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Putin tra missili e pupe

Anna Zafesova

Nastya “pesciolino” lega a sé Putin, Trump, oligarchi e un generale. Il presidente russo annuncia armi che “non ha nessuno”, mentre tutti sbirciano le foto della escort legata al Russiagate

Milano. Missili, sottomarini, laser: la Russia della quarta presidenza di Vladimir Putin sarà una potenza con armi “che non ha nessuno”. Più che il discorso annuale sullo stato della nazione, l’intervento del presidente russo è assomigliato a una presentazione commerciale, con proiettati sul maxischermo videoclip e infografiche dei nuovi missili strategici. Tutti imprendibili dai sistemi di difesa americani, e puntati su un nemico non virtuale: nel filmato, i missili mirano alla Florida, e Putin ricorda che “l’occidente non è riuscito a fermare la Russia. Non ci avete dato ascolto, fatelo ora”.

 

Uno sfoggio militarista tra Kruscev e Kim, con applausi scroscianti dei mille deputati, governatori e ministri presenti. Il pezzo forte sono stati i missili Sarmat, che sostituiranno gli SS-18 sovietici, con un propulsore atomico “a raggio praticamente illimitato”. Poi ci sono un missile ancora senza nome (Putin ha invitato i russi a inviare le loro proposte, e nei talk-show pomeridiani già ieri i telespettatori si sbizzarrivano con nomi come “Non ci aspettavate” e “Saluti da Vladimir”), il complesso ipersuono Kinzhal, un drone sottomarino “veloce più volte” di un sommergibile, i missili intercontinentali Avangard in grado di volare negli strati densi dell’atmosfera “come un meteorite incandescente”, proiettati con effetti speciali da Stella della morte. Prevenendo i dubbi di molti esperti sul fatto che si tratta soltanto di progetti, Putin ha tranquillizzato: “Non è un bluff”.

 

  

I prossimi sei anni dunque saranno come i sei precedenti: guerra e sfida all’occidente. Delle due ore del discorso, circa metà è stata dedicata agli armamenti, il resto a uno snocciolamento tradizionale di priorità socioeconomiche: pensioni, salute, digitalizzazione, impresa, senza però promesse esagerate, anche perché l’unica cosa certa a questo punto è il drastico incremento della spesa militare.

 

L’immagine di grande potenza, presentata a due settimane dalle elezioni, viene però appannata da una serie di altre storie, scandalose, come l’arresto a Pattaya di Nastya Rybka. “Nastya Pesciolino”, al secolo Anastasia Vashukevich, bielorussa 25enne, occhi da gatto e labbra a canotto, star di Instagram – pubblica selfie in cui indossa soltanto una mazzetta di biglietti da 50 euro in mezzo alle gambe – è stata arrestata dalla polizia thailandese per aver condotto seminari illegali sulla seduzione a una ventina di turisti russi in infradito, che in cambio di 600 dollari si facevano spiegare come rimorchiare ragazze. Dal carcere Nastya ha chiesto aiuto agli americani, promettendo in cambio di raccontare tutto sul Russiagate: “Io sono l’anello mancante”.

 

La disinibita Rybka era diventata famosa quando Alexei Navalny ha pubblicato in rete l’inchiesta sul vicepremier russo Sergei Prikhodko che va con le escort sullo yacht dell’oligarca dell’alluminio Oleg Deripaska, documentata dalle rivelazioni dell’ambiziosa ragazza, che voleva mostrare al mondo quanto fosse arrivata in alto. Con particolari ricchi, indubitabili e gustosi, come il video in cui l’oligarca spiega alla escort il motivo del conflitto tra Russia e America: Victoria Nuland, l’ex sottosegretario di stato, avrebbe trascorso da giovane un mese su una baleniera russa, e “da allora ci odia”. “L’hanno violentata?”, si informa Prikhodko, per anni consigliere e negoziatore di politica estera prima di Eltsin e poi di Putin.

