Vivere con la strizza della Bomba di Kim Jong-un

Giulia Pompili
Pyongyang effettua il quarto test atomico, gli osservatori sono scettici: “Non è la bomba all’idrogeno”. La risoluzione dell'Onu

Roma. Quando Ri Chun-hee appare alla televisione nordcoreana vuol dire che la notizia che sta per annunciare è di quelle che in pochi minuti faranno il giro del mondo. I cinesi dicono che le parole di Ri Chun-hee, la conduttrice più famosa della Korean Central Television (Kctv) di Pyongyang, possono fare più danni dei cannoni. E in effetti è stata lei, intorno alle ore 12 locali di mercoledì, ad annunciare il quarto test nucleare condotto dalla Corea del nord. Lo ha fatto con indosso il joseonot, il vestito tradizionale nordcoreano, di colore rosa, la foggia tipica dei giorni di festa. Ri, che ufficialmente è pensionata, mercoledì è tornata davanti alle telecamere e sorridendo ha letto ai nordcoreani il comunicato del governo: “Ha avuto luogo un evento globalmente sorprendente che sarà ricordato nella storia nazionale, lunga più di 5 mila anni. […] Il primo test della Bomba all’idrogeno è stato condotto con successo questa mattina alle 10, secondo la determinazione strategica del Partito dei lavoratori di Corea”. 

 

Il video della Kctv, lungo più di sei minuti, è stato diffuso in diretta da un maxi schermo alla stazione centrale della capitale, a sottolineare, in conformità con la propaganda nordcoreana, che un successo degli scienziati di Pyongyang è un successo di tutti i cittadini. E’ stata trasmessa anche una foto del leader nordcoreano, Kim Jong-un, che firma un documento. Accanto alla foto di Kim, c’è l’immagine ingrandita di quello che si presume sia il documento che sta firmando. Il testo, datato 15 dicembre, scritto a mano con una grafia molto difficile da interpretare (nella foto in basso), dice in fondo: “Autorizzo il test della bomba all’idrogeno. Fatelo il 6 di gennaio!”.

 

In Italia erano le 3:30 del mattino di mercoledì quando le agenzie hanno rilevato attività sismica nella zona del sito nucleare nordcoreano di Punggye-ri, nel nord-est del paese, nella provincia dello Hamgyong del nord, in quella lingua di terra che si incunea tra Cina e Russia (per intenderci, più vicino a Vladivostok che a Pyongyang). Il terremoto – che gli esperti hanno subito confermato di origine umana, non naturale – è stato del grado 5,1 della scala Richter. E’ nei tunnel sotterranei di Punggye-ri che la Corea del nord ha eseguito anche i suoi tre precedenti test nucleari nel 2006, nel 2009, nel 2013. Quello di mercoledì è il secondo test nucleare di Kim Jong-un, gli altri due erano stati condotti quando a Pyongyang regnava il padre Kim Jong-il. Appena Pyongyang ha annunciato di avere testato una bomba all’idrogeno, la Bomba H, gli analisti hanno esitato, e così anche l’intelligence sudcoreana. La Bomba H è infatti una bomba termonucleare che si produce con processi sia di fusione sia di fissione. Rispetto alla “tradizionale” bomba atomica a fissione nucleare – come quelle di Hiroshima e Nagasaki – la Bomba H è circa mille volte più potente. La bomba a fissione testata dai nordcoreani nel 2013 provocò un terremoto di 5,1 gradi sulla scala Richter, lo stesso livello provocato dal test di mercoledì, di mezzo grado più forte rispetto al terremoto del test del 2009. In tutti e tre i casi, si trattava di bombe a fissione, di una potenza simile a quelle sganciate dagli americani sul Giappone. Se a essere sperimentato fosse stato un ordigno termonucleare, il terremoto provocato sarebbe stato incredibilmente più forte. Due, quindi, sono le teorie plausibili: o la bomba era una bomba a fissione, magari potenziata con il trizio, oppure durante il test di una bomba termonucleare qualcosa è andato storto. Perché proprio mercoledì? Domani è il compleanno di Kim Jong-un, e non è insolito per la Corea del nord celebrare il genetliaco con una prova di forza. Inoltre nel maggio del 2016 a Pyongyang si terrà il 7° Congresso del Partito dei lavoratori, il primo dopo 36 anni, un evento storico. 

