E' ancora in piedi una Cuba irrisolta: la Corea del nord

Giulia Pompili

Fidel Castro non amava particolarmente il regime dei Kim, eppure i rapporti tra l’Havana e Pyongyang restano ancora oggi molto stretti

Ora che Fidel Castro è scomparso, chiudendo un’epoca che ha determinato la storia e l’ordine mondiale, l’ultimo paese ancora in piedi tra quelli che avevano abbracciato il comunismo dopo la Seconda guerra mondiale resta la Corea del nord. Negli ultimi otto anni di presidenza di Barack Obama era già cambiato molto, ma la morte di Castro aggiunge un valore simbolico ai passi di apertura conseguiti con la normalizzazione dei rapporti diplomatici e il clima distensivo promosso da Obama. Ciò che è stato fatto per lo stato caraibico però, il lungo processo di apertura dei cubani al mondo, sembra un grande successo se paragonato al fallimento totale delle politiche internazionali con il paese gemello dall’altra parte del mondo, nel Pacifico.

Cuba e la Corea del nord hanno molte cose in comune: il passato rivoluzionario, l’antiamericanismo, il socialismo, il regime di controllo dei cittadini. E poi simili modelli: l’Unione sovietica, il libretto rosso di Mao. “Ci sono molte similitudini tra i due paesi”, ha scritto nel 2013 Lucy Williamson sulla Bbc “entrambi sono piccoli stati che sono sopravvissuti al collasso dell’Urss, hanno entrambi portato a termine successioni dinastiche, entrambi vivono sotto sanzioni da parte degli Stati Uniti”.  E’ soprattutto per questo che i due paesi hanno mantenuto per decenni strette relazioni sia economiche sia diplomatiche. Che Guevara volò a Pyngyang negli anni Sessanta, incontrò Kim Il-sung, parlò della Corea del nord come di un “modello al quale la Cuba rivoluzionaria avrebbe dovuto ispirarsi”. Nel 1986 fu la volta di Fidel Castro, e la famosa fotografia insieme con Kim Il-sung. Poi, però, non ci furono altri incontri ufficiali. Secondo alcuni analisti, Castro negli anni Ottanta si rese conto di quanto il regime di Pyongyang stesse lavorando per costruire intorno alla figura di Kim Il-sung un culto divino – un atteggiamento che poco si adattava al pensiero castrista. Nel 2013, durante un periodo di alta tensione tra Corea del nord e America, Fidel Castro scrisse un editoriale pubbliato su vari media cubani, domandando a Pyongyang di fare un passo indietro con la politica degli armamenti nucleari che tanto male aveva fatto a Cuba cinquant’anni prima. Poco più di un mese fa, Fidel Castro aveva incontrato all’Havana il premier giapponese Shinzo Abe, e aveva discusso con lui del problema nordcoreano.

In pratica, se da un lato il retaggio ideologico unisce i due paesi, a Castro non è mai piaciuto del tutto il regime nordcoreano. Ed alcuni episodi che dimostrano la lontanaza culturale tra i due paesi li aveva raccolti Aidan Foster-Carter sul Wall Street Journal. Anche dal punto di vista del business, Castro preferiva fare affari con Seul.

Nonostante questa sorta di lontananza culturale di fatto, formalmente i due paesi continuano ad avere ottimi rapporti diplomatici anche sotto Raul Castro (Samuel Ramani qualche mese fa sul Diplomat scriveva che questo è stato una delle questioni più imbarazzanti per l’Amministrazione Obama, perché la normalizzazione dei rapporti con gli Stati Uniti ha cambiato poco nelle relazioni tra Cuba e Corea del nord). Ieri l’attuale leader nordcoreano, Kim Jong-un, ha inviato all’Havana una lettera di condoglianze per la scomparsa di “un compagno e caro amico” . Ci sono scambi culturali tra i due paesi, accordi commerciali, frequenti manifestazioni di solidarietà da entrambe le parti. Nel luglio del 2013 un cargo nordcoreano che trasportava zucchero verso Cuba fu trovato pieno di armi cubane – secondo alcuni esperti, erano state trasportate in Corea per essere aggiustate e stavano tornando a casa. Secondo gli ispettori dell’Onu e il ministero di Panama incaricato di indagare sulle violazioni dell’Havana e Pyongyang, le armi trasportate illegalmente dai nordcoreani erano la prova di un sistematico e ben più grosso commercio illegale tra i due paesi legato soprattutto alle armi.

Secondo Paul French, autore di “North Korea – State of Paranoia”, l’idea di Kim Il-sung di una Corea perennemente pronta alla guerra globale (un modo per giustificare anche l’enorme spesa militare sostenuta dallo stato) fu ispirata anche dalla Cuba di Fidel Castro. A un certo punto, però, le strade di Pyongyang e l’Havana si divisero irrimediabilmente, secondo French. E il motivo riguarda soprattutto le riforme economiche portante avanti da Fidel Castro a Cuba, e irrimediabilmente fallite in Corea: per Marcus Noland dell’Institute for international economics “i nordcoreani sono stati capaci di far sembrare Cuba la terra di Adam Smith”.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.