Kim Jong-un (foto LaPresse)

La Corea del nord ha davvero la Bomba all'idrogeno?

Giulia Pompili
Probabilmente no, ma alzare il tiro delle provocazioni può essere lo stesso pericoloso

Ieri la Kcna, l'agenzia di stampa nordcoreana, ha riportato le parole che il leader Kim Jong-un avrebbe pronunciato durante un evento ufficiale al Phyongchon Revolutionary Site della capitale Pyongyang, appena restaurato. Secondo l'agenzia, Kim Jong-un avrebbe detto che il lavoro di Kim Il-sung (il nonno dell'attuale leader) "ha trasformato la Repubblica democratica di Corea in una potenza nucleare pronta a usare la propria bomba atomica e alll'idrogeno per difendere la sovranità e la dignità della nazione". In pratica, Kim Jong-un avrebbe annunciato al mondo la capacità della Corea del nord di produrre una bomba all'idrogeno, un armamento molto più potente della bomba atomica e in grado di provocare danni incalcolabili perché - secondo gli scienziati - la cosiddetta Bomba H non ha alcun limite di potenza.

 

Il dispaccio dell'agenzia ha suscitato reazioni internazionali preoccupate. Ma dobbiamo credere a Kim Jong-un? Il portavoce della Casa Bianca Josh Earnest ha spiegato durante un briefing con i giornalisti che Washington prende sul serio la minaccia nordcoreana, ma che "in base alle informazioni acquisite" sembrerebbe improbabile la capacità di Pyongyang di produrre una Bomba H. Lo stesso sostengono vari analisti specializzati in questioni nordcoreane.

 

Se così fosse, perché il leader nordcoreano mente?
Il metodo è efficace: Pyongyang, negli ultimi dieci anni, utilizza sistematicamente la provocazione e la propaganda in modo ricattatorio: lo fa per ottenere qualcosa, oppure per manovrare l'attenzione internazionale. In questo caso, tre eventi hanno probabilmente suggerito le dichiarazioni di ieri di Kim Jong-un. I colloqui ad alto livello tra Corea del nord e Corea del sud che si stanno svolgendo oggi nel distretto industriale di Kaesong; il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite che si è riunito ieri per discutere delle violazioni dei diritti umani in Corea del nord; e il primo tour in Cina delle Moranbong.

 

I colloqui con Seul. Quello di oggi è un incontro che fa parte del documento firmato da Corea del sud e Corea del nord il 25 agosto scorso, durante la peggiore crisi tra i due paesi sin dall'ultimo test nucleare nordcoreano. In quell'occasione, Seul aveva tenuto una linea particolarmente dura con Pyongyang, ma nel corso dei mesi i rapporti hanno ripreso il consueto ménage di scarsa fiducia reciproca e provocazioni.
Secondo gli analisti citati dall'agenzia sudcoreana Yonhap, tra le richieste rivolte da Pyongyang a Seul ci sarebbe l'alleggerimento delle sanzioni economiche e la riapertura dei tour turistici sul monte Geumgang. Il turismo internazionale, in particolare quello sciistico, fu lanciato sin dal 2012 come la grande riscossa dalla Corea del nord. Nel 2008, però, l'uccisione da parte di un soldato nordcoreano di una turista sudcoreana sul monte Kumgang - che è quasi sul 38esimo parallelo - portò alla decisione di interrompere ogni collaborazione turistica tra le due Coree.

 

L'intervento americano. Il segretario di stato americano John Kerry e l'ambasciatore americano alle Nazioni unite, Samantha Power, sono stati tra i principali promotori della riunione di ieri al Consiglio di sicurezza. Sul tavolo, la sistematica violazione dei diritti umani in Corea del nord che minerebbe la sicurezza internazionale. Ma il motivo della discussione è più geopolitico che realmente risolutivo: Washington tenta di far uscire allo scoperto il blocco di paesi che si oppone al deferimento della Corea del nord presso la Corte internazionale di giustizia dell'Aja. Chi sono? Cina e Russia, in quanto membri permanenti del Consiglio di sicurezza, hanno votato contro la discussione di ieri. E lo stesso hanno fatto anche Venezuela e Angola (entrambi i paesi hanno fruttuosi business con Pyongyang - a Caracas è stata aperta l'ambasciata nordcoreana pochi mesi fa). Chad e Nigeria si sono astenuti (leggi qui il documento del Consiglio).

 

La questione cinese. Negli ultimi mesi, Pechino aveva mostrato dei flebili segnali di allontanamento dalle posizioni della Corea del nord. Ma l'economia di Pyongyang è profondamente dipendente dalla Cina, e dunque Kim Jong-un ha interesse nel mantenere stabile l'amicizia con Pechino. Ieri, per esempio, è iniziato uno dei migliori esempi di soft power diplomatico. La band più famosa di Corea, quella delle Moranbong, tutta al femminile e indicata come la "migliore espressione dell'ideologia Juche", è partita per il primo tour ufficiale fuori dai confini nordcoreani, e suonerà per una settimana a Pechino.

 

[**Video_box_2**]Se quella della Bomba H - fino a prova contraria - può essere considerata una provocazione di Kim Jong-un (anche se c'è chi dice che dovremmo avere più cautela) è molto probabile che dal punto di vista dell'offensiva nucleare Pyongyang non scherzi per nulla. L'analisi delle immagini satellitari mostra molti movimenti intorno ai siti chiave degli armamenti nordcoreani. Un nuovo tunnel per test nucleari sarebbe in costruzione nel sito di Punggye-ri – spiega un report del gruppo di ricerca 38 North della Johns Hopkins University e di Jeffrey Lewis – dove sono stati già condotti i tre precedenti test nucleari (2006, 2009, 2013). I lavori nell'area di lancio dei satelliti di Sohae sembrerebbero completati. Se così fosse, la Corea del nord sarebbe riuscita a rispettare la scadenza di costruzione imposta da Pyongyang in tre anni, per far salire a tre le strutture di lancio satelliti del paese. Il programma spaziale nordcoreano è stato spesso usato come scusa per test missilistici.

  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.