Un dettaglio di una mappa dell'istmo di Darien, terra di espansione scozzese (Fonte: University of Glasgow)

Così l'indipendenza scozzese passa anche per i Caraibi

Maurizio Stefanini

L'isola di Caledonia, un nome evocante brume nordiche del tutto incongrue tra le palme e le acque cristalline della America centrale. Il referendum epocale che si tiene in Scozia potrebbe ora porre fine a una vicenda plurisecolare iniziata, in parte, da quella terra ricca di banane e di palme.

Su Internet una mappa lo indica ancora ma in realtà, dal 17 agosto 201, Puerto Escocés non esiste più. Quel giorno, infatti, entrò in vigore la legge votata dall’Assemblea nazionale di Panama che gli diede il nuovo nome di Puerto Inabaginya, in onore del capo dell’etnia indigena kuna. Proprio lì, giusto un secolo fa, un gruppo di uomini bianchi aveva cercato invano di costruire una colonia. Ne ripulì le rovine, bonificò le aree malariche e creò la comunità che ancora oggi vive lì, coltivando banane, avocado e altri prodotti vegetali. Nei suoi pressi c’è anche un’isola che si chiama Caledonia, un nome evocante brume nordiche del tutto incongrue tra le palme e le acque cristalline. Il referendum epocale che si tiene in Scozia potrebbe ora porre fine a una vicenda plurisecolare iniziata, in parte, da quella terra ricca di banane e di palme.

 

Si potrebbe dire che non fu l’Inghilterra a conquistare la Scozia ma piuttosto il contrario, nel momento in cui, alla morte senza eredi diretti di Elisabetta I, il re degli Scozzesi Giacomo VI Stuart divenne anche sovrano di Inghilterra e Irlanda col nome di Giacomo I. Costui si trasferì a Londra nel 1657 e Cromwell dichiarò addirittura l’annessione. Nel 1660, con la Restaurazione di Carlo II, l’indipendenza scozzese fu ristabilita, ma nel 1688 la “gloriosa rivoluzione” pose fine alla dinastia scozzese degli Stuart, sostituita dall’olandese Guglielmo di Orange.

 

Fu durante il suo regno che il Parlamento di Edimburgo decise di creare la colonia della Nuova Caledonia, lungo la costa del Darién, nel sud est dell’attuale Panama. Malsana e popolata da indios bellicosi, la zona era stata lasciata dalla Spagna come res nullius. Nei Carabi, inglesi, francesi, olandesi, perfino danesi, svedesi e curlandesi si erano impossessati di diverse isolette che gli spagnoli avevano abbandonato dopo i primi sbarchi compiuti ai tempi di Cristoforo Colombo. Vista dall’Europa, la zona sembrava in effetti in una posizione strategica ideale. Da una parte Panama, il porto dove gli spagnoli facevano affluire le ricchezze del Perù e gli utili dei commerci con la Cina attraverso le Filippine. Dall’altra Cartagena, la fortezza da cui partivano i convogli scortati per l’Europa. Mettendosi in mezzo, l’idea degli scozzesi era di estorcere un po’ di lucrosi pedaggi. Ma la "Company of Scotland Trading to Africa and the Indies", creata nel 1695 assieme alla Bank of Scotland, sperava anche di stabilire una testa di ponte per commerciare a sua volta con l’Asia, dall’altra parte dell’istmo.

 

[**Video_box_2**]Ma l’Inghilterra in quel momento era in guerra con la Francia del Re Sole e le aspirazioni scozzesi minacciavano di aprire un altro fronte indesiderato con la Spagna. Così il governo di Londra obbligò gli investitori inglesi che avevano sottoscritto il progetto a ritirarsi. La Company of Scotland compensò le perdite con una grande colletta nazionale equivalente al 50 per cento del pil. Non solo. Il primo contingente di 1200 coloni, sbarcato il 2 novembre 1698, fu presto sterminato dalle malattie e le colonie inglesi vicine ricevettero l’ordine di non prestare “neanche un barile di acqua potabile”. Finì che nel luglio del 1699, 300 superstiti si imbarcarono per fare ritorno a casa, sostituiti da altri 1000 coloni. Stavolta però la Spagna mandò un contingente che assediò gli scozzesi, fin quando nel febbraio del 1700 questi decisero di sgomberare definitivamente.    

 

Con il Paese ormai alla bancarotta, l’unica soluzione  per la Scozia divenne l’Atto di Unione che nel 1707 costituì il Regno Unito e in cui i parlamentari scozzesi non solo ottennero alcuni posti a Westminster, ma anche 398.085 sterline per ripianare il debito. Una somma che fu ribattezzata “the equivalent”, e su cui peraltro vari leader scozzesi incassarono congrue percentuali. Vissuto tra 1769 e 1796, poeta e etnomusicologo ante litteram, Robert Burns è per i nazionalisti scozzesi un simbolo tale che la festa nazionale di fatto è stata rinominata "Burns Supper", un evento letterario-musicale celebrato ogni 25 gennaio nell’anniversario della sua nascita. Una delle più famose composizioni di Burns è appunto Parcel of rogues, una  sarcastica invettiva contro i parlamentari scozzesi che nel 1707 avevano votato l’Atto di Unione con l’Inghilterra.  “We're bought and sold for English gold/ Such a parcel of rogues in a nation!”, recita l’ultimo verso (“Ci hanno comprato e venduto per oro inglese/ quella manica di furfanti in una nazione!”).