Il presidente turco Erdogan (foto LaPresse)

Tra virgolette

E se adesso il sultano usasse il potere per fare la rivoluzione islamista?

Redazione
Recep Tayyip Erdogan, uscito vincitore dal coup, ha ottenuto nuova legittimità e guadagnato un nuovo alleato, l’impeto religioso nelle strade, e adesso potrà usare questo impeto per ottenere il potere esecutivo a cui anela.

La Turchia è a un momento epocale della sua storia dopo il fallimento del colpo di stato del 15 luglio, ma come in tutti i momenti epocali adesso Ankara è davanti a un dilemma. Il presidente Recep Tayyip Erdogan, uscito vincitore dal coup, ha ottenuto nuova legittimità e guadagnato un nuovo alleato, l’impeto religioso nelle strade, e adesso potrà usare questo impeto per ottenere il potere esecutivo a cui anela oppure incoraggiare le forze religiose a prendere il controllo del paese, incoronando se stesso come leader islamico. Secondo Soner Cagaptay, senior fellow al Washington Institute for Near East Policy, che ne ha scritto in un op-ed sul Wall Street Journal di ieri, mai come adesso la Turchia si trova davanti al suo “momento 1979”, dove la data è quella della rivoluzione islamica in Iran. Dopo il coup fallito, sostiene Cagaptay, Erdogan può usare la spinta propulsiva non solo per accumulare un potere autocratico, ma anche per fomentare una rivoluzione islamica che spazzi via le forze del secolarismo.

 

“Venerdì notte, mentre il coup era in corso, Erdogan ha fatto appello al sentimento religioso nel paese, spingendo i suoi sostenitori alla reazione. Su suo ordine, all’una e un quarto di notte i richiami alla preghiera hanno risuonato nelle 80 mila moschee della Turchia”, scrive Cagaptay, notando in seguito come i sostenitori di Erdogan scesi in strada per contrastare il colpo di stato non erano i tipici sostenitori dell’Akp, il partito islamico fondato da Erdogan, ma “piuttosto islamisti, e perfino jihadisti. Nel corso del fine settimana, squadre pro Erdogan hanno catturato e picchiato soldati che avevano sostenuto il golpe. Sono state postate online, sullo stile dello Stato islamico, immagini di un soldato decapitato. Purtroppo, il sentimento jihadista in Turchia è diventato sempre più forte, in parte rilevante anche a causa delle politiche educative di Erdogan, così come per la sua politica siriana, che ha consentito agli islamisti radicali di usare la Turchia come base. Secondo un recente sondaggio Pew, il 27 per cento dei turchi non vede lo Stato islamico sfavorevolmente. Ora Erdogan può usare queste forze per dare il via a una rivoluzione islamica”.

 

La strategia incrementale usata finora dal presidente per conquistare il potere, scrive Cagaptay, è stata efficace ma espone Erdogan a molti rischi. Nelle ultime due elezioni l’Akp ha portato il massimo dei suoi voti al 49,5 per cento, e benché la popolarità del presidente sia in ascesa non è detto che questa possa tradursi in potere in una contesa elettorale. Ma le rivoluzioni, ricorda Cagaptay, non hanno bisogno della maggioranza, ma piuttosto di minoranze rabbiose ed eccitate, pronte a usare la violenza per prendere il potere. Erdogan non è ancora in pieno controllo del paese, ed è per questo che fino a domenica pomeriggio non era rientrato nella capitale turca: non era ancora sicuro per lui. Ma nel frattempo “l’eccitazione religiosa è altissima, le moschee continuano i richiami alla preghiera durante tutto il giorno. Gli islamisti e i jihadisti arrabbiati contro i militari pattugliano le strade, mentre gran parte dei turchi di altri visioni politiche è troppo spaventata per lasciare la propria casa.

 

Se Erdogan dovesse dare ancora corda a questa eccitazione religiosa, potrebbe convertire la reazione religiosa al colpo di stato in una controrivoluzione islamica, ponendo fine allo status della Turchia come democrazia secolare. A tentare il presidente è anche il fatto che l’esercito, diviso e scretidato agli occhi del pubblico dopo il colpo di stato fallito, non sarebbe in grado di prevenire una controrivoluzione. Ma una rivoluzione islamista potrebbe portare con sé dei rischi. La Turchia sarebbe espulsa dalla Nato, cosa che potrebbe esporre il paese ai nemici vicini, compresa la Russia. Porterebbe quasi certamente, inoltre, al collasso economico, e questo potrebbe danneggiare la base di potere di Erdogan”, scrive Cagaptay, che conclude: “Il primo scenario, quello in cui Erdogan usa il colpo di stato per consolidare il potere, è più probabile del secondo, ma le possibilità di una rivoluzione islamista non sono mai state così alte in Turchia”.

 

 

Tra virgolette – Wall Street Journal

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