Manifestazioni contro la riforma scolastica (foto LaPresse)

Inizia la “cattiva scuola” della sinistra in Francia, senza greco e latino

Mauro Zanon
Mai come in questo quinquennato si era vista una così ampia e profonda avversione verso una riforma scolastica. Il “voyage en absurdie” della riforma Belkacem.

Parigi. In Francia, il cantiere dell’Istruzione nazionale è da sempre uno dei più importanti del mandato presidenziale, il più complicato da portare a termine e quello che suscita le reazioni più accese. Quando si tocca la sacra école républicaine sono inevitabili le polemiche nei confronti del governo in carica, ma mai come in questo quinquennato si era vista una così ampia e profonda avversione verso una riforma scolastica. Avviata nel 2012 dall’ex ministro dell’Istruzione Vincent Peillon, la riforma della scuola della gauche porta la firma dell’attuale inquilina di rue de Grenelle, Najat Vallaud-Belkacem, la grande sacerdotessa della liturgia egualitarista, nonché colei che potrebbe passare alla storia per aver sotterrato il latino e il greco, pilastri della scuola repubblicana.

 

Annunciata in pompa magna, la “reforme du collège” della Belkacem entrerà in vigore a partire da oggi negli istituti scolastici di Francia, ma le polemiche, scoppiate nella primavera del 2015 con la presentazione delle sue linee guida, continuano a divampare, soprattutto tra gli insegnanti. A scatenare la rabbia di molti degli 860.000 maestri di scuola che hanno fatto ieri la loro rentrée, è in particolare l’introduzione degli Epi, che sta per Enseignements pratiques interdisciplinaires, e consisteranno in corsi che mescoleranno diverse discipline allo stesso tempo. Nel calderone di questi insegnamenti interdisciplinari, come era stato già annunciato, finiranno anche il latino e il greco, non più considerati un “option”, bensì “materie di complemento”, relegate allo stesso livello dell’informatica. Dalle trentasei ore di cui l’insegnamento del latino e del greco beneficiava nei vecchi programmi scolastici a partire dalla cinquième (secondo anno del collège), si passerà a meno di dieci ore, con le due materie cardine del liceo classico inserite in un più generico contenitore dedicato alle “Langues et cultures de l’Antiquité”. A nulla è servita la fronda dei latinisti e dei grecisti, e neppure la violenta accusa mossa dall’ex ministro della Cultura Jack Lang, che ha criticato la volontà perversa della Belkacem di abbassare il livello medio degli studenti, di sopprimere le filiere dell’eccellenza e di decapitare il latino e il greco, da lei considerate “troppo elitarie”.

 

Il settimanale Point ha raccontato ieri il “voyage en absurdie” degli insegnanti rientrati a scuola, che ancora non hanno assorbito i fumosi dettami della rivoluzione pedagogista condotta dalla Belkacem. Come Marie Lamfroy, professoressa di lettere moderne in una scuola della banlieue di Lione, che al Point ha manifestato tutta la sua incomprensione dinanzi alle nuove direttive. Dopo aver raccontato l’incubo delle giornate di formazione con gli ispettori sguinzagliati dal ministero che bacchettavano chiunque avanzasse perplessità sulla riforma, la professoressa ha testimoniato il suo sgomento a proposito di un esempio di Epi presentatole da uno dei delegati del governo. L’insegnante di scienze della vita e della terra e il maestro di lettere moderne potranno lavorare assieme attorno al soggetto “Gargantua, Emma Bovary… mangiano equilibrato?”, ha spiegato l’ispettore, e potranno “proporre un esercizio di riscrittura del menù mangiato da Gargantua in versione bio”. Come ha scritto l’intellettuale Robert Redeker in un saggio appena pubblicato, “L’École fantôme”, la scuola francese si è trasformata in una “scuola gelatinosa”, “satura di attività”, dove “i professori e gli istitutori si trasformano in animatori socio-culturali e gentili organizzatori del vivre-ensemble”.

 

A conferma della tensione palpabile in Francia attorno alla riforma scolastica, è arrivato ieri l’annuncio del primo sciopero nazionale, indetto dal principale sindacato dei professori, Snes-Fsu, per l’8 settembre prossimo. Il fronte sindacale mobilitato contro la riforma, che comprende le sigle Snalc, Snep, Fo, Cgt e Sud, rappresenta l’80 per cento dei professori che hanno votato alle ultime elezioni professionali. Numeri che preannunciano una rentrée turbolenta.