Una manifestazione a Sanaa per chiedere la fine dei bombardamenti della coalzione araba in Yemen (foto LaPresse)

Se in Yemen al Qaida diventa più forte citofonare Obama

Luca Gambardella
I miliziani islamisti arrivano ad Aden. La coalizione araba sostenuta dagli Stati Uniti sta fallendo su tutti i fronti. Ecco gli effetti del disengagement di Washington

Dopo cinque mesi di bombardamenti in Yemen, la coalizione dei paesi arabi sunniti dice di avere preso il controllo della città meridionale di Aden, liberandola dai combattenti della setta sciita degli Houthi, sostenuta dall’Iran. I leader del governo in esilio esultano e annunciano che il mese prossimo toccherà alla capitale Sanaa. Gli abitanti di Aden però hanno fatto sapere che sabato scorso i miliziani di al Qaida nella penisola araba (Aqap) hanno preso il controllo di un distretto occidentale della città e hanno confermato il sospetto che gli islamisti siano finora i veri vincitori del conflitto. Il vuoto di potere lasciato dalla guerra civile ha permesso ai qaidisti di guadagnare terreno e influenza sul territorio come mai avvenuto prima. I bombardamenti dei droni degli Stati Uniti, che sostengono la coalizione araba, continuano a colpire i militanti islamisti. A Mukalla, qualche centinaio di chilometri più a est lungo la costa del golfo di Aden, i residenti hanno detto che due sauditi e uno yemenita, entrambi appartenenti ad al Qaida, sono stati uccisi domenica scorsa da un raid aereo americano. A luglio, i droni di Obama avevano già ucciso il numero due di Aqap, Nasser al Wuhayshi.

 

Questi successi sporadici sono stati oscurati però dai dubbi sull’alleanza creata tra le milizie delle tribù locali e la coalizione araba. Alcuni reporter di Reuters, che si sono recati di recente ad Aden, hanno riferito che circa un migliaio di militari yemeniti addestrati in Arabia Saudita e 130 mezzi blindati si trovano attualmente nella città portuale. Insieme a loro, per le vie della città, ci sono anche uomini armati ma senza divisa, con barba e capelli lunghi e con indosso abiti tradizionali e infradito. Si tratta di residenti che al momento dell’arrivo dei ribelli Houthi hanno imbracciato le armi per difendere i propri quartieri e le proprie milizie. Ora però non è chiaro se le loro intenzioni convergano con quelle della coalizione e del governo in esilio o se nutrano piuttosto simpatie per i movimenti separatisti del sud e per i partiti islamici.

 

Alla scarsa affidabilità delle milizie locali si aggiungono i sempre maggiori proseliti di al Qaida. Sabato scorso un gruppo di miliziani ha marciato in parata per le strade del distretto di Tawahi sventolando il vessillo nero e festeggiando la cacciata dei “miscredenti” sciiti. “E’ solo un gruppo di scalmanati e delinquenti, non c’entrano nulla con al Qaida”, ha detto il viceministro dell’Interno yemenita, Generale Ali Nasser Lakhsha. I residenti la pensano diversamente e riferiscono di pattuglie di miliziani islamisti anche a ridosso del porto e nel quartiere commerciale di Crater. Membri delle forze di sicurezza yemenite riferiscono inoltre che a 200 chilometri più a nord di Aden, a Dar Saad, una base militare è stata convertita a campo di addestramento dei miliziani islamisti.

 

A oggi, secondo le agenzie umanitarie, 4.300 persone sono morte e si parla di una catastrofe che ben presto supererà quella siriana. La Croce Rossa Internazionale, l’unica che dava conforto umanitario ad Aden, ha abbandonato la città perché presa di mira dai bombardamenti. Le bombe lanciate dagli aerei della coalizione hanno colpito soprattutto i civili dato che gli Houthi, dicono i vertici della coalizione, si nascondono nei centri urbani mescolandosi alla popolazione.

 

[**Video_box_2**]Mercoledì il quotidiano inglese Telegraph ha pubblicato un intervento di Nawaf Obaid, ricercatore dell’Università di Harvard, che esaltava l’intervento della coalizione araba contro gli Houthi e auspicava un suo intervento anche in Siria. Lo scenario attuale dimostra piuttosto che la guerra per procura e il disengagement, sostenuti finora dall’Amministrazione Obama, non stanno funzionando in Yemen. Bruce Riedel, ex ufficiale della Cia e ricercatore del think tank Brookings Institution, ha detto al Daily Beast che “Washington sta pagando dazio per ottenere il tacito consenso di Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti all’accordo nucleare iraniano”. In Yemen Aqap trova campo libero per mettere in pratica la tattica che ha già adottato in altri paesi: radicarsi nel territorio sfruttando la sfiducia dei locali verso i propri governanti e verso le forze esterne al paese. L’odio settario nei confronti degli Houthi sta facendo il resto.

  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.