L'Europa tenta di rieducare gli immigrati con la lezioncina sul sesso

Giulio Meotti
Corsi di educazione sessuale obbligatoria, in un paese europeo dopo l’altro, vengono imposti agli immigrati. Ma la lezioncina su gender, Lgbt e affetto non convince tutti. “Se le nostre leggi non scoraggiano i perpetratori degli attacchi sessuali, quale effetto possono avere delle vignette?”, si è chiesta l’avvocato di Colonia Stefanie Galla che difende molte donne vittime di abusi.

Roma. In un impeto di pruderie moralistica autocensoria abbiamo velato i nudi ai Musei Capitolini di Roma durante la visita del presidente iraniano Hassan Rohani. Ma ad altri musulmani che arrivano in Europa mostriamo a forza nudi ben più espliciti delle statue e dei dipinti celati al presidente iraniano. Sono i corsi di educazione sessuale obbligatoria che, in un paese europeo dopo l’altro, vengono imposti agli immigrati. L’Austria, che ha varato il programma “La mia vita in Austria”, distribuisce depliant in cui viene spiegato che il bacio fra omosessuali è corretto, picchiare una donna no. Le didascalie recitano: “Le donne possono vivere con le donne e gli uomini con gli uomini”. “Bisogna confrontarsi con la realtà il prima possibile”, dice Lisa Fellhofer, che dirige l’Austrian Integration Fund, una agenzia sponsorizzata dal ministero degli Esteri.

 



 

La Norvegia ha intensificato i corsi di educazione sessuale obbligatoria. Il Belgio ha annunciato corsi di “rispetto per le donne” e la Danimarca sta vagliando un certo numero di ore obbligatorie di educazione sessuale. In Olanda, il ministro dell’Istruzione ha preso in carico l’insegnamento di corsi Lgbt nei centri per immigrati. Al loro arrivo, ai migranti viene mostrato un breve filmato sulla vita sessuale nei Paesi Bassi, comprese scene di sesso gay.

 

La Germania, specie dopo i fatti di Colonia, ha pubblicato linee guida, pamphlet e vignette per comunicare agli immigrati le norme sessuali che devono seguire. In Norvegia li chiamano “corsi di comprensione culturale”. Agli immigrati viene mostrata l’immagine di una ragazza avvenente con le gambe leggermente divaricate su un divano. L’insegnante, ai siriani appena arrivati nel paese, pone domande tipo: “Qual è la differenza fra amore e sesso?”. “Come fai a sapere se una ragazza vuole davvero fare sesso con te?”. Per evitare di accusare gli immigrati di essere potenziali stupratori, i manuali norvegesi attribuiscono i comportamenti aggressivi al personaggio del norvegese “Arno”, mentre quello dell’immigrato, tale “Hassan”, è descritto come “una persona per bene”, “onesta e amata”.

 

Ma la lezioncina su gender, Lgbt e affetto non convince tutti. “Se le nostre leggi non scoraggiano i perpetratori degli attacchi sessuali, quale effetto possono avere delle vignette?”, si è chiesta l’avvocato di Colonia Stefanie Galla che difende molte donne vittime di abusi. Ci sono città tedesche, come Hermeskeil, che adesso obbligano i migranti a partecipare a trenta minuti di “corso di comportamento” prima di entrare in una piscina. Si richiede anche che il migrante firmi un documento in dieci punti, dieci regole, da seguire se vuole accedere al nuoto. E visto che gli assalti sessuali si sono consumati anche sugli autobus, la città di Ratisbona sta pensando di creare mezzi pubblici con zone separate per gli uomini e le donne. Una sorta di sharia politicamente corretta.

 

Come scrive il sociologo inglese Frank Furedi sul magazine Spiked, “questi opuscoli riciclano la narrativa tradizionale della protezione del ‘sesso debole’ da tipi incivili nel linguaggio apparentemente privo di valori di un’Europa multiculturale. I volantini moralmente analfabeti delle autorità locali europee riflettono i problemi che la cultura ufficiale della Ue ha nel regno dei valori.

 

[**Video_box_2**]Invece di cercare di capire perché la politica del multiculturalismo ha fallito, i politici e i media hanno la tendenza a concentrarsi sul comportamento deplorevole di gruppi di migranti di sesso maschile. Questo permette ai politici di evitare di impegnarsi con il malessere culturale e morale di fondo che affligge gran parte dell’Europa. Le questioni che separano una società laica illuminata da quella di immigrati mediorientali o nordafricani sono molto più profonde dei loro atteggiamenti verso il sesso. Questi presuppongono la libertà, l’uguaglianza e la tolleranza”.

 

E per insegnare questi non basta distribuire un comico volantino Lgbt.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.