Polizia forense a Russell Square, Londra (foto LaPresse)

Il terrore butta giù tabù culturali

Paola Peduzzi
Attacco a Londra, l’attentatore ha “problemi mentali”. Ma in Europa l’allarme terroristico sta modificando convenzioni e ideologie. Poliziotti con la pistola a Londra, riflessione sulla laicità di Francia, esercito in Germania. E l’Italia?

Milano. A Russell Square, Londra, un diciannovenne norvegese di origine somala ha ucciso con un coltello una signora sessantenne americana e ha ferito altre cinque persone (di nazionalità australiana, israeliana, americana e britannica) nella notte tra mercoledì e giovedì. La polizia ha arrestato il ragazzo e ha subito parlato di “problemi mentali” senza escludere la pista terroristica, ma dopo aver interrogato la famiglia del ragazzo e aver perquisito la sua casa, ha per ora concluso che il movente terroristico sia da escludere: si tratta di un atto “spontaneo” e “casuale”. Russell Square è un luogo simbolico nella memoria londinese: qui colpirono gli attentatori il 7 luglio del 2005, l’ultimo grande attacco terroristico nel Regno Unito – il 22 marzo del 2013 un soldato inglese fu ucciso per strada nel sud di Londra da due ragazzi armati di mannaie che volevano vendicare l’uccisione dei musulmani da parte dell’esercito inglese.

 

Scotland Yard ha cercato di ridimensionare la portata dell’attacco della scorsa notte, ma domenica il capo, Bernard Hogan-Howe, aveva ricordato che l’allerta è alta, “un attacco è fortemente probabile, non si tratta di capire se, ma quando”. Da mercoledì a Londra circolano 600 poliziotti armati in più – il progetto avviato a dicembre, dopo gli attacchi di Parigi, prevede che il numero di poliziotti supplementari nella capitale arrivi a 2.800. Si tratta di una piccola rivoluzione culturale per il paese, se si pensa che nel 2015 in Inghilterra e Galles c’erano circa 127 mila poliziotti: soltanto 5.600 armati. Un londinese intervistato dalla Bbc ha detto nei giorni scorsi: “Non mi sarei mai aspettato di vedere tanti poliziotti armati per le strade, ma credo che sia la cosa giusta da fare, che ci piaccia o no”.

 

Nell’Europa sotto assedio del terrorismo, cadono piccoli e grandi tabù culturali. In Francia c’è lo stato d’emergenza dagli attacchi del 13 novembre – è stato prolungato dopo il recente attentato a Nizza – e il governo ha dovuto introdurre misure di sicurezza straordinarie, al punto che i più radicali denunciano una “guantanamizzazione” della Francia. Il vituperato Patriot Act americano del dopo 11 settembre è diventato inevitabile anche in Europa, e i tentativi di contrasto al terrorismo si muovono su un terreno non prettamente poliziesco: da giorni imperversa la polemica tra il premier Manuel Valls e il suo capo, il presidente François Hollande, sui finanziamenti alle moschee e la costruzione di un nuovo rapporto tra lo stato e l’islam di Francia. Al di là delle faide politiche, al centro del dibattito c’è la legge del 1905 sulla laicità, caposaldo della cultura politica francese, che oggi appare però carente di fronte alla progressiva radicalizzazione delle comunità islamiche nel paese.

 

La placida Germania, che si fa forte di una politica estera neutrale ma ha subìto nelle ultime settimane attacchi rivendicati dallo Stato islamico (a dimostrazione del fatto che non c’è correlazione tra l’aggressività militare e la rappresaglia jihadista: noi infedeli occidentali siamo un obiettivo), ha proposto un piano antiterrorismo che prevede la sospensione dei documenti di identità per i sospettati di terrorismo, interventi nelle moschee, e in Baviera, la più colpita, l’assunzione di due migliaia di poliziotti in più entro il 2020 per contrastare una minaccia “permanente”.

 

In Italia, dove ci sono stati plurimi arresti di sospetti terroristi negli ultimi giorni (e le minacce dei jihadisti sono in crescita), i militari che sono stati messi per le strade per incrementare la sicurezza non possono utilizzare le loro armi se non per legittima difesa: devono aspettare che arrivino le forze di polizia, e non possono neanche inseguire i sospetti perché lascerebbero sguarnito il loro sito. Ma il tempo in certi casi può essere decisivo e forse questo tabù non ha più troppo senso.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi