“Missili in arrivo”, un finto allarme hacker turba l'Eurovision a Tel Aviv

Gabriele Carrer

Guerra cibernetica e guerra vera. Israele ritiene il “conflitto militare già in atto”, di cui l’hackeraggio di Hamas “è solo un piccolo tassello”

Milano. Chi martedì sera era collegato con il centro Expo di Tel Aviv per la prima semifinale dell’Eurovision Song Contest 2019 dal sito Web della Kan, la tv di stato israeliana, è stato vittima di un attacco hacker. Al posto delle canzoni per due minuti è stato trasmesso un videomontaggio: il logo dell’Idf, le Forze di difesa israeliane, e una serie di minacce, tra cui esplosioni a Tel Aviv e messaggi come “Attenzione: rischio di attacco missilistico”, con tanto di invito alla fuga per gli spettatori che si trovavano nel raggio di un chilometro dalla sede della gara, nel nord della città, e “Israele non è un posto sicuro. Vedrai!”.

  

 

Ieri, mentre a Gaza cominciavano le manifestazioni lungo il confine per la Nakba (cioè la “catastrofe” con cui i palestinesi ricordano la nascita dello Stato di Israele nel 1948), la Kan, l’emittente che trasmette il festival ha accusato Hamas, l’organizzazione palestinese che controlla la Striscia. L’amministratore delegato della Kan, Eldad Koblenz, ha spiegato alla radio militare israeliana che c’è stato un tentativo, “apparentemente da parte di Hamas” di prendere il controllo della trasmissione sul sito. Il tentativo è stato respinto in pochi minuti e questo ha evitato che l’hackeraggio influisse sulla trasmissione televisiva in Israele e all’estero.

  

Hamas non ha minacciato esplicitamente l’Eurovision. Ma a inizio mese, pochi giorni prima dell’apertura del festival e delle celebrazioni per il settantunesimo anno di Israele, abbiamo assistito a 72 ore di razzi contro il sud di Israele da parte di Hamas, decisa ad alzare la pressione con l’obiettivo di sbloccare i fondi dei donatori internazionali verso la Striscia, e raid aerei dell’Idf su una serie di obiettivi dell’organizzazione terroristica. Una tregua ufficiosa negoziata al Cairo tra i servizi segreti israeliani e l’ala politica di Hamas ha messo fino alle violenze.

  

Rassicurata dalle parole del premier Benjamin Netanyahu nonostante alcuni giornali locali avessero definito Israele “ostaggio” del festival, l’Eurovisione, cioè l’organizzatore, ha deciso che “the show must go on”, che lo spettacolo dovesse continuare. Il tutto nonostante il fermento dei gruppi filopalestinesi di boicottaggio contro Israele, fomentati da un gruppo nutrito di star e pronti a sfruttare il palcoscenico del concorso, un’occasione di respiro internazionale con imponenti flussi di turismo e che l’anno scorso ha visto collegati 186 milioni di persone per semifinali e finale, per ricattare il governo israeliano.

  

Benché la tregua ufficiosa sia stata raggiunta anche per le preoccupazioni di Gerusalemme in vista dell’Eurovision, Hamas non pare disposta a rinunciare alle minacce, anche se cibernetiche e non a suon di razzi, contro la popolazione israeliana, come conferma l’hackeraggio di martedì sera. Da un po’ di tempo, il gruppo terroristico della Striscia di Gaza sta utilizzando anche i cyber-attacchi per colpire Israele. Tuttavia, per la prima volta, domenica 5 maggio, Gerusalemme ha risposto con un raid, cioè un bombardamento, a un tentativo di hackeraggio, cioè un attacco cibernetico: è una svolta per la cyberwarfare. Israele, bloccato un attacco hacker da parte di Hamas, ha risposto abbattendo il quartier generale informatico dell’enclave. “Alcuni stati, come per esempio gli Stati Uniti, sin dal 2011 hanno previsto nelle loro policy di poter rispondere cineticamente ad attacchi cibernetici”, ha spiegato Stefano Mele, avvocato esperto in diritto delle tecnologie e presidente della Commissione sicurezza cibernetica del Comitato Atlantico Italiano, all’agenzia Cyber Affairs. Ma, continua l’esperto, “questa è la prima volta che si ha notizia dell’attuazione pratica di una simile opzione all’interno di un conflitto tra stati e soprattutto con una reazione quasi in tempo reale”.

  

Guardando al piano legale della risposta di Gerusalemme si nota come, spiega Mele, considerando Hamas un “ente paragovernativo” Israele ritiene il “conflitto militare già in atto”, di cui l’attacco hacker di Hamas “è da considerare soltanto come un piccolo tassello”. Un tassello, assieme ai razzi dalla Striscia e alle minacce durante la diretta dell’Eurovision, per mettere pressione al premier Netanyahu.