La Germania ha due nuovi giudici sulla libertà d'espressione: Twitter e Facebook

Eugenio Cau

Il caso del tweet di Capodanno della deputata di AfD Beatrix von Storch e le accuse di censura alla nuova legge tedesca contro i commenti politicamente scorretti

Roma. Qualche settimana fa alcuni utenti dei social media americani hanno iniziato a diffondere un metodo per eliminare i post di apologia del nazismo e i commenti razzisti su Twitter: basta dire al social network che sei un cittadino tedesco (si può fare nelle impostazioni) e Twitter, sulla base di una nuova legge approvata in Germania lo scorso autunno ed entrata in vigore lunedì, ti aprirà le porte di un mondo gentile in cui nessuno twitta commenti politicamente scorretti sulle persone di colore o, peggio ancora, esprime nostalgia per gli anni Trenta. La legge in questione si chiama NetzDG, è stata fortemente voluta dal ministro della Giustizia Heiko Maas e prevede che tutti i social network abbiano l’obbligo di cancellare i post e i materiali “evidentemente illegali” (nella pratica: hate speech e commenti razzisti) entro 24 ore dopo che questi post sono stati segnalati. In caso di contravvenzione le multe sono salatissime, fino a 50 milioni di euro.

 

La legge era stata proposta come argine alla proliferazione di troll e fake news su internet durante l’ultima campagna elettorale in Germania, ed era stata salutata come il giusto tentativo di un governo di mettere la briglia alla sregolatezza spesso pericolosa dei social network. Ma la NetzDG quasi immediatamente si è trovata davanti molti problemi, a causa dell’ambiguità della dicitura di contenuto “evidentemente illegale”.

 

Beatrix von Storch, parlamentare di punta del partito populista AfD e vicecapogruppo del partito al Bundestag, la notte di Capodanno si è accanita su Twitter contro la polizia di Colonia, colpevole, secondo lei, di aver twittato gli auguri per l’anno nuovo in molte lingue, compreso l’arabo. Dopo quello che è successo due anni fa, quando diversi uomini in gran parte di origine araba hanno molestato in gruppo molte ragazze durante i festeggiamenti, come è possibile che la polizia cerchi di essere accondiscendente con queste “orde barbare di stupratori di gruppo musulmani”? Immediatamente, qualche utente solerte di Twitter ha segnalato l’“hate speech” della deputata, e subito l’azienda ha dapprima cancellato il tweet incriminato, poi ha sospeso temporaneamente l’intero account. Poco dopo, anche Facebook ha eliminato un post della von Storch dai contenuti simili.

 

E’ facile immaginare cos’è successo dopo: von Storch e tutta l’AfD hanno accusato Twitter, Facebook e il governo tedesco di censura della libertà d’espressione e si è sollevato un gran polverone che si è amplificato quando la polizia di Colonia ha diffuso la notizia che la signora von Storch e un altro parlamentare AfD erano stati messi sotto indagine per incitamento all’odio.

 

E’ evidente che la NetzDG ha un problema. Per quanto odioso, il tweet di von Storch non è più grave di infiniti altri, compresi molti tweet inviati senza conseguenze (almeno dal punto di vista penale) dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Non è un caso che, come ha scritto il Financial Times, la NetzDG non è stata criticata solo dai gruppi di estrema destra. Anche associazioni come Reporter senza frontiere hanno definito la legge una minaccia alla libertà d’espressione, per una ragione semplice: lascia che siano Twitter e Facebook a decidere il campo d’azione di ciò che è “evidentemente illegale”, e li costringe a fare da giudici prima ancora che un giudice intervenga: la polizia di Colonia non aveva ancora iniziato a indagare sul tweet di von Storch che il social network aveva già emesso la sua sentenza, cancellandolo. E chi gli può dare torto, visto che rischia una multa milionaria?

 

Mercoledì in Francia il presidente Macron ha proposto una nuova legge contro le fake news che aumenta i poteri degli organi giudiziari e governativi ma non obbliga i social network ad assumere facoltà censorie. Anche questo approccio ha molti detrattori, che dicono: sempre di censura si tratta, solo che questa volta viene dalle istituzioni. La breve isteria dicembrina dei media italiani sul tema fake news aveva prodotto un disegno di legge piuttosto sbilenco. Insomma, quando si parla di regolare internet, e soprattutto i social media, i governi non hanno ancora trovato un modo di dosare libertà e censura. 

  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.