Ann Coulter (foto LaPresse)

Il funerale del free speech a Berkeley

Redazione

La polizia del pensiero dei campus è armata. Il caso di Ann Coulter

“Che cosa fanno, mi arrestano?”, si domanda Ann Coulter nel confermare che terrà ugualmente il discorso che l’Università di Berkeley ha cancellato per “ragioni di sicurezza”. Sarebbe bello se fosse una domanda retorica. Dopo aver visto scene da guerriglia urbana per impedire agli sgraditi conservatori di parlare nel campus dove Mario Savio e gli altri hanno infiammato il movimento per il “free speech”, dopo che gli studenti hanno aggredito il sociologo 74enne Charles Murray in Vermont, dopo che Heather MacDonald è stata zittita in California, che l’ideologo della alt right Richard Spencer è stato censurato in Alabama e altre decine e centinaia di più o meno autorevoli esponenti di idee alternative al conformismo liberal che domina le università americane sono stati intimoriti e tacitati, l’ipotesi dell’arresto non appare peregrina. Se non sarà la polizia a fermare la polemista conservatrice, invitata per la settimana prossima da tre associazioni universitarie a esporre la sua visione sull’immigrazione, la polizia del pensiero farà di tutto per neutralizzare l’evento, con l’ormai vecchia tecnica di trasformare il “free speech” in “hate speech”. A Berkeley hanno capito che aggiungere un po’ di violenza fisica allo scenario aiuta a raggiungere lo scopo. Se anche gli amministratori dell’Università si scoprissero improvvisamente sinceri tifosi del Primo emendamento, il ragionevole timore che tutto finisca a sprangate e molotov li solleva dal commettere atti di inusitato coraggio. “Dobbiamo proteggere gli studenti”, dice un portavoce, lasciando all’indifesa Coulter la protezione della libertà di parola.