(Foto Imagoeconomica)

In Siberia hanno trovato la soluzione al problema della democrazia: niente elezioni

Micol Flammini

Il voto nostalgico della Russia profonda, che rivuole i comunisti 

Roma. I russi hanno sempre pensato che la culla della loro civiltà fosse la sua parte più europea. D’altronde è lì che tutto è sempre successo, lì abitavano gli zar, i segretari di partito, i presidenti. Da lì è partita la Rivoluzione o la guerra civile. La storia è sempre stata lì nella parte occidentale. Il resto seguiva, raggiungeva a distanza di anni, spesso decenni, quello che a ovest era già successo. Eppure sta accadendo qualcosa di strano, nell’immobilità degli spazi siberiani, lontano da Mosca, da San Pietroburgo e dalle piazze che protestano, i cittadini esprimono il loro dissenso nel modo più canonico che esista: nelle urne. Qualche manifestazione molto sentita, pochi comizi. Così la silenziosa Siberia sta arrivando alle elezioni regionali per scegliere i nuovi governatori.

 

Il governo non deve essersi accorto che l’opposizione non stava arrivando tanto dai cortei organizzati da Alexei Navalny quanto da dei cittadini che, senza troppo clamore, hanno deciso di bocciare i candidati di Russia unita. Era successo a Primorskie Krai, una regione all’estremità orientale del paese, al ballottaggio erano arrivati il candidato comunista e quello appoggiato dal presidente Putin, il comunista era in netto vantaggio e all’ultimo, con un margine dell’1 per cento, il putiniano era stato dichiarato vincitore. Con dei brogli così poco accorti anche la Commissione elettorale ha dovuto annullare il risultato, non succedeva dal 1996. In un’altra regione della Siberia, nella Khakassia, sta succedendo qualcosa di ancora più teatrale. Valentin Konovalov è un trentenne aspirante governatore della regione della Siberia orientale. E lo sarebbe già se le elezioni non fossero costantemente rimandate.

 

Konovalov si è candidato con il Partito comunista, indica Lenin come un modello, un’ispirazione. In Russia i comunisti vengono definiti “l’opposizione tascabile”, sono visti come dei fantocci nominati solo per far credere che esiste dell’altro oltre a Russia unita, che alle elezioni c’è qualcun altro che si candida senza avere nessuna intenzione di vincere. Per il trentenne Konovalov non è così, era uno sconosciuto ma è stato in grado di trasformarsi nel volto del dissenso e ora vuole diventare governatore. Ha vinto il primo turno e gli resta di superare il 50 per cento dei consensi per diventare governatore. Ma gli altri candidati sono indecisi, presentano e ritirano le candidature. La Commissione elettorale rimanda di settimana in settimana il giorno del voto, Konovalov è stato anche accusato di aver presentato dei documenti non validi, anche questo è stato il pretesto per rimandare ulteriormente le elezioni.

 

Andrew Roth, giornalista del Guardian, incuriosito dalla situazione ha deciso di andare ad Abakan, capitale della regione. Ha intervistato diverse persone e tutti sembravano essere consci del fatto che i ritardi non fossero dovuti a dei problemi, a dei documenti mancanti e all’indecisione dei candidati, quando all’incapacità del partito di governo, Russia unita, di andare incontro alla prossima sconfitta. Il prossimo appuntamento elettorale è stato fissato per l’11 novembre, ma i ritardi hanno fatto arrabbiare ancora di più i siberiani. La Siberia sta reagendo in un modo inaspettato, era nota per i gulag, il territorio remoto dove nascondere le nefandezze dello stato, conosciuta per la povertà, il gelo, l’alcol e anche per gli episodi di cannibalismo.

 

Che il dissenso sia partito da due elezioni in regioni siberiane è un dato curioso soprattutto se si considera che i moscoviti, che a settembre hanno eletto il nuovo sindaco, hanno scelto di nuovo un membro di Russia unita, Sergei Sobjanin, lo stesso che dirige la città dal 2010. Curioso è anche che la Siberia guardi con simpatia ai candidati comunisti, chi vota contro il governo non vuole qualcosa di nuovo, disilluso nei confronti del futuro, preferisce guardare al passato.

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