Trump e Hillary alla cena della Alfred E. Smith Memorial Foundation (foto LaPresse)

Alla cena di Al Smith le risate di Trump e Hillary si strozzano in gola

Nel ricevimento di beneficenza, di solito l'ultimo ultimo spazio neutrale della campagna, la tradizionale sospensione delle ostilità fra i candidati ha vacillato.

New York. La cena di Al Smith è un tradizionale ricevimento di beneficenza per le opere caritatevoli cattoliche che ha l’incredibile potere di sospendere le ostilità della campagna elettorale. Ogni quattro anni l’alta società di New York in cravatta nera e abito lungo si riunisce sotto gli auspici del cardinale, capeggiata dai due candidati alla Casa Bianca, per qualche ora di ironia e autoronia, di sfottò e motteggi, leggerezza assoluta che interrompe le angherie da campagna elettorale. E’ parte di un genere americano in cui il potente si esercita nell’arte popolare della stand-up comedy, avvicinandosi al registro dei mortali e agevolando il trionfo momentaneo dello humour. In contesti del genere perfino Mitt Romney risulta simpatico. Quattro anni fa aveva fatto  battute memorabili su Obama che trasforma l’acqua in vino, gesto messianico che piace a tutti tranne a lui, mormone astemio.

 

Giovedì sera è stata la volta di Donald Trump e Hillary Clinton, e fra i sorrisi tirati quanto le pelli degli ospiti, le occhiatacce sullo sfondo, gli abiti fucsia, il cardinale Dolan che s’asciugava il sudore dalla fronte e infine i “buuuu!” che sono piovuti in sala, la tradizionale sospensione delle ostilità fra i candidati ha vacillato. La partenza era stata buona. Trump ha subito detto il piccolo segreto che in questi contesti permette di vincere la gara della simpatia, ovvero fare soprattutto battute autoironiche, indirizzare innanzitutto a se stessi l’umorismo, e poi ha ammesso: “Non credo però di riuscirci”. Perfetto anche il passaggio sul “bias” dei media, dimostrato con un episodio esemplare: Michelle Obama tiene un discorso e tutti la osannano e si sdilinquiscono, Melania Trump fa un discorso “esattamente identico” e tutti la attaccano: “Non riesco proprio a capire perché”. Ma l’intervento ha avuto una parabola simile a quella vista nel dibattito di Las Vegas, dove Trump era partito con ordine e compostezza ed è finito con il mettere in dubbio la legittimità della democrazia americana.

 

Alla cena di Al Smith a un certo punto si è persa di vista quella distanza fra le parole e l’intenzione che genera l’ironia. Dice sul serio oppure è una battuta?, hanno preso a chiedersi gli ospiti, tutti uomini di mondo che, come ha ricordato il candidato, riverivano Trump prima che scendesse in politica, e ora lo disprezzano. Anche questo è stato uno dei momenti in cui il sorriso, preparato sulla fiducia nell’attesa di una “punch line” che non arriva, si è bloccato in un’imbarazzante paresi facciale. “Hillary questa sera finge di non essere anticattolica”, ha detto riferendosi alle email di John Podesta trafugate da Wikileaks che contengono sferzanti parole in libertà contro i cattolici da parte dei consiglieri clintoniani. Lei ci ha messo qualche secondo per incrociare lo sguardo di Dolan, che le stava seduto accanto, e quando lo ha fatto sembrava dire: “Poverino, dobbiamo tenercelo così”.

 

Ancora: “Clinton è così corrotta che è stata cacciata dalla commissione Watergate”, “Hillary crede che sia fondamentale ingannare la gente tenendo una linea politica in pubblico e una totalmente diversa in privato”. Ha preso a scudisciate il lavoro della fondazione Clinton a Haiti e si è esibito in altre battute che non lo erano finché il pubblico – in stragrande maggioranza clintoniano, com’è normale in un consesso dei piani alti dell’establishment – non ha preso a fare “buuuu!”. Fra i fischi è finita l’idea della tregua, del distacco temporaneo dal registro della partigianeria per trovare un momento, per quanto costruito e televisivo, di condivisione. Non ci sono momenti inviolabili in questa campagna. Hillary invece s’è attenuta al protocollo: con precisione meccanica ha recitato le battute che il suo staff aveva preparato per lei.