I numeri dello stato dell'Unione di Trump
Nel discorso davanti alle Camere in seduta comune il presidente americano chiude l'èra della "carneficina americana" e azzarda una virata ottimista, che distrae dagli scandali. Le dimissioni del numero due dell’Fbi
New York. La consuetudine vuole che nell’annuale discorso davanti alle Camere in seduta comune il presidente proclami che lo stato dell’Unione è strong, ma Donald Trump si presenta al suo primo state of the Union con una faretra piena di argomenti per mostrare che quella non è solo una formula rituale. I numeri della crescita economica, della disoccupazione ai minimi, i segni di un rientro di capitali e investimenti anche grazie al nuovo clima fiscale offrono il destro per sostenere che il paese non è mai stato così in salute come nell’ultimo anno, sotto la sua guida. L’America è tornata great, la “carneficina americana” di cui aveva tuonato nel discorso di insediamento è stata arginata. Il direttore legislativo della Casa Bianca, Marc Short, ha detto che il presidente “parlerà del fatto che l’America è tornata” e farà anche “un appello ai democratici, dicendo che dobbiamo ricostruire il paese”, innanzitutto con un piano bipartisan sulle infrastrutture e, in seconda battuta, con nuovi finanziamenti al Pentagono per affrontare le “drammatiche minacce sulla scena globale”. Il tema scelto dalla Casa Bianca è: “Costruire un’America sicura, forte e orgogliosa”, formula che sembra mettere le parole d’ordine originarie del trumpismo in un contesto orientato alla costruttività. Con il discorso al paese nel più istituzionale dei contesti, Trump certifica la continuità con l’approccio di Davos, dov’è stato protagonista di un improbabile successo, e segnala una qualche forma di apertura che un consigliere ha descritto così: “Le battaglie di partito, come l’Obamacare e la riforma fiscale, sono ormai alle nostre spalle. Ora tutto richiede cooperazione e accordi”. La Associated Press parla addirittura di un “reset” politico di Trump, ma il presidente ha mostrato in innumerevoli modi e circostanze che l’idea di una strategia o direzione coerente che duri più dello spazio di due tweet è un miraggio di cui è bene diffidare.
Anche Karl Rove, stratega repubblicano di lungo corso ed ex consigliere di Bush ha usato lo stesso termine, “reset”, per descrivere la possibilità che il presidente si trova davanti: “Sostituire la negatività della campagna elettorale con l’ottimismo della presidenza”, operazione delicata con cui il presidente, nel suo modo incostante e imprevedibile, ha preso a esercitarsi. Semmai il rischio, secondo Rove, è quello di eccedere nell’autocelebrazione.
Più prudentemente, Axios si limita a segnalare che “nei grandi discorsi, Trump tende a seguire il testo preparato, è meno divisivo del solito e si esalta per le recensioni positive che riceve” e dunque per queste ragioni potrebbe attenersi a una linea che ha pagato ottimi dividendi nel raduno dell’élite globalista che nelle premesse avrebbe dovuto annichilire il guastafeste populista. Da settimane circola la voce che Trump avrebbe potuto usare il discorso sullo stato dell’Unione per annunciare l’uscita degli Stati Uniti dal Nafta, uno strappo commerciale e simbolico che il presidente ha a lungo agitato come unica soluzione alle ingiustizie di un’area di scambio formalmente libera ma in realtà piena di vincoli. Ora Trump dice che ci sono “buone possibilità” di modificare l’accordo con Canada e Messico senza stracciarlo. A Montréal i negoziatori hanno fissato il settimo round della trattativa alla fine di febbraio a Città del Messico, preludio forse a una ulteriore estensione dei dialoghi. Filtra, insomma, una specie di ottimismo su quel delicato fronte, ma quel che appare certo è che lo stato dell’Unione non verrà usato per annunciare una rivoluzione copernicana nel sistema commerciale americano. Domani sera, invece, il presidente promuoverà ancora il suo piano da 25 miliardi di dollari per la costruzione del muro al confine con il Messico, in cambio dell’apertura di un percorso verso la cittadinanza per circa due milioni di clandestini che sono entrati negli Stati Uniti quando erano minorenni, una base negoziale che ha fatto imbestialire i falchi repubblicani sull’immigrazione e ha invece trovato il favore dei democratici più centristi. In questi discorsi rituali la scenografia è fondamentale, e dunque sarà importante vedere a quali ospiti si affiderà il presidente per offrire esempi visibili della resurrezione della grandezza americana. Ogni strategia narrativa è concessa pur di distrarre dallo stillicidio di notizie intorno all’inchiesta sui rapporti con la Russia. Dopo la notizia del tentativo di licenziare Robert Mueller, da Trump bollata come “fake news”, ieri sono arrivate anche le dimissioni del numero due dell’Fbi, Andrew McCabe.
la sconfitta del dittatore