Qual è il fuoco della campagna elettorale americana? La sensazione di avere sbagliato occhiali

New York. Per chi segue la campagna elettorale americana la sensazione è di avere sbagliato gli occhiali. Rendendosi conto che la messa a fuoco aveva qualche problema, si è scelto un altro paio di occhiali, salvo notare l’imperfezione anche di queste nuove lenti. Così se n’è scelto un altro, e poi un altro ancora, senza mai trovare il fuoco giusto per distinguere l’oggetto al centro della scena. Sembrava a un certo punto che ogni cosa si giocasse sull’economia che cresce a un ritmo troppo lento, che fosse tutta una questione di stagnazione e depressione. Poi Donald Trump ha preso a martellare con assiduità sul muro, sui messicani stupratori, ha toccato i tasti dell’identità etnica e della xenofobia, ha agitato la chiusura delle frontiere per i musulmani e pure Papa Francesco nel mezzo del Giubileo della misericordia lo ha censurato. La questione della purezza identitaria sembrava dominare.

 

Nel tempo anche questa è passata in cavalleria, si è approdati all’idea dell’operaio bianco arrabbiato, il troglodita “white trash” che con la sua invincibile ignoranza produce qualche latrato dopo decenni di apatia. E’ passata pure quella fase. Il momento più terribile per Trump, quello che ha dato un colpo — forse decisivo – ai numeri e alle speranze del candidato repubblicano è stato un video dove rivolge inaudite volgarità nei confronti delle donne. L’elemento misogino era già sotto la luce dei riflettori, ma non appariva come il centro della corsa elettorale, non era su quello che l’avversario aveva scommesso tutto il suo bottino. Per paradosso, Trump ha reintrodotto nel plot l’elemento femminile che Hillary Clinton non aveva saputo sfruttare. Ora sembra un ricordo lontanissimo e forse addirittura un sogno, ma c’è stato un tempo in cui si pensava che Hillary avrebbe vinto innanzitutto grazie al suo essere donna. Questo, si diceva, avrebbe naturalmente suscitato innanzitutto le elettrici, e in seconda battuta i giovani, ansiosi di dare il loro contributo a questo passaggio storico, in grandiosa continuità con l’epica del primo presidente afroamericano.

 

Anche questa linea narrativa è scomparsa, un altro paio di occhiali da buttare, finché grazie all’esagerazione imperdonabile di Trump la condizione femminile è tornata al centro. Si è anche pensato a lungo che i millennial, il gruppo elettorale più numeroso, sarebbero stati gli obiettivi primari della campagna, ma alla fine nessuno tranne Bernie Sanders ha deciso di farne davvero un target. Ora preferiscono Hillary a Trump con un rapporto di tre a uno, ma tutti i sondaggi manifestano la profonda disaffezione che provano per questa politica. Così alla fine non abbiamo capito molto nemmeno di questa fetta demografica, che pure secondo la sondaggista millennial per eccellenza, Kristen Soltis Anderson, doveva essere l’unica costante dei candidati in questa tornata. Ma l’unica costante è stata la difficoltà quasi disperata nell’individuare i problemi. Qual è il cuore del dibattito? La “issue” più importante? La faccenda che domina? L’aspetto che tocca di più la sensibilità dell’americano contemporaneo? Si procede incerti con un paio di occhiali che non mettono a fuoco.

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