Fare giornalismo con più studio e meno leak

Micol Flammini

Il caso Bellingcat, l’anti Wikileaks. La lezione del documentario sul sito investigativo

Roma. Quando il volo della Malaysia Airlines MH17 venne abbattuto mentre sorvolava l’Ucraina, la Russia si affrettò a dire che non aveva nessuna responsabilità con quanto accaduto. Eppure tutti si ostinavano ad affermare che il missile era stato senz’altro lanciato, se non dai russi, da un gruppo di separatisti filorussi. Erano accuse, senza prove, dettate forse dalla logica ma non dai fatti. Fu Bellingcat invece a lavorare sulle prove, e non fu facile – il volo era stato abbattuto nel 2014 e il sito investigativo ha presentato le prove definitive a maggio di quest’anno –, ma alla fine riuscì a dire che il missile era stato lanciato da un sistema Buk che apparteneva alla cinquantatreesima brigata con base a Kursk, nella Russia occidentale. Quando Russia Today (RT), l’emittente televisiva vicina al Cremlino, intervistò Boshirov e Petrov, i due uomini sospettati di aver portato a Salisbury la sostanza nervina per uccidere l’ex spia Sergei Skripal, per fargli recitare il ruolo dei turisti, fu Bellingcat, assieme a Insider, a rivelare che in realtà i due uomini erano agenti del Gru, l’intelligence militare. Su Bellingcat si è detto di tutto e adesso un documentario, uscito il 15 novembre con la regia di Hans Pool e dal titolo “Bellingcat - Truth in a Post-Truth world”, spiega come il sito sia riuscito in questi ultimi anni a confermare, sfatare, indagare e anche a trasformare il giornalismo investigativo. Descrive la nascita – Bellingcat è una scommessa del suo fondatore Eliot Higgins – e anche come la squadra lavora affidandosi alla ricerca open source, ai contenuti che si trovano nella rete, foto satellitari, database pubblici, archivi nascosti ma non privati. E’ stato Bellingcat lo scorso fine settimana a scoprire che l’Fsb, i servizi segreti russi, hanno cercato di entrare nel software della società britannica che elabora le domande di visto; l’inchiesta è in una fase ancora embrionale e non collega direttamente il tentativo di hackeraggio al caso Skripal, ma suggerisce che l’Fsb abbia tentato di aiutare i due incauti agenti del Gru, arrivati fino a Salisbury con una fiala di Novichok, per uccidere l’ex spia. La portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova, ha detto che si tratta di “fantasie”, ma finora Bellingcat e Insider hanno dato impulso a una delle più grandi inchieste internazionali che ha portato alla scoperta di trecentocinque agenti del Gru che operavano in tutto il mondo.

     

Il documentario mostra anche come RT abbia tentato di screditare Bellingcat e soprattutto Higgins, raccontando che il sito è soltanto l’idea di un disoccupato per fare soldi – Higgins ha lasciato il college, ha lanciato il sito dalla sua casa di Leicester, usava inizialmente uno pseudonimo, Brown Moses –, lo hanno presentato come un hacker, la faccia pulita di Julian Assange, una spia pagata da qualche organizzazione segreta. Le differenze tra Bellingcat e Wikileaks le spiega il documentario, il primo utilizza dei sentieri diversi dal giornalismo tradizionale, ma non si tratta mai di leak, non ha mai rivelato dei dati segreti a favore di una nazione, o partito, o organizzazione. Se Bellingcat è una piccola rivoluzione nel mondo del giornalismo investigativo, il documentario di Pool cerca anche di essere una lezione. Il film descrive le tecniche utilizzate dalla squadra di Higgins e dai suoi partner russi di Insider, meno nominati dei colleghi britannici ma immersi in un contesto mediatico più ostile. Qualche settimana fa Roman Dobrokhotov, direttore di Insider, spiegava che l’effetto più grande che l’inchiesta su Skripal ha avuto in Russia è stato quello sui media: come non mai televisioni locali, giornali di provincia si sono mossi per cercare l’identità di Boshirov e Petrov. L’idea che sembra fare da sfondo al documentario è che si possa fare inchieste senza spiare, ma cercando. Senza aspettare la fuga di notizie, ma studiando, aspettando. Nella squadra si alternano profili professionali bizzarri, come Aric Toler, un americano esperto di spin russo, l’ispettore olandese Christiaan Triebert, Veli-Pekka Kivimäki, finlandese ed esperto di teorie e tecniche militari, Hadi al Khatib attivista e fondatore del Syrian Archive. C’è anche un artista, il tedesco Timmi Allen, esperto di arti visive.

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