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Il rilancio di Macron

Mauro Zanon

Il presidente francese sfida i gilet gialli e rassicura con le riforme, e riparte dal “sogno europeo”

Parigi. Smettiamola di minimizzarci, di piangerci addosso, di gettare discredito su noi stessi, finiamola di alimentare l’idea secondo cui la Francia “sarebbe un paese dove le solidarietà non esistono e dove si dovrebbe spendere sempre di più”, perché “viviamo in una delle più grandi economie del mondo, le nostre infrastrutture sono fra le migliori al mondo, non si paga nulla o quasi per mandare i nostri figli a scuola, e abbiamo accesso a delle cure sanitarie d’eccellenza ad un costo che è tra i più bassi dei paesi sviluppati”, ha detto Emmanuel Macron.

 

Per i suoi auguri televisivi ai francesi, come da tradizione nella Quinta Repubblica, il capo dello stato, Emmanuel Macron, ha pronunciato un discorso all’insegna dell’ottimismo, perché è tempo di essere “coscienti” dei vantaggi di vivere in un paese come la Francia e il 2019 deve essere “l’anno della verità, non si può andare avanti con le menzogne”.

 

Tre le parole chiave del suo discorso di fine anno, “verità”, “dignità” e “speranza”, e un bersaglio: coloro che hanno preteso di parlare in nome del popolo, rivelandosi soltanto dei “portavoce di una folla piena d’odio”. “Se la sono presa con i rappresentanti politici, le forze dell’ordine, i giornalisti, gli ebrei, gli stranieri, gli omosessuali” e “tutto ciò è la negazione della Francia”, ha aggiunto l’inquilino dell’Eliseo. In piedi durante l’integralità del suo intervento, Macron è apparso determinato a voltare la pagina della crisi politica scatenata dai gilet gialli e dall’affaire Benalla, mettendo in risalto i risultati – anche sportivi – raggiunti dalla Francia nell’anno appena trascorso e l’approvazione di riforme che “si pensava fosse impossibile approvare” prima della sua elezione. Riformista nel 2018 e riformista nel 2019, insomma, ma senza dimenticare quella “collera” che si è espressa nelle strade in questi due mesi tormentati, e “che veniva da lontano, contro le ingiustizie, contro il corso di una globalizzazione talvolta incomprensibile, contro un sistema amministrativo divenuto troppo complesso”. Sottolineando che “ogni cittadino è necessario per il progetto della nazione”, Macron ha affermato che “il desiderio di verità è anche quello che deve guidarci per rimanere una democrazia robusta, per proteggerci meglio dalle informazioni false, dalle manipolazioni e dalle intossicazioni”.

 

E ancora: “Possiamo discutere di tutto, ma discutere del falso può portarci fuori strada, specialmente quando è guidato da interessi particolari. Nell’èra dei social network, del culto dell’immediatezza e dell’immagine, del commento permanente, è essenziale ricostruire una fiducia democratica nella verità dell’informazione basata su regole di trasparenza ed etica”. Lo stacco è stato netto rispetto al discorso del 10 dicembre, quando per la prima volta dall’inizio del quinquennio il presidente decise di fare un passo indietro per riportare la calma in un paese in balìa dei gilet gialli: il tempo del mea culpa appartiene al passato, ora bisogna andare avanti con le riforme, il macronismo resta un ottimismo, nonostante un 2018 burrascoso. “Dobbiamo avere speranza in noi stessi come popolo, nel nostro avvenire comune, nel nostro sogno europeo”, ha dichiarato Macron, lanciando anche una frecciata ad “alcuni alleati” che hanno stravolto l’ordine internazionale. “Supereremo assieme gli egoismi nazionali, gli interessi particolari e gli oscurantismi”, ha promesso il presidente francese, che in questa Europa crede ancora “profondamente” per “proteggere al meglio i popoli e ridarci la speranza”.

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