La premier britannica Theresa May ha detto che "bisogna essere orgogliosi di vivere nelle case popolari" (Foto LaPresse)

Perché la May parla molto di case

Gregorio Sorgi

Le parole della premier sulle case popolari indicano una nuova fase dei conservatori britannici: meno individualisti e "al servizio di tutti"

Il discorso tenuto oggi dalla premier britannica Theresa May, in cui ha detto “che i cittadini devono essere fieri di vivere nelle case popolari”, è il sintomo di una nuova fase dei conservatori britannici, mai così distanti dall'eredità di Margaret Thatcher.

  

Il dibattito pubblico negli ultimi due anni è stato monopolizzato dalla Brexit, e il governo May passerà alla storia soprattutto per la trattativa logorante che sta conducendo con Bruxelles. Tuttavia, l'agenda politica del primo ministro, mai realizzata anche a causa di una maggioranza parlamentare traballante, è sulla carta ben più ambiziosa e il discorso di oggi ne è la prova. 

 

                              Il discorso di Theresa May alla Federazione nazionale delle case il 20 settembre 2018


 
Il tema scelto della May non è casuale: le politiche abitative sono da sempre un tormento per i conservatori. Negli ultimi venti anni i prezzi degli immobili sono cresciuti sette volte in più degli stipendi medi dei giovani, che sono le vittime di questo problema. I figli della middle class nati negli anni Ottanta non riescono a compare una casa, e la maggior parte di loro vota per Jeremy Corbyn. Solo il 27 per cento dei giovani (tra 25 e 34 anni) che guadagna tra le 22 e le 34 mila sterline l'anno possiedono una casa. A Londra il problema ha raggiunto delle proporzioni enormi. La stragrande maggioranza dei giovani condivide l'appartamento e molte famiglie sono costrette ad andare fuori città dove i prezzi delle case sono più bassi.

  
Secondo i critici, il problema è frutto delle politiche thatcheriane degli anni Ottanta, che hanno di fatto privatizzato le case popolari per dare a ogni cittadino “il diritto di essere padrone del proprio tetto”. I successori dell'Iron Lady hanno incoraggiato la working class a comprare il proprio appartamento però non hanno costruito nuovi complessi di case popolari. Nel frattempo la domanda per un alloggio è aumentata anche a causa anche dell'immigrazione.

  
Le frasi di ieri di Theresa May sui “governi precedenti che hanno sottovalutato questo problema” vengono lette come un'accusa indiretta ai suoi predecessori conservatori, e hanno destato qualche perplessità tra i nostalgici dell'Iron Lady. Ieri il Daily Telegraph ha pubblicato un discorso della Thatcher del 1975 in cui dice “che chiunque non crede nella proprietà privata è un socialista”. L'accusa implicita, che spesso viene avanzata dalla destra del Partito conservatore, è che la May si sia allontanata troppo dal dogma ultra liberale in voga tra i Tory a partire dagli anni Ottanta.

  

Fin dagli inizi, la May ha proposto una sua visione dell'economia e della società assai diversa dal modello Thatcher. Meno individualista, e più orientata verso le politiche sociali: la sanità, l'istruzione, la lotta alla povertà. Infatti la sua prima mossa da premier è stata quella di licenziare il ministro dell'Economia George Osborne, l'architetto delle politiche di austerity del governo Cameron.

 

Il discorso di insediamento della May, a pochi giorni dalla Brexit, era rivolto a “chi era stato lasciato indietro” durante la crisi. La lotta alle diseguaglianze doveva essere una delle priorità di un governo “al servizio di tutti, e non dei pochi privilegiati”. La May non poteva immaginare che quella stessa frase sarebbe diventata il cavallo di battaglia del suo avversario Corbyn nella campagna elettorale dell'anno successivo.

 

  

Il discorso di insediamento di Theresa May il 13 luglio 2016


 

Molti conservatori hanno storto il naso davanti alle tante convergenze economiche tra la May e la sinistra. Alcuni dei punti forti della campagna conservatrice del 2017 – il taglio delle pensioni d'oro, il limite ai prezzi delle bollette – era stati presi in prestito dall'ex candidato laburista Ed Milliband. A differenza dei suoi predecessori, la May non ha mai demonizzato l'intervento dello stato nell'economia, considerato uno strumento utile per “avere una società più giusta”. Anche il guru Nick Timothy, che ha scritto il manifesto elettorale ed è stato costretto a dimettersi dopo il brutto risultato raggiunto, credeva che il Partito conservatore dovesse “recuperare i voti e rappresentare gli interessi dei lavoratori”.

 
Tuttavia, c'è grande continuità tra l'ispirazione ideologica di May e quello dei padri nobili del pensiero conservatore, che hanno dettato la linea fino agli anni Ottanta. Benjamin Disraeli, uno dei volti di spicco nel pantheon conservatore, diceva “che il Partito conservatore non è nulla, se non è il partito di tutti”. Era un'ideologia pragmatica e interclassista, che rappresentava tutti, ricchi e poveri. Questo modello è ora rispolverato da Theresa May, se solo riuscissimo a vedere qualcosa oltre la Brexit. 

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