Basuki Tjahaja Purnama (foto LaPresse)

Il modello indonesiano a rischio

Redazione

Il voto per il governatorato di Giacarta è un voto sulla laicità dello stato

Milioni di indonesiani, oggi, saranno chiamati alle urne per eleggere il governatore della capitale Giacarta. Non è un voto qualunque: a seconda di come andranno i risultati, il governo centrale del paese asiatico dovrà difendere la sua laicità messa alla prova dalla strategia degli estremisti. Sin dall’indipendenza nel 1945, l’Indonesia rivendica il principio, scritto anche nella Costituzione, della “unità nella diversità”. Un principio più unico che raro, nei paesi a maggioranza musulmana, che da sempre protegge il pluralismo etnico e religioso. E’ per questo che nei paesi asiatici, anche quelli non toccati dal problema del fondamentalismo religioso, l’Indonesia è considerata il paese chiave per la stabilità del sud-est asiatico. Eppure il caso dell’attuale governatore della capitale, Basuki Tjahaja Purnama detto Ahok, rischia di mettere in discussione la peculiarità dell’Indonesia. Candidato alle elezioni e delfino dell’attuale presidente Joko Widodo, è di origini cinesi e cristiano.

 

Quando ha annunciato la sua candidatura i gruppi islamici più integralisti hanno indetto una serie di manifestazioni mobilitando gran parte del mondo musulmano: non vogliamo un infedele al governo. Poi l’accusa di blasfemia: in un comizio Ahok ha citato un versetto del Corano per dimostrare il principio di laicità dello stato, ed è stato messo sotto processo. A niente sono serviti gli inviti del presidente Jokowi alla moderazione. Quello che decideranno i residenti di Giacarta oggi – la maggioranza apprezza il lavoro da amministratore di Ahok – potrebbe diventare un precedente importante negli equilibri asiatici.

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