Trump, il Muro, gli immigrati e tutte le cose che non vanno tra Messico e Washington. Parla l'ambasciatore messicano in Italia

Maurizio Stefanini

Tillerson e Kelly, ministri trumpiani, rassicurano i messicani mentre nelle stesse ore il loro presidente li minaccia su immigrazione e lotta alla droga. Il Messico cerca di prendere sul serio The Donald, e si guarda intorno per parare il colpo

“Potete vedere da voi cosa sta succedendo al confine, stiamo cacciando i membri delle gang così come i signori della droga Lo stiamo facendo a un ritmo mai fatto prima; espelliamo i cattivi, si tratta di un’operazione militare”, diceva Donald Trump ieri. Nel frattempo, il suo segretario di stato, Rex Tillerson, e il suo segretario alla Sicurezza interna, John Kelly, erano però in visita ufficiale in Messico per spiegare nella conferenza stampa congiunta con gli omologhi locali l’esatto opposto. “Sarò molto chiaro. Non ci saranno deportazioni di massa e non useremo la forza militare nelle operazioni contro l’immigrazione clandestina”, ha detto in particolare Kelly. Schizofrenia?

 

“Il miglior commento è in due parole: Fake News”, dice al Foglio l’ambasciatore messicano in Italia Juan José Guerra Abud, nel corso di un incontro organizzato da Mediatrends proprio sul tema di quel che sta accadendo tra il Messico e il nuovo presidente degli Stati Uniti. “Stanno circolando Fake News in quantità. Per esempio, quella secondo cui Trump avrebbe minacciato il presidente messicano Peña Nieto di invadere il Messico. Giusto sabato scorso ho parlato con il segretario alle Relazioni Estere Luis Videgaray a Francoforte, dove aveva convocato gli ambasciatori messicani in Europa. Mi ha detto che lui era presente e che l’indiscrezione è completamente falsa. Trump ha semplicemente offerto a Peña Nieto aiuto logistico per la lotta alla delinquenza e ai narcos. E qui non c’è nulla di nuovo: da sempre gli Stati Uniti ci offrono questo aiuto”. Anche sull’apparente contrasto tra Trump e Kelly, dunque, lui ritiene che bisogna semplicemente interpretare. “E’ ovvio che neanche Trump può pensare di mandare i marines per le strade ad acchiappare i clandestini. Semplicemente, vuole dire che farà le espulsioni con logistica di tipo militare. E’ l’unica interpretazione possibile”.

Forse no, in realtà. Ma Guerra Abud sembra confermare l’intenzione del Messico di affrontare il caso Trump con tutta la diplomazia possibile. Perfino sul Muro al confine dice che gli Stati Uniti hanno tutto il diritto di costruirlo. “E gli auguriamo anzi che gli venga ben fatto. Se un vicino si vuole ristrutturare casa, non è che io posso impedirglielo. Ovviamente, però, non è che poi può pretendere di passare a me il conto. Il Messico sicuramente per quel Muro non pagherà. E qualunque decisione gli Stati Uniti prenderanno in materia di commercio, il Messico si regolerà di conseguenza. Trump vuole impedire che le imprese automobilistiche montino in Messico i modelli destinati agli Stati Uniti? Gli studi dimostrano che riportare le linee di montaggio negli stessi Stati Uniti farebbe rincarare ogni modello dai 2.500 ai 4.000 dollari, e quindi non so come l’industria automobilistica potrà reagire. Ma so che noi messicani compriamo dagli Stati Uniti ogni anno mais per 20 miliardi di dollari, e che nel caso andremo a comprarlo da un’altra parte!”. In effetti il segretario all’Agricoltura José Calzada si è già rivolto a Argentina e Brasile.

 
Spiega l’ambasciatore: “In Messico siamo preoccupati, ma non abbiamo paura, perché siamo un paese sovrano e come popolo in questo momento siamo più uniti che mai. Siamo disposti a negoziare con gli Stati Uniti ogni punto, e abbiamo già iniziato il negoziato dei vari temi sul tavolo: commercio, migrazioni, sicurezza, droga, antiterrorismo. Andremo avanti, e trarremo le nostre conclusioni”. Secondo lui, in realtà il problema dell’emigrazione messicana negli Stati Uniti sta cessando di essere tale. “Ormai sono più i messicani che tornano in patria di quelli che vogliono andare negli Stati Uniti. Merito di una politica economica che tra riforma dell’energia, riforma delle telecomunicazioni, creazione di un clima favorevole all’impresa è riuscita a creare 800.000 posti di lavoro formali in 12 mesi. Quelli che rischiano di essere espulsi, in realtà, sono messicani che sono negli Stati Uniti da irregolari da molti anni”. La massa dei clandestini ormai viene dal Centroamerica, e usa il Messico come punto di transito. E per questo gli Stati Uniti hanno bisogno di cooperare con il Messico, piuttosto che prenderlo di petto.


Il muro al confine Usa-Messico in Arizona nei pressi di Nogales (LaPresse)


In conferenza stampa congiunta, Kelly e il collega messicano Miguel Ángel Osorio Chong hanno riconosciuto le differenze, ma ribadito la necessità di cooperare per bloccare un flusso di armi, denaro e droga che minaccia entrambi i paesi. Videgaray ha aggiunto che per superare i sentimenti negativi più che parole sono necessari fatti, purché non “unilaterali”. L’ambasciatore riconosce che in Messico c’è un grave problema di narcotraffico, diritti umani e corruzione della polizia. “Ma bisogna chiarire: in Messico i livelli della Polizia sono tre. Federale, di Stato, Municipale. Purtroppo è al livello di Polizia Municipale che si concentra quasi il 100 per cento degli scandali. Però se dal Messico passa il 60 per cento della droga che entra negli Stati Uniti, poi sono gli americani a consumarne il 100 per cento. Se la droga viene poi distribuita, se tante armi entrano dagli stati Uniti in Messico, vuol dire che la corruzione è da entrambe le parti”. Con tutto ciò, Guerra Abud conclude che forse il Muro ai messicani potrebbe perfino far bene. “La nostra economia è troppo legata a quella degli Stati Uniti, è giusto che i nostri imprenditori inizino a cercare altri mercati. In Asia, nel resto dell’America Latina, in Europa. E anche in Italia, con cui abbiamo un intercambio da 6 miliardi di dollari con un deficit da 3, visto che compriamo per 4 miliardi e mezzo e vendiamo per un solo miliardo e mezzo”.

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