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Una doccia scozzese per l'Europa

Redazione

Se vincono i Sì al referendum per l’indipendenza dal Regno Unito. Quale moneta? E l’esercito? E la Regina? Intanto Catalogna & Co. tifano.

«Siete d’accordo che la Scozia diventi una nazione indipendente?». Questo il quesito a cui dovranno rispondere i 4,2 milioni di
scozzesi che giovedì voteranno per decidere l’indipendenza politica dal Regno Unito dopo 307 anni di Unione.

 

Appena un mese fa gli indipendentisti, indietro di oltre venti punti rispetto agli unionisti, erano dati per spacciati. Gli ultimi
sondaggi indicano ancora un vantaggio per i No alla secessione, ma molto risicato (1-2 punti). Lo suggerisce sia Icm sia YouGov, l’istituto che nei giorni scorsi ha scatenato il panico in tutta Europa, pubblicando la prima ricerca che dava in testa i Sì.

Leonardo Maisano, Il Sole 24 Ore 13/9

 

A sorpresa, il fronte indipendentista guidato dal primo ministro scozzese Alex Salmond sta raccogliendo i frutti di una campagna instancabile, fatta di visite porta a porta, di volantinaggio massiccio, di presenza capillare nelle strade. Le donne
scozzesi, soprattutto, si stanno lasciando convincere che l’indipendenza non sia un passo così folle e potrebbero essere loro
l’ago della bilancia.

Cristina Marconi, Il Messaggero 8/9

 

«Bisogna prima passare sul cuore degli scozzesi che è forte, coraggioso, sfrontato, pazzo e soprattutto si sente vittima di un’ingiustizia. Un’ingiustizia storica, che risale a secoli fa, ma che è stata tramandata di generazione in generazione, come ha raccontato lo scozzese AA Gill sul Sunday Times, in un articolo meraviglioso che da solo spiega quasi tutto quel che c’è da capire: “Gli inglesi alzano gli occhi al cielo quando si parla del passato e dicono agli scozzesi: Su forza, fatevene una ragione, passate oltre. Basta con questo vittimismo” che è quel che i mariti che picchiano le mogli dicono alle loro vittime».

Paola Peduzzi, Il Foglio 13/9

 

Antonio Armellini: «In realtà il tema del recupero di un’identità usurpata dallo strapotere inglese ha avuto un peso secondario
in questa campagna referendaria: Braveheart è stato evocato meno di quanto accada fra i leghisti di casa nostra. Si è parlato
di cose molto concrete, dal destino del Servizio sanitario nazionale a quello della sterlina, dal petrolio agli armamenti».

Antonio Armellini, Corriere della Sera 8/9

 

La Scozia rappresenta l’8% della popolazione della Gran Bretagna ma occupa il 32% del territorio dell’isola. Con un’economia di 150 miliardi di sterline, contribuisce per il 10% all’intera economia e, senza considerare l’industria petrolifera, l’8,2% di tasse.

Alessandra Rizzo, La Stampa 6/9

 

Nel 1707, il Regno di Scozia entrò a far parte del Regno di Gran Bretagna insieme all’Inghilterra, e i due parlamenti vennero
fusi insieme. Le richieste di un’indipendenza politica della Scozia dal Regno Unito arrivano da lontano: lo Scottish National
Party (Snp), il maggior partito che vuole staccarsi da Londra, fondato nel 1934, riuscì a organizzare un referendum per la formazione di un parlamento scozzese nel 1979, ma non raggiunse il quorum. Fu un secondo referendum tenuto nel 1997 a portare alla formazione di un parlamento locale scozzese, la cui prima seduta si tenne il 12 maggio del 1999.

Francesco Cancellato, Linkiesta 7/9

 

«Chi se l’immagina la Regina (fonti di palazzo la definiscono “orripilata” da una possibile scissione) che cammina per i boschi
di Balmoral come una straniera? Dovrà mostrare il passaporto il principe Carlo o basterà il kilt quando dovrà superare il
confine del fiume Tweed?».

Michele Farina, Corriere della Sera 8/9

 

Ma cosa succede in pratica se giovedì vincono i sì? La proclamazione ufficiale d’indipendenza è prevista per il 24 marzo 2016.
Dopo due mesi, le prime elezioni. Elisabetta rimarrebbe Regina, almeno fino a un successivo referendum costituzionale su
monarchia o repubblica. Elisabetta II sarà la terza Regina di Scozia della storia. Prima di lei Maria Stuarda, decapitata per ordine di Elisabetta I.

Il Post 13/9

 

[**Video_box_2**]Non è chiaro quale sarebbe la moneta della Scozia indipendente. Farina: «Ci terremo la sterlina, dicono gli indipendentisti. Impossibile, ribattono gli unionisti. Anche la Banca d’Inghilterra si è schierata: “Unione monetaria incompatibile con la sovranità”. Usare la sterlina senza una propria unione monetaria vorrebbe dire non avere un prestatore di ultima istanza a cui votarsi in caso di gravi crisi. Altre due opzioni: battere nuova moneta, adottare l’euro. In entrambi i casi, tempi lunghi e costosi».

