Un dipendente di Amazon (foto LaPresse)

Cartolina dall'America dove tutti lavorano

Daniele Raineri

Disoccupazione zero, Amazon aumenta la paga e le grandi lauree non servono

New York. In America la percentuale dei disoccupati è stabile sotto al quattro per cento, che è una soglia fisiologica e incomprimibile – vuol dire che più sotto ancora non si può scendere, su cento persone è naturale che ce ne siano almeno tre o quattro che al momento non sono occupate perché hanno i loro buoni motivi. In effetti è un mondo senza disoccupazione ed è una realtà difficile da capire per chi è abituato ai dati dell’Europa del sud. Due giorni fa Amazon ha alzato la soglia minima della paga oraria dei suoi 350 mila dipendenti (inclusi quelli stagionali) a quindici dollari perché non si può permettere di perdere lavoratori – che senza incentivi a restare potrebbero facilmente abbandonare il loro posto e cercarsi una collocazione migliore altrove.

 

Amazon veniva da un periodo di pessima pubblicità sulle condizioni di lavoro nei propri magazzini e in questo momento è in corso una gara tra le grandi catene di vendita e di distribuzione per accaparrarsi manodopera. Il 17 settembre il Wall Street Journal ha pubblicato un articolo intitolato “Articoli non più disponibili: i lavoratori dei grandi magazzini” in cui si spiega che il settore quest’anno occupa 757 mila lavoratori, centomila in più rispetto all’anno precedente. Secondo un’analisi pubblicata ieri dalla newsletter politica Axios ci si aspetta che l’anno prossimo si aggiungeranno altri 452 mila posti di lavoro. E c’è da considerare che si avvicina la sequenza delle grandi feste con il Giorno del ringraziamento e il Black Friday – giovedì 22 e venerdì 23 novembre – che per tradizione danno il via alla stagione degli acquisti natalizi e quindi al picco annuale del lavoro. Le grandi catene sono sotto pressione per trovare gente disposta a farsi assumere. Kohl’s Corp. e J.C. Penney Co. hanno cominciato a prendere stagionali a giugno con tre mesi di anticipo rispetto al solito per essere sicure di essere coperte quando servirà.

 

Target, una grande catena di articoli a basso costo, dice che ha in programma di assumere 120 mila stagionali. C’è scarsità anche di guidatori di furgoni e in alcuni casi le catene hanno chiesto ai dipendenti di collaborare e di trasportare una parte dei prodotti sulle loro macchine private mentre vengono al lavoro.

 

A fronte di questa domanda e di questa pressione, il prezzo del lavoro sale: Target a settembre ha alzato la paga minima di un dollaro e ha annunciato di voler arrivare a quindici dollari a partire dal 2020, Walmart l’aveva alzata per prima a undici e Costco era arrivata a quattordici a partire da giugno. La scarsità di manodopera e l’avvicinamento delle feste hanno innescato un effetto asta. Jeff Bezos, che è sempre impermeabile alle critiche e alle minacce anche quando vengono dal presidente Donald Trump, in questo caso non sta facendo beneficenza: con la mossa dei quindici dollari si è assicurato una posizione dominante su un mercato molto competitivo.

 

Nel mondo senza disoccupazione a soffrire sono le business school prestigiose come Harvard e Stanford che registrano un calo delle iscrizioni del sette per cento come non si vedeva dal 2005, perché a questo punto è difficile convincere gli studenti a investire migliaia di dollari per un Mba quando là fuori c’è già del lavoro vero da fare, l’economia gira a pieno ritmo e c’è la possibilità di guadagnare subito. E’ una tendenza che in generale vale per tutte le università: studiare è un debito che ti può restare sulle spalle per molti anni spiegano gli esperti e perdere anni di questo ciclo economico così favorevole invece sarebbe un delitto. Posti ben retribuiti, posti stagionali, tutti i settori girano e cercano personale. “Volevo assumere almeno un’altra persona perché siamo soltanto in due e lavoro dalla mattina alla sera – dice con finta modestia la proprietaria di un salone di bellezza del New Jersey al Foglio durante una cena tra amici – ma al momento è impossibile trovare qualcuno. Sai, qui in America tutti hanno già un lavoro”.

  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)