McDonald's ha un problema con il Giappone

Giulia Pompili
Come fa una multinazionale a uscire dal più grande scandalo di sicurezza alimentare in cui sia stata mai coinvolta? Secondo l'ultimo bilancio pubblicato, nel 2015 McDonald's in Giappone ha perso poco meno di 35 miliardi di yen (275 milioni di euro). Un tracollo. Ma cosa è successo?

Come fa una multinazionale a uscire dal più grande scandalo di sicurezza alimentare in cui sia stata mai coinvolta? Secondo l'ultimo bilancio pubblicato, nel 2015 McDonald's in Giappone ha perso poco meno di 35 miliardi di yen (275 milioni di euro). Un tracollo. A fine dicembre, alcuni pettegolezzi finanziari addirittura vedevano il colosso americano dei fast food in procinto di vendere una quota consistente del capitale. Ma cosa è successo?

 



 

Come per tutte le vicende nipponiche, c'è anzitutto un aspetto culturale da considerare. McDonald's è sbarcato in Giappone nel 1971: la multinazionale americana faceva parte del soft power imposto da Washington per introdurre l'american lifestyle nel paese. In Giappone, inoltre, l'alimentazione tradizionale è basata sul consumo di pesce, mentre la carne è tendenzialmente un cibo considerato costoso. McDonald's è sbarcato in Giappone e ha avvicinato i giapponesi alla cultura dell'hamburger, senza dar troppo peso alla qualità e alla trasparenza dei prodotti (e con dei menu fin troppo personalizzati per i palati giapponesi) . Però tra il 2014 e il 2015 una serie di scandali sulla sicurezza dei cibi ha colpito la famosa catena di fast food. Nell'estate del 2014 il fornitore cinese della carne per McDonald's Giappone era stato beccato a vendere carne scaduta al suo autorevole acquirente. Da lì, il circo mediatico si è scatenato. Un anno fa a Osaka un consumatore ha trovato un dente in una scatola di patatine fritte, qualche tempo prima in una altro McDonald's qualcuno aveva trovato dei pezzi di vinile all'interno dei Chicken McNuggets. Un tizio aveva trovato un pezzo di plastica nel gelato. Il tutto ovviamente documentato, e soprattutto condiviso sui social network. Poi è venuta l'emergenza patatine fritte, dovuta a un problema di approvvigionamento dall'America.

 

Una serie di sfortunati eventi, sì. Forse peggiorata dall'incapacità di Sarah Casanova, boss di McDonald's Giappone, di gestire la crisi in un paese dove la formalità e la correttezza sono l'unico lasciapassare per avere la fiducia del consumatore (non si è inchinata!, dicevano gli utenti). A quel punto, però, l'anima più americana del business si è risvegliata, e non c'è orientalismo o boicottaggio che tenga davanti a un buon business pan. Alla McDonald's si sono messi a un tavolino e hanno studiato il mercato giapponese: come li riconquistiamo?, devono aver pensato. Con le patatine fritte al cioccolato. Una schifezza sesquipedale chiamata McChoco Potatoes, che però ha trainato le vendite e distolto l'attenzione dagli scandali – e dalla possibile chiusura di sessanta fast food in Giappone. Nella conferenza stampa della scorsa settimana, la Casanova ha detto che dopo gli ultimi tre anni tragicomici, McDonald's Giappone nel 2016 chiuderà senza perdite.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.