Emmanuel Macron durante un viaggio in Nuova Caledonia (foto LaPresse)

Pure Macron ha un referendum secessionista

Redazione

In Nuova Caledonia, ultima colonia francese: è in vantaggio chi vuole rimanere

Domenica 4 novembre, in Francia si parlerà molto della Nuova Caledonia, l’ultima colonia francese, chiamata a esprimersi sulla propria indipendenza da Parigi. Sono 174.154 gli elettori che risponderanno sì o no al divorzio con la Francia, che ha preso possesso dell’arcipelago nel sud del Pacifico nel lontano 1853, ai tempi di Napoleone III. “La Francia non sarebbe la stessa senza la Nuova Caledonia”, ha detto Emmanuel Macron a maggio, in occasione della sua visita nell’atollo che rappresenta il 3 per cento del territorio della République.

 

L’inquilino dell’Eliseo si è rifiutato di prendere posizione in maniera netta: “Non per sottrarmi a una responsabilità, ma perché appunto non è mia responsabilità”, ha spiegato. Un modo per non aizzare gli indipendentisti del Flnks, che invitano “il popolo Kanak”, gli abitanti locali, a “portare a termine una battaglia che dura da 164 anni”. “Lo stato resterà neutro”, gli ha fatto eco il premier Edouard Philippe, affermando che il principale obiettivo è che “lo scrutinio si svolga nelle migliori condizioni possibili”. Il referendum del 4 novembre è il punto di arrivo di un processo di distensione dei rapporti tra la popolazione autoctona e il governo francese, per mettere fine a anni di violenze. Iniziata nel 1988 con gli accordi di Matignon firmati dagli indipendentisti Kanak e i lealisti, la rappacificazione è proseguita nel 1998 con l’accordo di Nouméa, con cui Parigi concesse al territorio d’oltremare di avviare una graduale decolonizzazione. Il sentimento nazionalista è ancora molto forte in Nuova Caledonia, ma la maggior parte degli abitanti locali, nonostante la ricchezza derivata dalla forte presenza di minerali e in particolare di nichel nel sottosuolo, non è pienamente convinta dalla bontà del progetto indipendentista. Anche perché le dotazioni che arrivano da Parigi ammontano a più di 1 miliardo e 300 mila euro all’anno, e non bastano certo il nichel e il turismo per compensare questo eventuale vuoto. Un sondaggio realizzato a metà settembre dà il campo del “no” all’indipendenza al 66 per cento. In caso di vittoria del “no”, i separatisti, come previsto dall’accordo di Nouméa, potranno tuttavia contare su un secondo, e eventualmente un terzo referendum entro i prossimi quattro anni. Anche per questo Macron preferisce giocare la carta della neutralità.

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