Una madrasa in Indonesia

Così in Indonesia le scuole coraniche sono diventate un problema

Maurizio Stefanini
Il rischio di radicalizzazione degli studenti delle 16.000 madrase sparse sul territorio è elevato. E' qui che si sono formati altri terroristi islamici prima di quelli che oggi hanno attaccato Giacarta
“In Indonesia ci sono 16.000 scuole islamiche frequentate da milioni di giovani in cui la maggior parte dei diplomati come unico sbocco professionale ha quello di diventare a sua volta insegnante in una scuola islamica. Molti hanno difficoltà a inserirsi nella società, perché non conoscono un lavoro da svolgere. Alcuni, poi, finiscono in gruppi estremisti coinvolti in attentati”. Non è un allarme rivolto oggi, dopo l’attentato di oggi a Giacarta dello Stato islamico, ma risale al 2007. E non viene da qualche servizio di Intelligence occidentale ma dal Kantata Research Indonesia, un istituto di studi indonesiano. “Dopo il diploma, quelli che a scuola hanno ricevuto un rigido  insegnamento teologico, sono più inclini a essere ‘circuiti’ dalle dottrine radicali e hanno una posizione molto antioccidentale”, spiegava M. Khoirul Mugtafa, dirigente dell’istituto. “Ho conosciuto parecchi insegnanti di scuole islamiche in Indonesia. Molti sono diventati sostenitori di posizioni radicali”. Per la verità, al momento non si ha ancora conferma che siano indonesiani gli autori del primo attacco terroristico a Giacarta dopo quello contro gli hotel Marriott e Ritz nel 2009. Ma M. Khoirul Mugtafa citava i casi di Basri e Amrozi bin Nurhasyim. Basri era un personaggio che a Sulawesi ha decapitato tre studentesse cristiane tra i 15 e i 17 anni, lasciando poi le loro teste in una borsa davanti a una chiesa, accompagnate dal messaggio “Uccideremo altri 100 ragazzi cristiani e vi porteremo le loro teste in regalo”. Condannato a  19 anni di carcere, nel 2013 approfittò di un permesso per andare a visitare la sua “moglie malata” durante il Ramadan e rendersi uccel di bosco. Giustiziato nel 2008, Amrozi bin Nurhasyim era stato il 12 ottobre del 2002 uno degli autori degli attentati di Bali. Tre bombe, contro un bar, un club e il consolato americano, che fecero 202 morti. “Entrambi”, ricordava Mugtafa, “si erano diplomati presso la locale scuola islamica”.

 

Ricorda un po’ il paradosso dei Taliban, che significa “studenti” ma che è ormai diventato sinonimo di “terroristi”, per via dell’immagine oscurantista assunta dal movimento che si formò nelle scuole islamiche create per i rifugiati afghani in Pakistan. Primo paese islamico del mondo per popolazione, l’Indonesia ha in comune con l’Afghanistan il fatto di essersi convertita alla fede del Corano dopo essere stata un paese a prevalenza buddista. La stupa, tipico tempio buddista, deriva in effetti da un tipo di abitazione caratteristica dell’Afghanistan. E a Giava si trovano alcuni dei più importanti esempi di arte buddista del mondo: ad esempio nel Tempio di Mendut, risalente al IX secolo. L’Afghanistan fu conquistato dagli arabi nel VII secolo. Ma la cultura tribale e buddista precedente lasciò un grande interesse per la spiritualità sufi, e anche un codice tradizionale chiamato pashtunwalì, che veniva seguito al posto della sharia. L’Indonesia si convertì al Corano nel XVI secolo, in gran parte perché la fede islamica fu vista come uno strumento di resistenza più valido ne confronti del colonialismo occidentale, portoghese e poi olandese. A loro volta, quelli che rifiutarono la conversione si rifugiarono a Bali, radicalizzando in senso anti-islamico il loro buddismo fino a farlo ridiventare induismo. Ma in Indonesia si è diffuso anche il cristianesimo, che è particolarmente forte a est e tra le etnie dei batak di Sumatra o dei dayak del Borneo. Altre etnie come i toraja di Sulawesi hanno invece assimilato i loro culti animisti all’induismo. C’è inoltre una forte comunità di oriundi cinesi che ha riportato il buddismo, ha portato il confucianesimo o che si è convertita al cristianesimo. Insomma, in Indonesia l’islamismo è sì religione ufficiale, ma assieme al cristianesimo protestante, cristianesimo cattolico, induismo, buddismo e confucianesimo. E l’islamismo tradizionale indonesiano segue a sua volta il codice tradizionale pre-islamico dell’adat piuttosto che la sharia. Inoltre i musulmani indonesiani considerano parte importate della loro cultura i poemi epici indù Mahabarata e Ramayana, un po’ come l’occidente cristiano fa partire la propria cultura dalle pagane Iliade e Odissea. Praticamente solo in Aceh, regione a occidente di Sumatra, si segue un islam integralista, che infatti ha voluto la sharia e ha vietato il Natale.

 

[**Video_box_2**]Ma pasthunwalì, adat e poemi indù non sono ben viste dal rigorismo dell’Arabia Saudita wahabita, che per combatterle ha aumentato i propri finanziamenti alle scuole integraliste. Mugtafa, nell’allarme lanciato nel 2007, non chiedeva la chiusura delle scuole islamiche ma si militava ad auspicare che vi si seguissero programmi più moderni e aperti. In effetti, il nonno di Amrozi aveva fondato la prima scuola islamica nel loro villaggio di origine proprio perché era un wahabita arrabbiato che insegnò ai suoi figli come le usanze giavanesi fossero “eresia” da “sradicare”. Il nipote, e ora gli attentatori di Giacarta, sono il risultato di questo processo.