Brett Kavanaugh davanti al Comitato giudiziario del Senato (foto LaPresse)

Giovedì sarà il giorno decisivo per il giudice Kavanaugh e la sua accusatrice

Daniele Raineri

A 41 giorni dal voto, nell’America del boom non si parla che delle presunte perversioni di un giudice. Il dominio #metoo

New York. Mancano quarantuno giorni alle elezioni di metà mandato e in un’America dove la disoccupazione è praticamente a zero e la Borsa tocca record positivi il Partito repubblicano al governo e l’Amministrazione Trump sono molto indietro nei sondaggi rispetto ai democratici, in alcuni casi lo svantaggio è a doppia cifra. Succede perché le conversazioni elettorali sono dominate da altri temi, adesso due su tutti: le presunte violenze sessuali del giudice Brett Kavanaugh nominato ma non ancora confermato alla Corte suprema e le possibili dimissioni del viceprocuratore generale Rod Rosenstein, che è il supervisore dell’inchiesta del procuratore speciale Robert Mueller a proposito delle interferenze russe nelle elezioni presidenziali 2016. Se Rosenstein cade, si teme che l’inchiesta potrebbe essere bloccata dal presidente. Sono due vicende che ogni giorno offrono un capitolo palpitante, per la gioia dei media americani.

 

Partiamo dal giudice. Durante un party all’Università di Yale nel biennio 1983-84 alcuni studenti fecero ubriacare la studentessa Deborah Ramirez, la fecero sedere sul pavimento e le puntarono un dildo in faccia. A quel punto arrivò Brett Kavanaugh, che oggi è l’uomo nominato alla Corte suprema dal presidente Trump e in attesa di conferma, si abbassò i pantaloni e tentò di metterle in faccia il pene invece che il dildo. Lei lo respinse, racconta nell’intervista-ricostruzione fatta per il New Yorker da Ronan Farrow. A questo punto le accuse contro Kavanaugh, che avrebbe dovuto essere confermato martedì scorso dopo quattro giorni di audizione al Senato prima che spuntassero le testimonianze contro di lui, sono su tre livelli. Il primo livello è quello di Christine Blasey Ford, professoressa universitaria di Palo Alto in California che sostiene che Kavanaugh abbia tentato di stuprarla quando lei era quindicenne e lui diciassettenne durante un party in piscina. Ford testimonierà davanti al Senato giovedì e ha dovuto abbandonare casa sua assieme al marito e ai figli per le minacce di morte.

 

Il secondo livello è quello di Deborah Ramirez, la studentessa di Yale protagonista dell’episodio menzionato qui sopra. La sua testimonianza è molto più debole di quella della Ford, ci sono voluti sei giorni di sedute con i due giornalisti del New Yorker perché lei fosse certa abbastanza, ma mancano dettagli importanti – come la data. Uno dei due giornalisti è Ronan Farrow, che è considerato l’autore più importante delle inchieste associate al movimento #metoo. E’ Farrow che ha buttato giù Harvey Weinstein con l’inchiesta sul New Yorker nell’ottobre 2017 che gli ha fatto vincere il premio Pulitzer e che ha fatto la stessa cosa con il capo della rete americana Cbs, Les Moonves, un mese fa. Inoltre è figlio dell’attrice Mia Farrow e del regista Woody Allen – un’unione che finì con una separazione lancinante e accuse di molestie contro Allen – e questo aumenta il carico di attenzione e il valore simbolico del lavoro del figlio giornalista. Insomma, da domenica sera la conferma alla Corte suprema del giudice Kavanaugh è diventata ufficialmente un nuovo capitolo del #metoo ed è da vedere che questo porti vantaggi agli avversari di Kavanaugh e Trump. I repubblicani sono schierati compatti contro l’idea che accuse di violenze e molestie risalenti a più di trent’anni fa possano far cadere il loro candidato – che avrebbe un ruolo centrale nel riorientare la Corte suprema – come fosse un produttore di Hollywood. 

 

Il terzo livello di accuse è quello dell’avvocato Michael Avenatti, che domenica sera pochi minuti dopo la pubblicazione online dell’articolo di Farrow e Jane Mayer a proposito della seconda donna che dice di essere stata molestata ha scritto su Twitter di avere ricevuto mandato da una terza donna di procedere contro Kavanaugh per molestie. Avenatti è schierato apertamente contro il presidente Trump e quindi contro la nomina di Brett Kavanaugh alla Corte suprema ma ha dimostrato di saper menare dei fendenti veri e non soltanto ideologici. E’ l’avvocato di Stormy Daniels, la pornostar che Trump aveva pagato in cambio del silenzio su una loro relazione, ed è riuscito a liberarla dall’impegno al silenzio ed elevarla al rango di caso nazionale e imbarazzante per Trump. Avenatti e Daniels hanno provato che il presidente ha mentito per coprirsi dalla storia e sono stati più efficaci davanti all’opinione pubblica dello stillicidio di articoli di stampa che descrivono le interferenze dell’intelligence russa per condizionare le elezioni americane – che nessuno legge salvo pochi volenterosi. Le accuse di Avenatti sono ancora più gravi di quelle di Ford e Ramirez: quando era giovane Kavanaugh avrebbe preso di mira studentesse, assieme ai suoi amici, e le avrebbe fatte ubriacare oppure le avrebbe drogate per poi abusare di loro in gruppo. In teoria la linea difensiva di Kavanaugh è di essere un uomo irreprensibile e quindi l’accumularsi di accuse gli nuoce. In pratica la metamorfosi della sua audizione di conferma in una battaglia femminista confonde tutto.

 

E poi c’è la superinchiesta di Mueller a repentaglio. Rod Rosenstein è andato alla Casa Bianca per un incontro già fissato con il capo dello staff John Kelly. Venerdì un articolo del New York Times aveva rivelato che il vice della Giustizia era pronto a indossare un microfono nascosto e a registrare le conversazioni dentro lo Studio ovale per poi usarle come prova dell’incapacità di Trump a fare il presidente – che potrebbe portare alla rimozione dalla Casa Bianca secondo il 25esimo emendamento della Costituzione. Rosenstein nega tutto e i suoi difensori sostengono che se mai ha detto di voler indossare un microfono lo ha fatto soltanto come battuta sarcastica. Se si dimettesse o fosse licenziato chi verrà al suo posto potrebbe interferire in modo pesante con l’inchiesta di Mueller sulla collusione di Trump con il governo russo. Il viceprocuratore incontrerà Trump giovedì, lo stesso giorno della deposizione incrociata del giudice Kavanaugh e della sua accusatrice.

  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)