Donald Trump (foto LaPresse)

Niente golpe fascista in America

Redazione

Che delusione, per le élite progressiste che pronosticavano una svolta autoritaria degli Stati Uniti. Sembra che l'America dovrà accontentarsi dei pallosi "pesi e contrappesi" di James Madison, scrive il Wall Street Journal

Inizia il secondo anno della presidenza Trump: siamo lieti di dare la notizia che non c’è stato alcun golpe fascista, a Washington”. Esordisce così un editoriale non firmato del Wall Street Journal. “Dev’essere una terribile delusione, per le élite progressiste che un anno fa pronosticavano una svolta autoritaria degli Stati Uniti, le cui norme democratiche erano minacciate da Trump. Purtroppo, sembra che l’America dovrà accontentarsi dei pallosi ‘pesi e contrappesi’ di James Madison.

 

Lungi dal rivoltare come un calzino le istituzioni di Washington, Trump sembra frustrato quanto altri presidenti per i limiti posti al suo potere. Ha segnato un goal importante con la riforma fiscale, ma ha fallito su quella del sistema sanitario. Il suo muro di confine non è stato costruito e forse sarà costretto a legalizzare gli immigrati ‘sognatori’, se vuole che il Congresso gli approvi i soldi per il muro. Gli attacchi retorici di Trump ai media sono eccessivi. Ma nonostante tutto il suo trambusto, non si è ancora sentito un solo caso di richiesta di intercettare i giornalisti per scoprirne le fonti. Il dipartimento di Giustizia di Barack Obama lo ha fatto, di nascosto, all’Associated Press e a James Rosen di Fox News, in violazione di chiari principi giuridici. Per quanto riguarda i pesi e i contrappesi, i giudici progressisti di alcune corti hanno posto il veto a tre versioni del bando di Trump sugli immigrati. La loro giustificazione legale è dubbia, visto che la Costituzione prevede che sull’immigrazione e sulla sicurezza nazionale l’autorità sia in seno al potere esecutivo, ma il punto è che i giudici non si stanno affatto inchinando all’amministrazione Trump.

 

Il presidente e la sua famiglia, tra l’altro, al momento sono sottoposti alle indagini di una commissione speciale d’inchiesta con poteri essenzialmente illimitati. Robert Mueller, sulla carta, ha il compito di indagare i legami tra i russi e la campagna di Trump del 2016, ma il vice procuratore generale Rod Rosenstein sembra avergli dato carta bianca. La verità sull’anno appena finito è che, nonostante il ripetuto melodramma trumpiano, il nostro sistema politico sta funzionando più o meno come sempre. A volte Trump ha deviato dal protocollo presidenziale classico, sopratutto nelle sue esternazioni e nei suoi attacchi sugli individui. Questi eccessi, però, gli stanno costando caro, in termini politici: il suo tasso di approvazione è sotto al quaranta per cento. Le norme istituzionali democratiche devono essere difese, ed è per questo che ci siamo pronunciati sul pregiudizio contro il Tea Party dell’Agenzia delle entrate sotto Obama. Faremo lo stesso se Trump trascenderà il suo potere costituzionale. La lezione dell’ultimo anno, tuttavia, è che i progressisti dovrebbero avere più fiducia nel sistema americano, a prescindere che siano al governo o meno. Perdere un’elezione non è lo stesso che perdere una democrazia”.

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