 

La raffinata conversazione di geopolitica avviene nell’agosto 2016, e l’Instagram di Nastya insieme con il suo libro “Caccia all’oligarca” – approssimativo nell’uso delle declinazioni e delle virgole, ma molto preciso in altri dettagli – permette di rintracciare il percorso dello yacht Elden di Deripaska nei fiordi della Norvegia, con a bordo svariate ragazze che dovevano distrarre l’oligarca e il vicepremier dalle “discussioni sul business”. Il “business” era il nascente Russiagate: Deripaska è stato per anni in affari con il capo della campagna elettorale di Trump Paul Manafort, che gli aveva offerto “briefing privati” su The Donald, da far arrivare a Putin (che scia spesso nei resort privati dell’oligarca). Il New York Times rivela che Deripaska avrebbe offerto agli americani di vuotare il sacco sul Russiagate, in cambio dell’immunità.

 

Le dietrologie non mancano, dalla guerra per gli asset tra oligarchi a un attacco del Cremlino contro il traditore Deripaska. Ma sembra piuttosto una situazione sfuggita di mano, come capita quando i bunga bunga hanno troppi partecipanti: Nastya impazza sui talk-show, accusando Deripaska e Prikhodko di stupro di gruppo (“Oleg, ora mi devi sposare”), e invitando Putin a incontrarla “per sapere tante altre cose su chi lo circonda”. Più che un colonnello del Kgb sotto copertura, sembra una ragazzina scappata dalla provincia per vivere 15 minuti di celebrità. Con qualche militanza politica: è stata avvistata ai flash mob a favore di Harvey Weinstein all’ambasciata Usa a Mosca, vestita solo di scarpe, calze e un bastoncino di fuochi d’artificio nel posteriore.

 

Anche la reazione delle autorità è stata seria: per la prima volta un post di Navalny è stato censurato come “informazione vietata in territorio russo”. Prikhodko non vuole sporgere querela, Deripaska è corso in tribunale, ma con una denuncia per violazione della privacy e non per calunnia. E Nastya “Pesciolino” sostiene che il suo arresto sarebbe stato ordinato da Mosca: il giorno dopo a Bangkok è atterrato l’Iliushin di stato numero RA-96023, con a bordo Nicolai Patrushev, capo del Consiglio di sicurezza russo, ex capo dell’Fsb e uno dei collaboratori più stretti e più “falchi” di Putin.

 

Una pura coincidenza, sostiene il Cremlino: Patrushev era lì per un negoziato con i colleghi thai. Il suo aereo però è al centro di un altro scandalo, dall’altra parte del mondo, a Buenos Aires, dove nella scuola dell’ambasciata russa sono state scoperte 12 valigie con 400 kg di cocaina. L’ambasciatore ha informato la polizia argentina e, in un’operazione congiunta senza precedenti, le valigie sono state portate a Mosca come esca per una serie di arresti tra i tecnici dell’ambasciata. Il capo della banda, tale Andrei Kovalchuk, è latitante, ma secondo il suo avvocato in realtà è una spia russa incastrata da americani e argentini. Le intercettazioni pubblicate da El Clarín fanno pensare a un uomo con agganci a Mosca: dice che la rimozione del poco collaborativo ambasciatore è cosa fatta. Ma la parte più misteriosa è il trasporto delle valigie a Mosca, caricate sull’Iliushin RA-96023, che aveva portato Patrushev a Buenos Aires. L’operazione civetta era avvenuta con un aereo di stato, con posta diplomatica, forse già usata dalla gang. Le autorità russe hanno negato con tale veemenza, che la Gendarmeria argentina ha dovuto pubblicare le foto ufficiali dell’aereo.

 

Due gialli che stanno appassionando i russi molto di più dei filmati dei missili (che il fact checking in rete sospetta tratti da una trasmissione della tv russa del 2007), facendo loro scoprire che dietro le quinte della grande potenza si muovono personaggi come la escort di provincia, il narcobarone che si spaccia per spia (o viceversa), il cuoco di Putin – Yevgeny Prigozhin, diventato miliardario grazie agli appalti per le mense dell’esercito dopo aver servito una cena particolarmente riuscita a Putin e Chirac, oggi sotto sanzioni americane per aver fondato la “fabbrica dei troll” russi – o il violoncellista di Putin Sergei Roldugin, che secondo i Panama Papers muoverebbe decine di milioni di dollari, a quanto dice lui stesso, a sua insaputa. La novità è che ora questi scandali da internet stanno debordando nei media ufficiali, segnalando forse l’inizio di una lotta di potere che nell’ultimo mandato di Putin diventerà feroce.

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