Hugo Chavez in una foto del 2007 con uno dei cellulari fabbricati dalla Vtelca

Il Venezuela lancia il nuovo smartphone socialista, ma le code sono solo davanti ai supermercati

Luciano Capone
Nel Nuovo Mondo vengono prodotti smartphone socialisti prodotti da un’impresa nazionalizzata. Si tratta dei cellulari prodotti dalla fabbrica statale venezuelana fondata da Hugo Chávez. Un flop inevitabile.

Il mondo occidentale e capitalista per l’ennesima volta ha puntato l’attenzione sul lancio del nuovo iPhone 6s, presentato dal ceo di Apple Tim Cook in perfetto stile Steve Jobs. In Italia l’iPhone 6s è arrivato da pochi giorni e come al solito si sono formate davanti ai centri commerciali le tipiche code delle società consumistiche, simbolo dell’adorazione per le merci e del degrado della civiltà. Ma nel mondo d’oggi la comunicazione è diventata uno strumento quasi indispensabile per una vita sociale completa e anche i critici del modello turboconsumista si sono dovuti loro malgrado adeguare all’uso dell’iPhone, emblema del dominio tecnologico-capitalista sulle masse, anche solo per creare reti sociali e sfruttare i progressi del sistema per ribaltarlo dall’interno.

 

La buona notizia per il fronte anticapitalista è che non dovranno finanziare le multinazionali per fare la rivoluzione, perché sempre nel Nuovo Mondo vengono prodotti smartphone socialisti prodotti da un’impresa nazionalizzata. Si tratta dei cellulari della Vtelca, acronimo di Venezolana de Telecomunicaciones, la fabbrica statale venezuelana fondata da Hugo Chávez nel 2007, lo stesso anno che qualche parallelo più in su Steve Jobs lanciava il primo iPhone. Obnubilati dall’uscita dell’iPhone 6s, i consumatori italiani si sono persi il lancio di tre nuovi smartphone rivoluzionari, in questo caso nel vero senso della parola, presentati in prima persona dal presidente venezuelano Nicolás Maduro. Direttamente dalla sede della Vtelca, Maduro ha presentato i tre nuovi modelli, distinguibili dai prodotti capitalisti sia per i nomi patriottici e rivoluzionari (Victoria II, Caribe e Telepatria) che per la foto del “comandante eterno” Hugo Chávez sulle confezioni. Anche il giorno della presentazione non è stato casuale, il 7 ottobre infatti cadeva il terzo anniversario “della vittoria eroica del nostro comandante Chávez” alle ultime presidenziali vinte dal caudillo. Nelle sue vesti di Tim Cook anticapitalista, perché in fondo anche il presidente venezuelano è il successore del fondatore di una fabbrica di telefonini, Maduro ha mutuato dal suo eroico predecessore lo stile da venditore di materassi e ha ordinato al ministro dell’Industria José David Cabello (fratello del numero due del regime Diosdado Cabello) di destinare il 20 per cento della produzione alle esportazioni, per far entrare nel paese i dollari che servono a importare beni essenziali.

 


 



Il mercato internazionale è molto competitivo e le forze capitaliste sono sempre pronte a sabotare la rivoluzione, pertanto l’azienda non è mai riuscita a raggiungere gli obiettivi fissati, già Chàvez ad esempio aveva stabilito una produzione del 400 per cento maggiore di quella che si è poi verificata. Rispetto ad allora, ai tempi in cui il paese era inondato di petrodollari, sono cambiate anche le condizioni economiche del paese. Il Venezuela è uno stato quasi fallito, ha l’inflazione più alta del mondo che secondo il Fondo monetario internazionale l’anno prossimo arriverà al 200%, la peggior recessione del mondo con il pil in caduta quest’anno del 10 per cento, deficit in doppia cifra, criminalità e corruzione diffuse, scarsità di beni essenziali dal cibo ai farmaci. Neppure il mercato degli smartphone se la passa bene, visto che dal 2012 al 2015 le vendite sono scese da 9 a 4,9 milioni di pezzi e la produzione di Vtelca si è più che dimezzata, anche a causa della mancanza di dollari che impedisce l’importazione di componenti. L’unica buona notizia per la Vtelca viene dal fatto che in patria non soffre la concorrenza della Apple, visto che il Venezula è il paese dove un iPhone costa di più al mondo: a causa dell’inflazione e dell’assurdo sistema di cambio, ci vogliono 42 mila euro per comprare un iPhone 6s, circa 7 anni di stipendio a salario minimo. Pertanto non ci sono file davanti ai centri commerciali per l’ultimo iPhone, quelle lunghissime che si vedono sono davanti ai supermercati per compare olio, riso e carne le cui vendite sono razionate. E la differenza tra le due code forse sintetizza meglio di ogni altra cosa la differenza tra il sistema capitalista e quello socialista.

 

[**Video_box_2**]Nonostante le evidenti difficoltà mostrate dal sistema economico modellato da Chávez, c’è chi non smette di lodare i successi del “Socialismo del XXI secolo” e della sua Apple bolivariana. Il Manifesto ad esempio poco tempo fa ha dedicato un reportage di due pagine alla Vtelca dopo un tour che ha permesso di vedere cose inimmaginabili per noi che viviamo in una società capitalista: “Entriamo in una fabbrica che avanza nel futuro con lo sguardo voltato all’indietro, come l’Angelus Novus: l’angelo della storia, qui, suggerisce ancora che 'anche la cuoca può dirigere lo stato'". Ora la cuoca può anche prendere il posto di Steve Jobs.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali