Aria di rivolta dentro al Congresso americano contro Pakistan e sauditi

Daniele Raineri
Mercoledì sera la Camera dei rappresentanti ha votato una legge che bloccherà 450 milioni di dollari in aiuti militari al Pakistan se non saranno rispettate tre condizioni. Ecco quali e quali conseguenze potranno essere.

Roma. Il Congresso americano manda segnali di frustrazione e di ribellione contro due alleati storici – e controversi – degli Stati Uniti. Mercoledì sera la Camera dei rappresentanti ha votato una legge (il National Defence Authorisation Act 2017, abbreviato in Ndaa) che bloccherà 450 milioni di dollari in aiuti militari al Pakistan – sono destinati a comprare caccia F-16  –  se non saranno rispettate tre condizioni. La prima è che l’Amministrazione americana deve ottenere prove concrete che il Pakistan sta combattendo contro il cosiddetto “network Haqqani”, un gruppo di combattenti estremisti che è molto attivo sulla frontiera tra Pakistan e Afghanistan ed è considerato una minaccia per i soldati americani. Da anni un insieme eterogeneo di osservatori, di giornalisti e di politici accusa il network Haqqani di essere un gruppo di collegamento tra i servizi segreti pachistani, i talebani e al Qaida e di essere uno strumento occulto al servizio della politica estera di Islamabad. Secondo queste accuse, il Pakistan considera alcuni gruppi estremisti non come una minaccia alla sicurezza ma come asset preziosi – che possono essere usati e sono stati usati per azioni ostili contro l’India. Secondo gli emendamenti proposti dalla Camera, l’Amministrazione deve certificare che il Pakistan sta conducendo operazioni militari contro il network, che impedisce al network di usare la regione del Waziristan come area sicura, che si sta coordinando con l’Afghanistan per combattere il network su entrambi i lati del confine e che infine mostra progressi, come la la cattura di leader di alto e medio livello.

 

Una seconda condizione posta dai legislatori americani è che il segretario alla Difesa deve provare che Pakistan non usa il materiale militare fornito dall’America per perseguitare le minoranze. Un terzo emendamento incluso nella legge è il riconoscimento che il dottore Shakril Afridi è “un eroe internazionale” e che deve essere liberato dal carcere pachistano in cui è chiuso. Afridi è il dottore che ha aiutato la Cia nella caccia al capo di al Qaida, Osama bin Laden, nell’operazione che portò al raid del maggio 2010. Nel 2012 il Pakistan ha arrestato e condannato Afridi a 33 anni con l’accusa di appartenenza a un gruppo estremista. Lui nega, la sentenza è stata annullata, ma per ora è ancora in carcere – e la sua detenzione ha tutta l’aria di essere una misura punitiva per aver cooperato a un raid che ha messo in grave imbarazzo il governo e l’esercito pachistani.

 

La legge è stata approvata dalla Camera, ma non è alla sua versione finale. C’è da aspettare cosa dirà il Senato, che però è critico nei confronti del Pakistan. A quel punto l’Ndaa sarà sottoposto al presidente Barack Obama, che potrà firmarlo oppure mettere il veto.

 

A metà febbraio America e Pakistan hanno raggiunto un accordo sulla fornitura di caccia F-16 e la notizia è stata subito considerata come un segno della potenza della lobby che cura gli interessi pachistani a Washington, e anche come un segno della debolezza della lobby indiana, che invano si è opposta per più di un anno.

 

Il Pakistan fa parte assieme all’Arabia Saudita di quei paesi sunniti che dopo l’11 settembre si schierarono con l’Amministrazione americana nella guerra al terrorismo e che sono considerati parte del problema più che parte della soluzione. Islamabad e Riad sono due alleati forti tra loro e i rapporti con Washington sono buoni ma, un po’ come sta succedendo in Europa con la Turchia, la loro immagine pubblica è disastrosa e questo comincia ad avere conseguenze in politica.

 

Martedì 17 il Senato ha approvato una proposta di legge che consentirà alle famiglie delle vittime dell’11 settembre di fare causa all’Arabia Saudita – se sarà possibile dimostrare un collegamento tra il governo di Riad e l’attentato. L’Amministrazione Obama ha già annunciato il veto, se diverrà legge. La proposta è collegata alla polemica che riguarda 28 pagine del rapporto sull’attacco dell’11 settembre che sono ancora secretate e che secondo alcuni contengono prove di colpevolezza a carico dei sauditi. L’Fbi sostiene che in realtà le 28 pagine contengono materiale raccolto in fretta e furia durante le indagini e che è rimasto “unvetted”, non verificato, ma l’esistenza di questo capitolo ancora sconosciuto scatena un interesse fortissimo. L’Arabia Saudita minaccia per rappresaglia di disinvestire 750 miliardi di dollari dall’America.

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  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)