Kim Jong-un (foto LaPresse)

Tutto bello, ma non scordiamoci cos'è la Corea del nord

Daniele Raineri

Kim è il dittatore di una giunta che si fonda su nazionalismo razziale, torture e campi di concentramento

Roma. Il leader della Corea del nord, Kim Jong-un, esce dall’incontro con il presidente americano Donald Trump avvolto da una luce nuova, come si vede dall’accoglienza da superstar che ha avuto per le strade di Singapore e dai commenti che ha ricevuto sui media. Se puntava su un effetto “normalizzazione” potrebbe avere vinto la sua scommessa, almeno per qualche tempo. Ma nell’anniversario del rilascio dello studente americano Otto Warmbier, arrestato con un pretesto a Pyongyang, restituito in stato comatoso e morto una settimana dopo, questo summit storico non può far dimenticare che Kim è il leader supremo della giunta militare più brutale e particolare della storia dell’Asia. Vediamo di ricordare perché. Di solito si dice che la Corea del nord è un sistema totalitario basato sull’ideologia stalinista, l’ultimo rimasto sul pianeta, ma lo studioso americano Bryan Reynolds Myers nel 2010 ha scritto un saggio – dopo avere analizzato un campionario infinito della propaganda di stato – per sostenere che il sistema si fonda invece sul nazionalismo razziale. La superiorità della razza coreana e la necessità di isolarsi dalle altre razze, ritenute inferiori e sporche, sarebbe quindi il tratto dominante della dittatura e non il comunismo. Il punto principale di questa ideologia è che la razza coreana è troppo pura e quindi troppo candida (la neve è un’ossessione del regime) per cavarsela bene in un mondo malvagio e popolato da razze impure e per questo ha bisogno di una Grande Figura Parentale che la guidi, convenientemente incarnata dalla dinastia Kim. Questo spiega una parte delle aberrazioni della Corea del nord. Nel 2014, un’agenzia di stato accusava il presidente americano Barack Obama di non avere i tratti base di un essere umano, “il posto perfetto per lui sarebbe assieme alle scimmie del più grande zoo africano, dove leccherebbe le briciole che gli lanciano gli spettatori”. E ancora: “E’ un incrocio con sangue impuro”. “Ha ancora la figura di una scimmia mentre la razza umana è andata avanti di milioni di anni” (il cestista Dennis Rodman per ora è stato risparmiato da questi insulti razzisti). L’ossessione per la purezza impone tra le altre cose gli aborti forzati per le donne coreane che vanno a lavorare in Cina e tornano incinta, per evitare il rischio che il paese sia contaminato da un figlio misto che porta sangue cinese (ne saranno lusingati i cinesi, che del governo di Pyongyang sono gli sponsor principali).

 

Il documento più aggiornato e completo sulla brutalità della Corea del nord è un rapporto di 376 pagine pubblicato dalle Nazioni Unite nel 2014 dopo avere intervistato 320 fonti, in maggioranza cittadini della Corea del nord che sono riusciti a fuggire. Il rapporto descrive uno stato di polizia dove ogni minimo dissenso è punito con l’arresto, la tortura, la sparizione e la punizione senza passare per un processo. Ci sono due sistemi paralleli di prigionia che assomigliano in tutto e per tutto ai gulag sovietici. Uno è per i prigionieri politici e contiene circa centomila persone chiuse in quattro grandi campi che, secondo immagini satellitari citate dal New York Times una settimana fa, sono ancora aperti e attivi. Alcuni possono esserci finiti dentro per trasgressione leggerissime, come per esempio avere pronunciato una critica mite contro la dinastia Kim. Nei campi i prigionieri sono tenuti in condizioni bestiali, affamati, ai lavori forzati, a volte uccisi in pubblico. Il rapporto stima che “centinaia di migliaia” di detenuti sono morti nei campi nei decenni scorsi. Il secondo sistema è quello dei campi cosiddetti di “rieducazione”, riservato ai criminali comuni che scontano periodi di detenzione più definiti.

 

Il sistema politico coreano è basato sulla paura per esercitare una pressione continua su tutti gli abitanti del nord e trasformarli in informatori e sorveglianti di loro stessi. Tutto potrebbe essere usato come un pretesto per l’eliminazione, ogni giorno potrebbe quello di un errore mortale, senza riguardi per la posizione e i legami familiari anche ai livelli alti del regime. Nel 2016 un viceministro dell’Istruzione è stato fucilato perché aveva “una postura irrispettosa” durante un incontro con Kim Jong-un. Un generale è stato ucciso perché si è addormentato durante un altro incontro.

 

Infine un punto spesso dimenticato: quest’anno il gruppo Open Doors che monitora le condizioni dei cristiani nel mondo ha definito la Corea del nord “il peggior paese”, per le persecuzioni, gli arresti e le punizioni estreme contro i fedeli, visti come sovversivi.

Di più su questi argomenti:
  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)