Justin Trudeau con Raùl Castro (foto LaPresse)

Addio soft power

Redazione

I messaggi di Canada ed Europa per la morte di Castro, letti da un Dissidente Ignoto, fanno orrore

"Liberty moves north”, era il titolo della copertina dell’Economist di fine ottobre. La libertà si sposta a nord, cioè lontano dagli Stati Uniti – lasciava intendere il settimanale inglese mentre era ancora in corso la sfida tra i due candidati più impopolari dell’èra contemporanea, Hillary Clinton e Donald Trump – e verso il Canada di Justin Trudeau. Il premier canadese è il liberal che piace alla gente che piace: sempre un tweet con l’hashtag giusto, mai una foto fuori posto, con l’aggiunta magari di una lacrima per i temi che contano, o meglio che indignano: immigrazione, riscaldamento climatico, revisionismo storico anti colonizzazione, eccetera. D’un tratto, dopo la morte di Castro e le parole di elogio di Trudeau, quella copertina dell’Economist è sembrata fuori luogo.

Il dittatore cubano è morto sabato, ma ancora ieri non si fermavano le critiche e le prese in giro per il solitamente inattaccabile Trudeau. Questa volta infatti il premier canadese ha esagerato. A caldo, ma in maniera ufficiale, ha espresso “profondo dolore per il presidente cubano che è stato in carica più a lungo”, “un leader larger than life che ha servito il suo popolo per oltre metà secolo”, del quale “sia i suoi sostenitori sia i suoi oppositori hanno riconosciuto l’incredibile dedizione e l’amore per il popolo cubano che infatti è stato profondamente legato a ‘el Comandante’”. Sembra di leggere Granma, Organo oficial del Comité Central del Partido Comunista de Cuba, e invece le citazioni sono a disposizione di tutti sul sito web del governo di Ottawa. Perfino i placidi canadesi non hanno apprezzato la censura applicata da Trudeau al volto oscuro del castrismo, e così ieri il premier ha dovuto aggiungere che certo, anche lui, non dimentica le repressioni subite da milioni di cittadini cubani. Ma se Trudeau ha la scusante – si fa per dire – di avere un padre “che orgogliosamente chiama Castro ‘un amico’”, come si giustifica il messaggio di condoglianze di Juncker? Eccolo: “Con la morte di Fidel Castro, il mondo ha perso un uomo che era un eroe per molti. Ha cambiato il corso della storia del suo paese e la sua influenza ha oltrepassato i confini di Cuba. Fidel Castro rimane una delle figure rivoluzionarie del Ventesimo secolo”. Stop.

 

Federica Mogherini, Alto rappresentante per la Politica estera dell’Ue, ha detto che “Castro era un uomo determinato e una figura storica. Muore in un’èra di grandi sfide e incertezze. Oltre che di grande cambiamento per il suo paese”. Dalle “potenze gentili” per eccellenza, insomma, nemmeno un inciso dedicato alla repressione dei diritti umani a Cuba, alle condanne a morte senza giusto precesso, alle pene che ancora oggi decine di dissidenti stanno scontando nelle carceri dell’isola. Canada e Unione europea, a più riprese nella recente storia mondiale, ci hanno tenuto a marcare la propria distanza dagli Stati Uniti, giudicati troppo interventisti e bellicisti anche quando si muovevano per ragioni umanitarie o per promuovere la democrazia. All’hard power, si diceva autorevolmente, Canada e Ue oppongono il loro soft power. Difficile dire cosa ne sia stato di tutti questi bei discorsi. Sarebbe interessante chiedere a un Dissidente Ignoto cosa pensa oggi delle “omissioni” dei nostri leader. Meglio forse il tweet scombiccherato dell’appestato presidente Donald Trump che ieri minacciava uno stop alla normalizzazione dei rapporti con Cuba avviata da Obama: in nome dei diritti umani e civili, come disse a settembre il presidente eletto.

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