Foto tratta dalla pagina Facebook Koalicja Europejska

Tra le pieghe del listone polacco pro Europa, per poter contare nell'Ue

Micol Flammini

In Polonia le forze europeiste, tranne Wiosna, hanno deciso di unirsi in una coalizione, “Koalicja Europejska”, per non essere più trattati come i malati d’Europa

Roma. Al di là di ambiguità, diversità e sfumature, in queste elezioni europee è il nemico che conta. Questo è lo spirito della campagna elettorale in Polonia, dove le forze europeiste, tranne Wiosna, Primavera, hanno deciso di unirsi e formare un listone, una coalizione che dal nome rivendica la sua vocazione identitaria: “Koalicja Europejska”, Coalizione europea. Delle sfumature ci sarà tempo per parlare, l’importante è ricominciare a contare a Bruxelles, a essere importanti per l’Unione e porre rimedio ai danni che negli ultimi tre anni sono stati fatti dal PiS, il partito di Jaroslaw Kaczynski che governa dal 2015 in aperto conflitto con le autorità europee e ha proiettato l’immagine di una nazione piegata su stessa, sovranista, euroscettica. Ma dal momento che non è così, che i polacchi così euroscettici non sono e che, a causa di questa leadership nazionalista rischiano anche l’attivazione dell’articolo 7 per le violazioni dello stato di diritto, che comporterebbe sanzioni, la revoca del diritto di voto nelle istituzioni Ue e anche la possibile diminuzione dei fondi europei, le forze politiche polacche hanno deciso di unirsi per costituire un fronte comune in vista delle Europee del 26 maggio, poi chissà, magari anche per le elezioni autunnali quando Varsavia sceglierà il nuovo Parlamento.

 

Domenica mattina, i leader della Coalizione europeista (Ke) hanno firmato un documento, che per i toni e le promesse, più che un patto sembrava un manifesto, un atto d’amore e di fedeltà nei confronti dell’Unione. “Veniamo da esperienze politiche diverse, ma siamo uniti dalla convinzione che la ragion d’essere dello stato polacco sia il radicamento della nostra patria nell’Unione europea”, così inizia la dichiarazione firmata dai leader del Po (Piattaforma civica), Psl (Partito popolare polacco), Nowoczesna, Sld (Alleanza della sinistra democratica) e Partia Zieloni (i verdi). Tra questi soltanto il Po, il partito di Donald Tusk, è un a partito grande che però da solo non riesce a riconquistare un elettorato abbastanza consistenza. Ha bisogno degli altri, piccoli o piccolissimi, ma uniti dalla volontà di combattere il nemico comune. “La coalizione è il culmine di molti mesi di negoziati, ora è finita”, ha detto domenica trionfante Wladyslaw Kosiniak-Kamysz, leader del Psl, che per ultimo, in una corsa finale e dopo mille ripensamenti, ha deciso di aderire alla coalizione.

 

Nella formazione di questa lista – dalla quale tra tutte le forze europeiste polacche soltanto Wiosna, il partito fondato poche settimana fa da Robert Biedron, ha deciso di tenersi fuori per garantirsi un’immagine ancora illibata agli occhi degli elettori – c’è una forte idea di rivalsa, c’è la voglia di tornare a prendere decisioni a livello europeo, di essere rispettati, di avere voce quando si tratterà di essere davvero importanti, di parlare di budget o di politica estera, di non essere trattati come i malati d’Europa.

 

I polacchi hanno imparato una lezione importante, le urla dei sovranisti non vengono ascoltate a Bruxelles. Oltre a questa coalizione, che secondo i sondaggi potrebbe arrivare al 40 per cento e sconfiggere il PiS per pochi punti, non c’è molto. Il partito di Kaczynski non parla di Europee, è passato direttamente alla campagna elettorale per le elezioni parlamentari, non ha un programma, soprattutto per la politica estera. I polacchi non sono una nazione euroscettica: se non condividono un amore sentimentale con l’Europa, sanno però che è importante ragionare per convenienza. Vedono gli asili, le strade, gli aeroporti tutti con la stessa targa “Europeiskj Fundusz”, che indica che sono stati realizzati con fondi europei. In queste elezioni in cui, almeno in Polonia, parlare male dell’Europa non conviene più, il PiS sembra essere rimasto senza parole né argomenti, gli altri partiti, sotto la regia e gli appelli di Donald Tusk, lo hanno capito e per vincere hanno un’opzione soltanto: stare tutti insieme. Delle differenze ci sarà tempo per parlare.

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