Michele Farina, Corriere della Sera 8/9

 

La Scozia diventerebbe il 29° Paese dell’Unione Europea, «ma ci vorrà molto più tempo dei 18 mesi previsti dagli indipendentisti. Secondo Bruxelles almeno cinque anni: la nuova Scozia dovrà richiedere l’ammissione, per cui serve l’ok di tutti i Paesi membri. Alcuni, alle prese con la febbre separatista come Spagna e Belgio, potrebbero puntare i piedi».

Michele Farina, Corriere della Sera 8/9

 


Gli scozzesi potranno tenere il vecchio passaporto (fino a scadenza) o passare subito a quello scozzese. Per i nuovi confini, gli indipendentisti pensano a frontiere invisibili come quelle tra Repubblica d’Irlanda e Regno Unito. Ma se, come pare, Edimburgo adotterà politiche più aperte sull’immigrazione, Londra potrebbe imporre controlli alla frontiera. Per evitare che i migranti che vogliono entrare in Inghilterra usino la Scozia come ponte.

Michele Farina, Corriere della Sera 8/9

 


La Scozia avrà un suo esercito? Secondo i dati diffusi dal Ministero della Difesa citati, 14.510 persone lavorano in Scozia per l’esercito: 3.910 sono civili e 10.600 sono militari. Di questi 4.210 sono in marina, 3.690 nell’esercito e 2.700 nell’aereonautica. Questi numeri rappresentano il 7,5% del personale militare di tutto il Regno Unito.

Il Post 13/9

 


Attualmente quattro sottomarini nucleari che fanno parte del programma Trident si trovano nella base navale di Clyde, vicino a Glasgow. Secondo un recente sondaggio, il 46% degli scozzesi si oppone al possesso di armi nucleari, contro il 37% che invece lo sostiene. Anche a seguito di questi dati, nel caso la Scozia diventasse indipendente è stato dichiarato dal governo che il paese abbandonerà il programma entro il 2020. La Scozia potrebbe anche richiedere di entrare a far parte della Nato ma dovrebbe impegnarsi a rispettare alcuni criteri di adesione, tra cui spendere il 2 per cento del Pil per la Difesa.

Il Post 13/9

 

Uno dei nodi centrali sono i ricchi giacimenti di gas e petrolio presenti in Scozia. I confini di pertinenza saranno tracciati con i principi usati per la pesca: la Scozia dovrebbe avere il 91% dei proventi. Barbara Corrao: «È il famoso Brent, il greggio di riferimento su cui viene prezzato il 60% del petrolio mondiale, attualmente intorno ai 100 dollari al barile. Questa la fotografia a oggi: la produzione di greggio è scesa dai 3 milioni negli anni ’90 a 840.000 barili/giorno. Guardando al gas, invece, la produzione si è dimezzata rispetto al 2003, a quota 57 miliardi di metri cubi. Cifre destinate a ridursi per il lento declino dei giacimenti».

Barbara Corrao, Il Messaggero 10/9

 

I mille e trecento miliardi di sterline (il 75% del Prodotto interno lordo) del debito pubblico del Regno Unito si dovrebbero dividere in base alla popolazione: la Scozia, che ha l’8% degli abitanti (il 9% del Pil), si accollerebbe 108 miliardi di sterline (135 miliardi di euro).

Michele Farina, Corriere della Sera 8/9

 


Secondo l’Economist, il principale problema del potenziale Stato sarà quello demografico. In Scozia ci sono solamente 3,2 persone in età da lavoro per ogni pensionato e nel 2037, per l’Ufficio Statistico Nazionale saranno soltanto 2,6, laddove nel resto del Regno Unito, invece, le persone in età da lavoro tendono, e tenderanno, ad aumentare.

Francesco Cancellato, Linkiesta 7/9

 

Il prefisso telefonico +44 sarà sostituito dal +424, il nuovo dominio internet .scot.

Francesco Cancellato, Linkiesta 7/9

 


«Infine l’indipendenza avrebbe conseguenze per il nome del Paese, che non potrebbe più essere Gran Bretagna: forse diventerebbe Regno Unito di Inghilterra, Galles e Irlanda del Nord. Con la possibilità che anche quest’ultima, a quel punto, faccia un referendum secessionista per ricongiungersi con la repubblica d’Irlanda, e il regno si disunisca sempre di più».

Enrico Franceschini, la Repubblica 10/9

 


«Io un messaggio per chi va al voto ce l’ho: fareste bene ad aver paura, tanta paura. I rischi di una separazione sono enormi. Forse state pensando che la Scozia potrebbe diventare un secondo Canada, ma è molto più probabile che finiate per diventare una Spagna senza il sole».

Paul Krugman, la Repubblica 9/9

 

 

«D’altra parte l’Inghilterra, con il Galles e l’Irlanda del Nord, costituisce oltre il 90% del Regno Unito: diverrebbe lo Stato successore, come la Russia lo è diventato dell’Unione Sovietica dopo il 1991. Manterrebbe il seggio al Consiglio di sicurezza dell’Onu (l’ovvio lascito della passata importanza della Gran Bretagna come uno dei maggiori vincitori della Seconda guerra mondiale). Anche se altri Paesi potrebbero sostenere che un Regno Unito decurtato non ne abbia il diritto, soprattutto quando altri, ben più grandi Paesi – India, Brasile, Germania – non ne sono membri, e quando vi sono solide ragioni, ribadite dall’Italia negli anni, per trasformare i seggi di Francia e Gran Bretagna in un seggio della Ue».

