Il capo di gabinetto del governo di Shinzo Abe, Yoshihide Suga, annuncia il nome della nuova èra giapponese che si chiamerà Reiwa (foto LaPresse)

Fioriscono i ciliegi, il Giappone apre una stagione che sa di speranza e armonia

Giulia Pompili

Un nuovo imperatore, una nuova èra oltre la politica

Seul. Il primo aspetto piuttosto inusuale di questa nuova èra giapponese è che il suo nome è stato annunciato il primo giorno di aprile, e cioè un mese in anticipo rispetto alla formale abdicazione dell’imperatore Akihito, che avverrà il 30 prossimo, e la conseguente ascesa al trono di suo figlio Naruhito il primo maggio. Fino all’ultimo cambio di èra, che è avvenuto trent’anni fa con il passaggio dall’imperatore Hirohito ad Akihito, il nome del nuovo periodo era annunciato il giorno stesso. Uno strappo alla regola anomalo, per il Giappone che sta tentando di mantenersi fedele a tutti i pomposi riti che lo porteranno al cambio dell’imperatore, ma anche legato alla modernità: l’anticipazione pare sia stata fatta per permettere a tutte le istituzioni giapponesi di adeguare documenti e pratiche con la dicitura giusta: Anno Primo dell’Era Reiwa.

 

Come tutte le parole della lingua giapponese non c’è un significato esatto, ma un concetto da assimilare: rei significa ordine, ma anche speranza, auspicio; wa significa armonia. Ieri mattina alle undici e trenta, ora locale, il capo di gabinetto del governo di Shinzo Abe, Yoshihide Suga, è arrivato davanti alle telecamere, è entrato nelle televisioni di tutto il paese e ha pronunciato la formula di rito: il gengo, il nome della nuova era, è Reiwa. Satoshi Sugiyama, reporter del Japan Times, ha pubblicato il video dell’annuncio dal maxischermo di Shinjuku, un quartiere centrale di Tokyo. Si vede Suga pronunciare la parola “reiwa”, e poi un lungo silenzio, anche dopo che ha esposto il cartello con i due kanji, cioè i due ideogrammi che rappresentano la parola.

 

 

Poi, dopo, un timido applauso. Anche per un giapponese madrelingua riconoscere il segno grafico significa comprendere l’essenza della parola, e per cercare il significato giusto tra i centinaia – migliaia di kanji che si imparano durante una vita occorre calma, pazienza, e qualche secondo di riflessione. L’arrivo di una nuova èra significa rinnovamento, e non è un caso se il nome sia stato annunciato nel giorno della fioritura dei ciliegi, cioè l’inizio della primavera. Il paese considerato più tecnologico al mondo, alle undici e quarantacinque minuti ha fatto partire un fax dagli uffici del ministero degli Affari esteri per avvertire del nuovo nome tutte le sedi diplomatiche giapponesi nel mondo.

 

Scegliere quella parola, Reiwa, non è stato facile: la procedura richiede massima riservatezza, a individuarla è un team di accademici scelti dal governo in carica, che qualche settimana fa hanno proposto alcuni nomi. Dopo varie consultazioni, il governo è tornato dagli stessi studiosi con tre proposte, dalle quali si è scelto poi un nome, e queste fasi finali si svolgono tutte nel giorno stesso dell’annuncio per evitare i leak (e i giornali giapponesi hanno raccontato la vita monastica dei designati, rigorosamente anonimi, privati di smartphone e di qualsiasi cosa potesse far trapelare un nome). La speranza, ha detto Shinzo Abe durante la conferenza stampa di ieri, è ancora centrale come obiettivo del paese, piegato da vent’anni di stagnazione economica. In realtà lui c’entra poco in questa decisione: il nome del gengo, la nuova epoca giapponese che corrisponde a ogni imperatore in carica, rappresenta l’ideale del percorso da intraprendere in quanto popolazione. Una specie di auspicio sovrapolitico, che corrisponde al rinnovato amore dei giapponesi per l’istituzione del Trono del Crisantemo, lontano da scandali e dal populismo della politica. Negli ultimi anni l’imperatore Akihito ha riportato il ruolo del Trono centrale nella vita pubblica, pur essendo solo di rappresentanza. E’ anche per questo che il passaggio dall’èra Heisei – quella della “pace ovunque” – alla Reiwa, con un imperatore giovane e in forze, potrebbe davvero portare speranza. La questione molto dibattuta ieri tra accademici è che la parola viene da un antico libro di poesie giapponesi, e non da un testo cinese come era di regola per le epoche precedenti. Un cambio forse sovranista, ma soprattutto un tratto distintivo di quel che sarà l’impero di Naruhito.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.