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I fazzoletti blu in Venezuela

Maurizio Stefanini

Guaidó fa un appello per rovesciare il regime. Tank per strada. Il governo italiano è diviso

Roma. Il grande scontro a Caracas era atteso per il primo maggio, con la manifestazione indetta dall’opposizione a Nicolás Maduro. Il regime aveva fatto sapere che stava già preparando una cella per Juan Guaidó, il presidente eletto dall’opposizione, a Forte Tiuna, il complesso militare dove ha sede il ministero della Difesa. Ma Guaidó ha anticipato le mosse del governo.

   

Dapprima, in qualità di presidente ad interim, ha diramato un’amnistia per i detenuti politici che è stata consegnata ai membri del Sebin che li sorvegliavano. Temutissimo per le sue detenzioni arbitrarie e per le torture che infligge agli oppositori, il Servizio bolivariano di intelligence è da tempo pieno di membri insofferenti, che martedì hanno rilasciato il detenuto politico simbolo Leopoldo López, uno dei leader dell’opposizione da anni ai domiciliari. Guaidó e López assieme sono poi comparsi in un video alla Base Aérea Generalísimo Francisco de Miranda, da tutti chiamata La Carlota, fuori dall’area amministrativa di Caracas, nello stato di Miranda. Attorniati da militari passati dalla loro parte, hanno annunciato che “la fine dell’usurpazione è iniziata oggi” e hanno proclamato l’“Operación libertad”. “Oggi le forze armate stanno dalla parte del popolo, dalla parte della Costituzione”, ha detto Guaidó, chiamando i cittadini a scendere in strada. La decisione di Guaidó di mostrarsi in video con un plotone di militari armato fino ai denti è un tentativo di dimostrare che l’esercito è dalla sua parte. Questa è la grande incognita dell’insurrezione in Venezuela: non si può rovesciare il regime finché i militari stanno con Maduro. Per questo la ribellione è stata ribattezzata “Alzamiento del lazo azul”, che significa “il Sollevamento del fazzoletto blu”, a indicare i fazzoletti che i militari ribelli al regime si sono messi in faccia o al braccio per distinguersi da quelli che invece stanno ancora con il governo.

   

Poco dopo la pubblicazione del video, il governo ha scritto via Twitter che la rivolta era stata domata: in realtà cominciava a radunare paramilitari attorno al palazzo presidenziale di Miraflores, mentre migliaia di manifestanti scendevano in strada. Guaidó e López sono arrivati a Caracas e si sono messi alla testa di un corteo, mentre da altre città del paese arrivavano notizie di grandi manifestazioni e di guarnigioni militari in rivolta (si parla in particolare della base militare di Maracay). Presto sono cominciati gli scontri, e le forze di sicurezza leali al regime hanno risposto con la violenza. In una ripresa che potrebbe diventare storica, si vede una camionetta militare piombare sulla folla disarmata: almeno una persona rimane a terra.

      

Le reazioni internazionali hanno seguito la faglia storica tra oppositori e sostenitori del regime chavista. L’Amministrazione americana si è espressa a sostegno di Guaidó, assieme ai governi di Colombia, Cile, Perù, Brasile, Argentina. La Russia ha inviato un comunicato rabbioso contro la rivolta e in sostegno del regime, e i militari russi presenti in Venezuela sono una grande incognita per le speranze di Guaidó. Maduro è appoggiato anche da Bolivia e Cuba. In Europa, l’Alto rappresentante Federica Mogherini ha detto tramite un portavoce che sta “seguendo la situazione”. Ma è il governo italiano quello che vive la più profonda divisione interna. Mentre i Cinque stelle gridano al golpe, Matteo Salvini si augura “l’allontanamento del dittatore Maduro che sta affamando, incarcerando e torturando il suo popolo”. 

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