John Lloyd, la Repubblica 10/9

 

Secondo il politologo Alessandro Campi, «per strano che possa apparire, un filo rosso sembra legare il referendum scozzese, la guerra civile in Siria, il caos libico, la crisi militare tra Ucraina e Russia e la nascita del cosiddetto “stato islamico”. Si tratta di espressioni diverse di un medesimo fenomeno storico: la tendenza degli Stati tradizionali a disgregarsi e dividersi».

Alessandro Campi, Il Messaggero 10/9

 

L’esito del referendum scozzese preoccupa tutta l’Europa. Sergio Romano: «L’Ue e la globalizzazione hanno considerevolmente ridotto i poteri dello Stato e in molti altri Paesi del Vecchio Continente (Spagna, Francia, Belgio, Italia, persino Germania), hanno risvegliato dal loro sonno le piccole patrie che erano state gradualmente assorbite dagli Stati centralizzatori. Ma là dove molti vedono un irrefrenabile amore di patria, io vedo soprattutto le ambizioni di nuovi ceti politici. Non basta. Quando un patto nazionale si scioglie, occorre dividere la roba – crediti e debiti, forze armate, servizi gestiti nell’interesse di tutti, demanio pubblico – e raddoppiare la burocrazia. Siamo davvero sicuri che ne valga la pena?».

Sergio Romano, Corriere della Sera 12/9

 

Più di un milione di catalani giovedì scorso hanno manifestato nelle strade di Barcellona per rivendicare il diritto di votare e scegliere se la Catalogna deve essere indipendente dalla Spagna. Nel giorno della Diada, la festa che ricorda il lontano passato di autonomia della regione più ricca del Paese, hanno formato un’enorme “V” tra la Gran Via e la Diagonal, vestiti di rosso e giallo, i colori della Seynera, la bandiera catalana. Il referendum è indetto per il 9 novembre, ma è stato definito anticostituzionale dal premier Mariano Rajoy.

Luca Veronese, Il Sole 24 Ore 12/9

 

La Catalogna è la più ricca delle regioni spagnole e con un Pil di quasi 200 milioni di euro contribuisce al 20% dell'intero prodotto nazionale lordo. Ma ha anche un buco in bilancio di circa 8,5 miliardi di euro.

Luca Veronese, Il Sole 24 Ore 12/9

 

Andrea Nicastro: «Il separatismo barcellonese preoccupa i guardiani dell’euro e le grandi imprese come il referendum indipendentista scozzese. Ma mentre la Scozia voterà sulla sua indipendenza e, in un modo o nell’altro, Londra ed Edimburgo regoleranno la questione seduti ad un tavolo, l’affaire catalano è destinato a trascinarsi per anni con un livello potenzialmente crescente di frizione. I bambini catalani e castigliani che si sono incrociati nelle colonie estive sul Mediterraneo litigavano non solo per il Barça di Messi e il Real Madrid di Ronaldo, ma ripetendo ciò che sentono in casa: “Catalano egoista”, “spagnolo fascista”. Il fossato tra la gente si allarga. Le armi si affilano. Prima o poi qualcuno sarà tentato di usarle».

Andrea Nicastro, Corriere della Sera 12/9

 

Analoghe tensioni potrebbero esserci presto in Italia, dato che il governo Renzi ha impugnato dinanzi alla Corte costituzionale due leggi della Regione Veneto in tema di statuto speciale e indipendenza.

Carlo Lottieri, il Giornale 9/9

 

«Ecco, alla Scozia è concessa la facoltà di votare allo scopo di garantirsi un futuro indipendente o no dall’Inghilterra, mentre in Italia, se il Veneto chiede di fare altrettanto, si mobilitano i carabinieri per arrestare i promotori del plebiscito o, peggio, interviene il potere politico centrale per censurare l’iniziativa indipendentista. Siamo al corrente dei ragionamenti su cui si basa la repressione nostrana di ogni movimento separatista: si dice che la nazione sia una e indivisibile. Ma questo è un dogma, un postulato inaccettabile, visto che i veneti sono stati per secoli sotto il dominio della Serenissima, che con il cosiddetto Belpaese non aveva nulla da spartire».

Vittorio Feltri, Il Giornale 10/9

 

Massimo Nava: «Se ci attendono effetto domino e una sorta di disgregazione del Vecchio Continente, stupiscono il distacco e il silenzio dell’Europa, quasi si trattasse di ingerenza negli affari interni della Gran Bretagna e non di questione di politica estera dell’Unione nel senso più alto. Giovedì la contagiosa allegria dei variopinti kilt potrebbe svelare il colore fosco della “balcanizzazione”. Comunque vada, nessun divorzio è indolore».

Massimo Nava, Corriere della Sera 13/9

 


(a cura di Luca D’Ammando)