Jean-Claude Juncker e Martin Selmayr (foto LaPresse)

Juncker senza più alibi: la nomina di Selmayr è stata un "golpe"

David Carretta

Secondo l'Ombudsman dell'Unione Europea la Commissione non ha seguito le regole “in modo corretto né nella lettera né nello spirito”. Un giudizio duro da cui dovrebbero scaturire conseguenze politiche 

Bruxelles. Il verdetto è duro e meriterebbe di trarne conseguenze politiche: nella procedura di nomina di Martin Selmayr a Segretario generale, la Commissione europea non ha seguito le regole “in modo corretto né nella lettera né nello spirito”, ha detto l'Ombudsman dell'Unione Europea, Emily O'Reilly, al termine di un'inchiesta sulla promozione lampo dell'ex capo-gabinetto del presidente Jean-Claude Juncker il 21 febbraio scorso. Il mediatore europeo ha identificato quattro casi di “cattiva amministrazione”. Nella sostanza accusa l'esecutivo Juncker e lo stesso Selmayr di aver orchestrato una procedura “fake”.

 

 

La Commissione ha creato un senso d'urgenza artificiale per riempire il posto di Segretario generale al fine di giustificare la non pubblicazione del posto vacante. La Commissione ha anche organizzato una procedura di selezione del vice-segretario generale non per riempire quel ruolo ma per permettere la nomina rapida in due fasi di Selmayr a Segretario generale”, ha spiegato l'Ombudsman, senza dimenticare di criticare la strategia comunicativa “difensiva, evasiva e a volte combattiva”. Il risultato è che “tutto questo ha rischiato di mettere repentaglio il bilancio ottenuto con fatica di alti standard amministrativi dell'Ue e di conseguenza la fiducia pubblica”. E' un giudizio severo, che si aggiunge a quello che aveva espresso dall'Europarlamento lo scorso aprile, quando era stata una risoluzione in cui si denunciava “un'azione stile colpo di Stato” per portare il tedesco Selmayr sul posto più importante dell'amministrazione comunitaria.

 

La nomina di Selmayr a Segretario generale della Commissione è avvenuta in una riunione del collegio il 21 febbraio scorso, senza che i commissari ne fossero stati informati preventivamente. L'Ombudsman, consultando migliaia di documenti, ha ricostruito gli eventi e confermato quanto alcuni giornali europei – tra cui Il Foglio – avevano raccontato per settimane sui piccoli giochetti di Selmayr, che ha preso in ostaggio i commissari per impadronirsi della Commissione (Juncker aveva perfino minacciato le dimissioni, se il suo fidatissimo collaboratore fosse stato costretto a lasciare). Malgrado il verdetto del Mediatore, la Commissione non ha cambiato linea. Il suo portavoce, Margaritis Schinas, ha spiegato che l'esecutivo comunitario condivide solo uno degli elementi del rapporto dell'Ombudsman: il riconoscimento del fatto che Selmayr sia un funzionario competente e dedicato al progetto europeo. La tattica rischia di essere controproducente. Nel 1999 la Commissione di Jacques Santer fu costretta a dimettersi in massa per alcuni casi di “cattiva amministrazione”. L'attuale Europarlamento potrebbe usare il “Selmayr Gate” per chiedere la testa di Juncker, se dovesse giungere alla conclusione che mostrare i muscoli con la Commissione è il modo migliore per arginare il populismo anti-europeo. Nel frattempo, i danni della nomina di Selmayr si fanno già sentire. La Commissione farà molta più fatica a contestare alla Polonia la nomina di giudici amici del partito Legge e Giustizia o all'Italia la rimozione politica di dirigenti delle autorità, come chiesto dal Movimento 5 Stelle con il presidente della Consob, Mario Nava.