Milizie in Libia

Forze speciali in Libia

Daniele Raineri
Il ruolo degli specialisti militari italiani e il feeling con l’intelligence per il network dei contatti locali

Roma. Lo stato maggiore della Difesa italiano da un lato tutela con delicatezza gli sforzi della diplomazia del governo – il 13 dicembre a Roma c’è un incontro a livello ministeriale tra 15 paesi per trovare una soluzione politica sulla Libia – e dall’altra sorveglia con attenzione cosa succede dall’altra parte del mare, dove lo Stato islamico si espande e accoglie combattenti e leader importanti in arrivo da Siria e Iraq.

 

Il Foglio è a conoscenza dell’esistenza di almeno un rapporto specifico sulla situazione in Libia prodotto dal ministero della Difesa italiano, i cui autori sono militari inviati con l’incarico di raccogliere informazioni in quel paese arabo. Qui non si parla di uno schieramento di “truppe”: piuttosto della presenza di una manciata di operatori con un background militare di livello molto alto, specializzati in reconnaissance (ricognizione), hard arrest (cattura di terroristi), hostage rescue (salvataggio di ostaggi). Questo profilo corrisponde a poche unità, come il 9° Reggimento d’assalto “Col Moschin”, il Comando subacqueo incursori e il Gis dei carabinieri.  Una fonte libica del Foglio conferma da Sabratha la collaborazione di alcuni contatti locali con operatori italiani. A febbraio e marzo di quest’anno il governo ha parlato della possibilità di “interventi di contenimento del terrorismo” libico (il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, in un’intervista del 20 marzo), perché “non possiamo accettare che a poche ore di navigazione dall’Italia ci sia una minaccia terroristica attiva” (Gentiloni, il 14 febbraio). Il 20 marzo una fonte della Farnesina descrisse così al Foglio queste azioni di contenimento: bombardamenti aerei mirati e possibili raid di incursori, da decidere in un quadro di legalità internazionale. Questo tipo di prontezza operativa richiede un lavoro preliminare che dura come minimo mesi.

 

La presenza degli operatori è apprezzata nel settore dell’intelligence per l’esperienza e i contatti sul campo. Un distaccamento del “Col Moschin” di circa 12-15 uomini ha lavorato a Bengasi nel 2011 e per quasi tutto il 2012, ed era in città anche l’11 settembre, quando gli islamisti hanno dato l’assalto al consolato americano. La loro rete di relazioni è attiva ancora oggi che la città è quasi inaccessibile. L’importanza di questa collaborazione è stata confermata a metà novembre dall’approvazione alla Camera di un emendamento alla legge del 3 agosto 2007 numero 124 che permetterà ai militari dei corpi speciali, quando sarà approvato in via definitiva, di operare all’estero e in via temporanea sotto il comando dei servizi segreti.

 

[**Video_box_2**]Quello italiano è uno sforzo parallelo a quello di altri paesi: ieri il governo francese ha distribuito alla stampa un documento in cui spiega di avere mandato aerei da ricognizione a volare sopra Sirte e sopra Tobruk il 20 e il 21 novembre, e che ci saranno altre missioni di ricognizione francesi sopra quel territorio. Lo Stato islamico in Libia ha minacciato esplicitamente l’Italia dieci mesi fa in un video.

  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)