 

Gli analisti che seguono gli affari nordcoreani aspettavano da tempo il quarto test nucleare. Le immagini satellitari mostravano da mesi un movimento inusuale nell’area del sito nucleare. Qualche mese fa David Albright, fisico e presidente dell’Istituto per la sicurezza internazionale nonché ex ispettore dell’Onu, aveva messo insieme i numeri e delineato tre scenari sulle capacità nucleari della Corea del nord. La previsione per il 2020 non è rassicurante. La miniaturizzazione delle testate nucleari, annunciata da Pyongyang già nel febbraio del 2013 ma mai confermata da fonti indipendenti, secondo Albright può avvenire entro dieci anni. Una testata nucleare miniaturizzata – che è difficile da produrre – può essere posizionata su un missile a lungo raggio.  Il programma missilistico della Corea del nord va avanti almeno dal 1993. 

 

Mentre la comunità scientifica non perde mai d’occhio l’evoluzione del programma di armamenti nordcoreano, quella internazionale resta sorpresa ogni volta che Kim Jong-un alza il tiro delle provocazioni, come svegliata da un lungo sonno. Ad ascoltare il messaggio della tv di stato nordcoreana, quella che viene definita “la Bomba della giustizia” sarebbe un “metodo di legittima difesa” contro l’aggressività americana. Soltanto l’America è citata esplicitamente.  

 

L’altra immagine iconica della giornata di ieri è quella del ministro della Difesa giapponese, Gen Nakatani, che corre seguito dal suo staff verso la residenza del primo ministro Shinzo Abe, per informarlo del test. Questa è la prima provocazione nordcoreana dopo la riforma dell’esercito del Giappone, che dal 2015 può impiegare i soldati per difendersi anche se non direttamente attaccato. Abe ha detto che non tollererà ulteriori avanzamenti del programma nucleare nordcoreano, la presidente sudcoreana Park Geun-hye ha parlato di una provocazione grave, “una minaccia per le nostre vite”. Anche Cina e Russia, ovvero  i alleati più grandi della Corea del nord soprattutto sul tavolo del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, hanno condannato il test nordcoreano. In particolare le prodezze di Kim Jong-un sono fonte di imbarazzo per il presidente cinese Xi Jinping, che sta tentando di accreditarsi con la comunità internazionale nel ruolo di diplomatico di riferimento per le questioni asiatiche.  Il Consiglio di sicurezza dell’Onu, che si è riunito ieri d’urgenza, probabilmente deciderà per nuove sanzioni economiche contro la Corea del nord. 

 

[**Video_box_2**]L’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la sicurezza, Federica Mogherini, ha parlato ieri di “una violazione grave del diritto internazionale e una seria minaccia alla pace e alla sicurezza internazionali e regionali”. La Farnesina ha diffuso un comunicato pressoché identico a quello europeo, nel quale il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, “chiede alla Corea del Nord di conformarsi” ai suoi obblighi internazionali. Il senatore del Pdl Antonio Razzi, riconosciuto dal governo di Pyongyang come uno dei delegati italiani in Corea del nord, lunedì prossimo incontrerà l’ambasciatore nordcoreano in Italia. Razzi non è d’accordo con la linea  dura italiana e, contattato dal Foglio, spiega che “la Corea del nord non è un paese aggressivo, non vuole usare l’atomica contro qualcuno. Sempre ammesso che ce l’abbia, l’atomica, visto che a volte succede che la propaganda prevalga sulla realtà”. E il terremoto antropico come lo spiega? “Chi può dire, magari c’è stato un terremoto naturale, ci sono sempre troppe chiacchiere sulla Corea”. Secondo Razzi, il primo passo da fare dovrebbe essere quello di aprire un canale di dialogo: “Con Cuba, con l’Iran, è stato fatto. Sono rimasti soltanto loro, ed è gente pacifica, anche l’ultima volta che sono andato a Pyongyang con Salvini, la gente per strada era serena. Ma l’embargo è sbagliato, è una ripicca data da gelosie e incomprensioni. La comunità internazionale deve scendere in campo con la diplomazia”.

  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.