Il procuratore generale di New York, Eric Schneiderman

L'alfiere del #metoo, vittima del #metoo: si dimette il procuratore Schneiderman

L'uomo che aveva combattuto al fianco delle vittime di molestie è stato accusato a sua volta di avere avuto rapporti sessuali non consensuali. Ed è caccia ai suoi vecchi tweet in cui accusava Trump

La difesa del procuratore generale di New York, Eric Schneiderman, contro la marea del #metoo è durata all’incirca tre ore. E’ il tempo che è passato fra la pubblicazione dell’articolo del New Yorker, cofirmato dal solito Ronan Farrow, in cui quattro donne lo accusano di abusi sessuali, violenze e minacce, e l’annuncio delle dimissioni.

 

Schneiderman tecnicamente nega, dice che “nel privato delle relazioni intime” si è dedicato a certe “attività sessuali consensuali” ma “non ha mai molestato nessuno” e “non ha mai fatto sesso contro il consenso altrui, una linea che non potrei mai varcare”. La pensano in altro modo Michelle Manning Barish e Tanya Selvaratnam, le due donne che hanno raccontato apertamente le degenerazioni dei loro rapporti con Schneiderman, vicende condite di botte, mani al collo, troppi drink, giochetti a sfondo razzista, manipolazioni psicologiche, ancora troppi drink e imposizioni del silenzio; altre due testimoni hanno raccontato cose simili, e se non hanno dato il loro nome hanno fornito racconti circostanziati e pure delle fotografie dei segni degli abusi.

 

Buttarla sui rapporti magari sopra le righe ma consensuali si è rivelata immediatamente una strada impraticabile anche per il procuratore più dritto di New York, il maschio che s’era intestato la battaglia del #metoo indagando con zelo femminista Harvey Weinstein, e i ritrovamenti gli avevano fatto esclamare: “Non abbiamo mai visto cose tanto deplorevoli come quelle a cui assistiamo qui”.

 

Nella serata di ieri il puro della difesa di genere è stato epurato, e ha dichiarato che le accuse, che pure contesta, “mi impediscono di guidare il lavoro della procura in questo momento critico”. E’ soltanto l’inizio delle indagini che verranno: secondo la consuetudine di ascendenza puritana, la mannaia della giustizia si abbatte con forza doppia sui reprobi chi si sono spacciati per giusti. Un fatto curioso è che Donald Trump aveva dato già cinque anni fa segno di sapere di qualche scheletro nell’armadio del procuratore: “Weiner è andato, Spitzer è andato. Il prossimo sarà il peso leggero Eric Schneiderman”, aveva twittato nel settembre 2013. 

 

Schneiderman negli ultimi mesi ha fatto di tutto per affermarsi come doppio simbolo della lotta a Trump e al maschio oppressore, categorie che hanno una notevole area di intersezione ma non si sovrappongono perfettamente. Ora i sostenitori di Trump scavano nel suo account Twitter alla ricerca di cinguettii da riproporre con il senno di poi. Il più gettonato è del 10 ottobre 2017: “Nessuno è al di sopra della legge, e continuerò a ricordare questo fatto al presidente Trump e alla sua amministrazione ogni giorno”.

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