Mariano Rajoy incontra il leader di Ciudadanos Albert Rivera (foto LaPresse)

Si apre uno spiraglio per il governo in Spagna

Eugenio Cau

Dopo 275 giorni senza un esecutivo eletto, un nuovo accordo fra partiti potrebbe finalmente porre fine all’immobilismo. Tutte le incognite.

In Spagna, un accordo insperato tra il Partito popolare del premier facente funzione Mariano Rajoy e Albert Rivera, leader dei centristi di Ciudadanos, potrebbe finalmente portare a un accordo di governo dopo due elezioni, un’infinità di negoziati, consultazioni e abboccamenti inutili e 275 giorni trascorsi senza un esecutivo eletto. Gli ultimi giorni avevano portato nuove preoccupazioni agli osservatori della politica di Madrid, e ormai tra gli analisti la possibilità di una seconda ripetizione delle elezioni, le terze in un anno, non sembrava più un’ipotesi così remota. Il nodo degli accordi sembrava insolvibile, e il Parlamento era a tal punto incancrenito che la presidente del Congresso, giusto ieri, annunciava che i deputati non erano riusciti a mettersi d’accordo su quali posizioni i vari gruppi avrebbero occupato all’interno dell’Aula e che si sarebbe rimandata la questione alla settimana prossima.

 

I sondaggi, poi, sembravano condannare il paese a ulteriore immobilità. Rajoy da settimane minaccia che senza un accordo tra i partiti il paese sarà costretto ad andare a nuove elezioni, cosa che comporterebbe diversi problemi tecnici – servono un Parlamento e un governo che approvino le leggi di bilancio, altrimenti si rischiano multe dall’Europa – oltre che allo scherno di tutta la comunità internazionale. Ma lunedì una rilevazione post elettorale del Centro de Investigaciones Sociólogicas ha mostrato che anche se si andasse di nuovo alle urne gli spagnoli non cambierebbero il loro voto. Il ranking d’arrivo dei partiti rimarrebbe lo stesso, e i loro risultati percentuali sarebbero quasi invariati. Certo, anche gli spagnoli hanno imparato che ormai dei sondaggi non ci si può fidare, come hanno mostrato le elezioni di giugno, in cui il Pp era ampiamente sottostimato e Podemos, al contrario, ingigantito. Potrebbero arrivare sorprese. Ma una nuova tornata elettorale, per la Spagna, rischia di essere solo un evento negativo.

 



Fonte: el País


 

E’ così che la decisione di Ciudadanos di aprire un tavolo negoziale con il Partito popolare potrebbe diventare il “cigno bianco” che salva la Spagna dall’eterno ritorno dell’uguale. Dopo un mese e mezzo di continui dinieghi, dopo aver garantito in sede di voto di fiducia un’astensione che aiuterebbe Rajoy a formare un governo di minoranza ma non sarebbe decisiva, Rivera si è finalmente detto aperto a cambiare il suo voto in un sì, pur negando, per ora, il suo ingresso in un esecutivo di coalizione.
 



Il giovane leader di Ciudadanos, che da posizioni centriste ha corso una campagna incentrata sul rinnovamento politico e sulla lotta alla corruzione speculare a quella di Podemos, e che da un anno ormai chiede la rimozione di Rajoy dalla testa dell’esecutivo, ha deciso di far pagare caro il suo sostegno al Pp. Ha imposto sei condizioni piuttosto dure che Rajoy deve rispettare per ottenere il sì di Rivera:

 

-il divieto per gli imputati di occupare posti nel governo o nel Parlamento;
-l’eliminazione dei privilegi giudiziari per le cariche pubbliche e delle istituzioni, che a oggi in Spagna possono essere giudicate solo dai tribunali superiori;
-una nuova legge elettorale senza liste bloccate;
-la fine dei provvedimenti di clemenza come l’indulto per i condannati di corruzione;
-un limite di mandato di due legislature per i funzionari eletti;
-una commissione di indagine parlamentare sul “caso Bárcenas”, indagine sulla corruzione del Partito popolare.



I due leader si sono incontrati mercoledì mattina e hanno tenuto due conferenze stampa separate ma piuttosto soddisfatte. Rivera, che in campagna elettorale aveva detto che mai avrebbe votato per un governo Rajoy, ha detto di aver avanzato le condizioni necessarie per un cambio di passo nella politica spagnola. Rajoy ha annunciato che il 17 del mese si riunirà il Comitato esecutivo del partito per decidere se accettare o meno le condizioni di Rivera. Il voto è giudicato dagli analisti come scontato, perché il Comitato è un organo quasi totalmente in mano a fedelissimi del leader popolare.

 

Se i negoziati andranno come sperato e Ciudadanos deciderà di formare un’alleanza con Rajoy, il candidato otterrà 169 voti a suo favore (137 propri più 32 di Ciudadanos), a un soffio dalla maggioranza assoluta di 176. Ciudadanos, partito nazionalista, ha già detto che i suoi voti sono incompatibili con i partitini indipendentisti catalano e basco, che potrebbero colmare il vuoto, e dunque serve l’astensione di un pugno di deputati del Partito socialista guidato da Pedro Sánchez per far partire l’esecutivo. Sánchez finora si è sempre detto contrario a un sostegno anche soltanto indiretto del Partito popolare, ma davanti alla possibilità di bloccare tutto per una manciata di voti potrebbe infine cedere. Uno dei grandi vecchi del socialismo spagnolo, l’ex premier Felipe González, ha detto oggi che la decisione di Rivera è un “atto di responsabilità politica”. L’invito a Sánchez a fare lo stesso è evidente.

  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.