturale” che il PiS deve vincere.

 

 

Per l’occasione il PiS ha anche presentato un logo, un enorme ombrello nero con l’aquila e il nome del Partito che protegge una famiglia da una pioggia arcobaleno, è pronto a portare avanti la questione, “la battaglia culturale” e nel frattempo nell’opposizione c’è chi invece chiede a Rafal Trzaskowski di fare un passo indietro. Finora il Po e gli altri partiti che hanno formato la Coalizione Ke avevano evitato di trattare questo argomento. Rimane ancora molto divisivo, il Po negli anni in cui è stato al governo non ha mai osato occuparsene e ora è Robert Biedron, il sindaco di Slupsk che ha fondato il movimento Wiosna, Primavera, a essersi intestato questa battaglia. Ma la Polonia, fuori dai grandi centri, rimane ancora una nazione conservatrice e molti temono che il PiS anche questa volta abbia capito come recuperare voti. Lo stesso Po rimane un partito molto variegato, con un’anima più conservatrice e un’altra più liberale, e secondo molti politici non era il momento di occuparsi di temi quali i diritti lgbt. Roman Giertych, ex esponente del PiS, ormai vicino a Piattaforma civica, ha criticato Trzaskowski, rimproverandolo di aver mostrato le debolezze della coalizione proprio nel momento in cui gli scandali di Kaczynski stavano facendo traballare il PiS. Finora la Coalizione europeista aveva preferito tacere sui diritti lgbt, non parlare di famiglia, ma di Ue, per evitare di inciampare, almeno fino alle europee, sulle proprie divisioni.