I militari del Venezuela bloccano il confine con la Colombia, nella città di Urena (Foto LaPresse)

L'America ha perso la pazienza in Venezuela, con quei camion in fiamme “ripugnanti”

Maurizio Stefanini

Nel paese sono entrate circa 50 tonnellate di aiuti, il resto è stato bruciato. Gli scontri alla frontiera e il balletto del dittatore con la moglie

Roma. “Maduro è un tiranno malato e ha i giorni contati. Tutte le opzioni sono sul tavolo”, ha detto il segretario di stato americano, Mike Pompeo. “Maduro se ne deve andare: con le buone o con le cattive”, ha detto, più esplicito, il presidente dell’ Assemblea nazionale venezuelana Juan Guaidó. Il rappresentante del Venezuela presso il Gruppo di Lima, Julio Borges, è stato ancora più diretto: bisogna “discutere l’uso della forza”, ha detto prima dell’inizio del vertice del Gruppo di Lima, oggi al ministero degli Esteri di Bogotá.

 

  

Guaidó è in Colombia da venerdì, quando assieme ai suoi accompagnatori ha attraversato di corsa il ponte sul confine senza che i militari di guardia glielo impedissero: ha così potuto partecipare a un primo vertice con il collega colombiano Iván Duque, col cileno Sebastián Piñera, col paraguayano Mario Abdo Benítez e anche con il segretario dell’Osa Luis Almagro, mentre si concludeva il concerto anti Maduro, il Venezuela Live Aid (400 mila spettatori, un gran successo).

 

Ma sabato, quando è iniziata l’operazione “Valanga Umanitaria”, gli aiuti sono stati bloccati con la forza. Secondo i primi bilanci, ci sono stati 5 morti, 285 feriti e 51 arrestati in molti scontri: manifestanti venezuelani contro operatori umanitari che cercavano di portare gli aiuti contro militari, Guardie nazionali e poliziotti venezuelani rinforzati da gruppi di civili – il cui utilizzo è stato condannato dalla commissaria dell’Onu per i Diritti umani, Michelle Bachelet. Poi è arrivata la denuncia di Emilio González, sindaco di una località al confine col Brasile di nome Gran Sabana. Dopo aver passato clandestinamente la frontiera ha detto che solo nel suo comune in due giorni di repressione, da sabato scorso, le forze di sicurezza e gli irregolari chavisti avrebbero ucciso 25 persone e ne avrebbero ferite 84.

 

Per non partecipare alla repressione almeno 158 militari venezuelani hanno disertato oltrepassando la frontiera: 146 sono andati in Colombia a Cúcuta, 10 in Colombia a Arauca, 2 in Brasile. “L’ordine è di massacrare il popolo”, ha gridato un sergente mentre passava dall’altra parte. Lo stesso sergente ha confermato la voce secondo cui il governo avrebbe tolto delinquenti dalla carceri per armarli e rimpinguare i gruppi paramilitari. Un tocco addirittura borgiano viene dato dalla storia di Freddy Superlano, presidente della commissione di Controllo dell’Assemblea nazionale che è stato avvelenato a Cúcuta. Secondo il governo di Caracas, lui e il cugino, morto pure lui, sarebbero stati “intossicati” da prostitute con cui stavano “facendo un’orgia”, per derubarli.

 

  

Due camion brasiliani carichi di aiuti sono riusciti comunque ad arrivare senza incidenti, ma altri due camion che cercavano di attraversare la frontiera tra Colombia e Venezuela sono stati incendiati, mentre uno è riuscito a passare. In tutto sarebbero state distribuite circa cinquanta tonnellate di aiuti (il video della gente che sfidava le fiamme per salvare alimentari e medicinali ha fatto il giro del mondo). Anche una nave di aiuti proveniente da Porto Rico è stata attaccata da navi da guerra venezuelane e costretta a tornare indietro. “Guaidó aveva la faccia triste”, ha ironizzato il numero due del regime Diosdado Cabello, mentre Maduro si esibiva sugli schermi ballando la salsa con la moglie. Guaidó ha risposto chiedendo come si fa a ridere e a ballare mentre si dà fuoco a cibo e medicine in un paese di affamati e sofferenti. Il governo di Maduro ha pure annunciato la rottura delle relazioni diplomatiche con la Colombia. “Non potete”, è stata la risposta dell’Amministrazione Duque. “Per noi il legittimo presidente è Guaidó”. Comunque sono state schierate truppe colombiane al confine (si dice anche che Maduro sia in realtà nell’isola La Orchila, sorvegliato dai cubani).

 

 

Guaidó è andato al Gruppo di Lima per chiedere che l’aiuto umanitario sia protetto con la forza, in base alle Convenzioni di Ginevra. “Si contempleranno nuove azioni – ha promesso Pompeo – Questo aiuto è entrato su richiesta del legittimo presidente del Venezuela”. “Per favore, portino da mangiare alla mia gente, Per favore, portino medicine agli infermi”, è l’appello di Guaidó, mentre Pompeo insiste: “Le immagini di camion pieni di aiuti in fiamme sono ripugnanti”, e mentre il presidente ad interim Guaidó “costruisce reti di distribuzione per l’assistenza umanitaria, Maduro ne ostacola l’entrata e invia bande criminali armate per attaccare i civili innocenti che accompagnano i convogli”.

 

Dunque per Pompeo è arrivato “il momento di attivarsi in appoggio alla democrazia e rispondere alle necessità del popolo disperato del Venezuela. Gli Stati Uniti prenderanno misure contro coloro che si oppongono alla restaurazione pacifica della democrazia in Venezuela”. Il governo spagnolo ha subito detto che non appoggerebbe un intervento militare in Venezuela, ma Angela Merkel ritiene che la pressione su Maduro vada aumentata.

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