Tokyo, l'imperatore Akihito si rivolge alla nazione (foto LaPresse)

Il Crisantemo in crisi

Giulia Pompili
L’imperatore del Giappone vuole abdicare ma per farlo deve scardinare una Costituzione logora.

Roma. Quando l’imperatore del Giappone appare sugli schermi per le strade e nelle piazze, dove abitualmente si trasmettono pubblicità e video commerciali, vuol dire che il messaggio è importante e tutta la popolazione deve essere coinvolta. Lunedì intorno alle tre ora locale il volto di Akihito è apparso sugli schermi, per la seconda volta nei suoi 28 anni sul trono del Crisantemo. L’ultimo videomessaggio – a parte l’abituale discorso di Capodanno – era arrivato dopo il tragico terremoto dell’11 marzo del 2011. Akihito, 82 anni, lunedì ha parlato per dieci minuti del suo ruolo nella società giapponese e del suo futuro: “Viviamo in una società che invecchia rapidamente”, ha detto Akihito, “e vorrei parlare con voi oggi di ciò che vorremmo da un imperatore nel momento in cui perfino lui diventa anziano”. “E’ stato alcuni anni fa, dopo i miei due interventi chirurgici, che ho cominciato a sentire un calo nella mia forma fisica a causa della vecchiaia, e ho iniziato a pensare a come avrei dovuto comportarmi qualora diventasse difficile portare a termine i miei compiti difficili, a ciò che sarebbe stato giusto per il paese, per il popolo, e anche per chi verrà dopo di me”.

 

Senza mai pronunciare la parola “abdicazione”, Akihito ha detto ai suoi cittadini che vorrebbe fare un passo indietro. Il problema è che non può farlo, per legge. Il suo discorso, registrato domenica sera, non è arrivato inaspettato. Da giorni si parlava di un annuncio ufficiale e da almeno cinque anni si mormora di una possibile riforma che potrebbe lasciare “libero” Akihito. Le attività dell’imperatore sono state già ridotte e molte delle visite di rappresentanza lasciate ai due figli. Ma Akihito lunedì ha detto di non volere reggenti: “L’imperatore è tale fino alla sua morte, anche se non è possibile per lui fare l’imperatore”. La legge che regola la famiglia imperiale giapponese è stata promulgata nel 1946 e prevede che l’imperatore resti in carica a vita. E’ la stessa legge che riformò il Kunaicho, l’Agenzia della Casa imperiale, un burocratico e costosissimo organo indipendente che dispone (nel vero senso della parola) della vita dei membri della famiglia imperiale.

 



 

Akihito divenne imperatore nel 1989 dopo la morte del padre, Hirohito, che traghettò il Giappone imperiale sconfitto dagli americani verso una nuova forma di monarchia costituzionale. La figura di Hirohito è ancora oggi oggetto di discussione: il generale Douglas MacArthur lasciò al Giappone la possibilità di avere un imperatore e nessuno della famiglia del trono del Crisantemo fu incriminato dopo la guerra (tecnicamente, il capo delle Forze armate era Hirohito). La Costituzione voluta da MacArthur, però, prevedeva che il Giappone rinunciasse ad avere un esercito – il famigerato articolo 9 che il primo ministro Shinzo Abe vuole riformare – e che Hirohito rinunciasse alla natura divina dell’imperatore. L’ultima grande riforma del Trono del Crisantemo risale dunque a settant’anni fa. E nel discorso di lunedì, Akihito ha fatto notare tra le righe proprio la necessità di riformare un’istituzione rendendola più moderna e al passo coi tempi. Una eventuale abdicazione di Akihito, poi, aprirebbe un altro problema: l’erede al trono è il principe Naruhito, che non ha figli maschi ma soltanto una femmina, la principessa Aiko. Da anni si parla di una riforma per rendere possibile la successione anche alle donne, osteggiata dai conservatori.

 

Secondo un sondaggio di Kyodo, l’80 per cento dei giapponesi è d’accordo con l’abdicazione di Akihito. Ma negli ultimi anni il nazionalismo montante  della politica di Shinzo Abe ha portato a una rivalutazione della Tradizione del Giappone imperiale, con tutte le sue regole formali. Abe lunedì ha detto di prendere “molto seriamente” le parole dell’imperatore, ma non è ancora chiaro se davvero si aprirà una discussione per una eventuale riforma da far passare in Parlamento. Nella Tradizione tanto cara ad Abe c’è la natura divina dell’imperatore. Dare le dimissioni è un atto umano, troppo umano.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.