Musulmani in preghiera (foto LaPresse)

L'islam può essere compatibile con la libertà? Uno studio

Gabriele Carrer
Un volumetto dell’Institute of Economic Affairs spiega agli intellettuali islamici cosa fare per riscoprire il “periodo d’oro dell’islam”. Promuovere la libertà economica nei paesi a maggioranza musulmana è la chiave per la prosperità, sostengono gli autori del volume.

Milano. Ci sarà un futuro in cui islam e libertà andranno d’accordo, in cui la libertà economica, il progresso e lo sviluppo umano potranno andare di pari passo con la fede musulmana? “Islamic Foundations of a Free Society” è il titolo di una recente pubblicazione del think-tank libertario londinese Institute of Economic Affairs (Iea), scritto da un gruppo di studiosi islamici con l’obiettivo di far luce sulle possibili compatibilità tra il mondo islamico e società/economie libere. “Siamo convinti che più i musulmani scopriranno il vero patrimonio dell’islam nel suo periodo d’oro, più possibilità ci sono che il clima di opinione nei loro paesi possa cambiare in favore della libertà”, spiega al Foglio Linda Whetstone, curatrice del libro, presidente di Network for a Free Society e membro del direttivo dell’Iea. L’esperienza del Profeta potrebbe rivelarsi un tesoro inestimabile per l’apertura delle società islamiche: l’atteggiamento ostile verso l’attività economica e la ricerca del profitto non è per forza conforme al Corano e alla sunna. Basti pensare alla vita di Maometto prima della Rivelazione: era un affermato mercante, stimato per la sua onestà e generosità. Anche la sua Medina può essere assunta come modello di società aperta in cui convivevano musulmani, ebrei e cristiani.

 

Promuovere la libertà economica nei paesi a maggioranza musulmana è la chiave per la prosperità, sostengono gli autori del volume. Le regioni musulmane una volta all’avanguardia per tolleranza e scienza sono ora agli ultimi posti negli indici internazionali che valutano la libertà economica, lo sviluppo umano e dei diritti umani. Ma la risposta, si legge, sta proprio nell’islam e nella sua tradizione liberale originaria – oggi tradita – che enfatizza il ruolo e le responsabilità dei singoli. Si tratta di un aspetto “fondamentale per lo sviluppo di ogni società” ma in contrapposizione con la percezione collettivista che si ha oggi delle società musulmane in cui le politiche interventiste dei governi, i rigidi codici delle leggi e l’elevata tassazione hanno avuto un impatto negativo sulla crescita e lo sviluppo economico ma hanno anche influenzato negativamente l’ideale della libertà economica presso i musulmani. Tutto questo è la dimostrazione delle grandi difficoltà di adattamento alla modernità che incontrano le società islamiche.

 

Si tratta però, sottolineano gli studiosi, di valori non intrinseci all’islam: si tratta di un’interpretazione del Corano, una deviazione dalla tradizione liberale del primo islam. E’ stata la vittoria della tradizione sull’innovazione, dei conservatori sui riformisti. Una vittoria che si riflette nell’atteggiamento “scettico, esitante, addirittura ostile” delle società musulmane verso i valori liberali: la libertà, il pluralismo, la società civile, democrazia, il libero mercato e la innovazione. Per queste ragioni è giunta l’ora in cui gli intellettuali musulmani ripensino il dibattito sul libero arbitrio, la libertà di pensiero, il pluralismo anche religioso e il libero mercato. Il passato non si può cambiare ma, “da intellettuali responsabili, possiamo fare qualcosa per plasmare il futuro in modo da creare una società musulmana più aperta, libera, produttiva e prospera”, si legge. Linda Whetstone, che è anche membro dell’Istanbul Network for Liberty, un pensatoio per la diffusione delle libertà nelle comunità musulmane mondiale, sottolinea al Foglio l’importanza del mondo occidentale in questo sforzo: “I governi dovrebbero iniziare a promuovere queste idee sostenendole nel mondo islamico. I grandi cambiamenti politici iniziano dalle idee, non dal governo o dalla politica”.

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