Lo scorso gennaio il giornalista John Cantlie, prigioniero dell'Is, era comparso in un documentario propagandistico in cui esaltava l'amministrazione del califfo nella città (foto LaPresse)

Un anno di vita nell'Utopia islamista. Reportage da Mosul

Redazione
Il Wall Street Journal in una città senza mozziconi di sigarette in terra, con galere piene e cristiani scomparsi

Roma. Ieri il Wall Street Journal ha pubblicato un resoconto della vita a Mosul, a un anno dalla conquista della città irachena da parte dello Stato islamico (Iraq dove, su richiesta del premier al Abadi, arriveranno fino a 450 soldati americani per addestrare le forze irachene impegnate nella lotta all’Isis, come annunciato ieri dalla Casa Bianca). Il giornale americano ha intervistato più di una decina di abitanti della città, alcuni andati via altri ancora lì, e anche funzionari del governo iracheno.

 

Mosul, seconda città del paese, non è mai stata in forma migliore di adesso, grazie alle leggi severe imposte dagli estremisti sunniti. I chioschi abusivi che infestavano i marciapiedi sono spariti e così anche le matasse di cavi elettrici che una volta penzolavano sulle strade e volavano da un tetto all’altro. Lampioni nuovi illuminano strade in cui non si vedono più mozziconi di sigaretta. “Il gruppo estremista sta lavorando giorno e notte per riparare le strade, sistemare i giardini e ammobiliare gli alberghi”. “Non ho mai visto Mosul così pulita in trent’anni, con strade e mercati così ordinati”, dice Omar, un residente, al Wall Street Journal, e aggiunge che lo Stato islamico si è concentrato sui lavori civici soprattutto nelle ultime settimane, come parte di uno sforzo più ampio per conquistarsi le simpatie della popolazione.

 

Mosul e la sua gente sono cambiati. Quando le donne scendono in strada lo fanno completamente coperte, anche in volto. Gli uomini si sono fatti crescere barbe obbligatorie. Alcuni santuari e moschee che torreggiavano in centro sono stati distrutti, perché secondo lo Stato islamico la venerazione di edifici è proibita. Antiche chiese cristiane ora ospitano vendite di bottini di guerra, a cui possono presenziare soltanto i membri del gruppo. La minoranza cristiana, una delle tante che un tempo coloravano la città sunnita, è stata cacciata con minacce di morte.

 

Nessuno sfida lo Stato islamico perché gli abitanti, che appartengono alla minoranza sunnita dell’Iraq (minoranza se si considera l’intero paese, non quella zona), sono troppo spaventati all’idea che una campagna militare – se e quando riconquisterà la città – porti devastazione e un futuro incertissimo sotto un governo controllato dagli sciiti. Questa è la contraddizione in cui vive più di un milione di persone, nella città più grande controllata dallo Stato islamico in Siria e in Iraq.

 

In questo anno, il gruppo estremista ha stretto la sua presa su Mosul quasi senza contestazioni, fondando un suo apparato amministrativo e anche un suo apparato di sicurezza. Ha isolato Mosul dal resto del paese e del mondo tagliando i collegamenti telefonici, i ripetitori e Internet. 

 

La campagna militare per riprendere  Mosul in futuro, scrive il Wall Street Journal, è al centro della strategia militare della Coalizione guidata dall’America contro lo Stato islamico. I piani per lanciare questa campagna però sono stati rimandati – e questo va a vantaggio degli uomini dello Stato islamico, che vogliono provare alla popolazione che sta meglio come sta ora. O almeno vogliono creare l’impressione che sia così. Per ora Stati Uniti e Iraq hanno cambiato priorità e hanno deciso di occuparsi prima della regione di Anbar e della sua capitale Ramadi.

 

“Tutti i prigionieri di questa città oppressa vogliono essere salvati da Daesh e tornare alla vita normale”, dice Omar, usando un termine dispregiativo per indicare lo Stato islamico. “Ma tutto dicono anche che se la liberazione verrà come a Tikrit o nell’Anbar, con devastazioni e barili bomba, fucilazioni sommarie e saccheggi, allora non la vogliamo”. Un altro abitante di Mosul fa eco a questi timori, mostrando quanto le notizie di saccheggi e abusi da parte delle milizie sciite a Tikrit pesino sulle convinzioni degli abitanti, anche se molte di quelle notizie sono esagerate. “Anche gli stessi soldati iracheni potrebbero non essere i benvenuti a Mosul”, dice il secondo abitante sentito dal Wall Street Journal. “Il modo migliore di liberarsi di Daesh è negoziare con loro un arretramento verso la Siria”. Suona come una proposta infattibile e disperata.

 

Nei primi mesi, alcuni abitanti erano convinti di poter vivere sotto le regole imposte dallo Stato islamico. “Daesh è riuscita a creare in poco tempo un apparato di sicurezza simile, se non più forte, come organizzazione e durezza a quello del regime di Saddam Hussein”, dice Omar. “Governa sulla gente e regola le loro vite nello stesso modo”.

 

[**Video_box_2**]Il cibo è diventato meno caro e più abbondante, perché lo Stato islamico sta mettendo sul mercato anche i prodotti cresciuti in Siria, anche se il prezzo della benzina e del diesel, che ricadono nel monopolio del gruppo, sono schizzati verso l’alto.  Molti negozi  hanno chiuso e il commercio locale si è fermato. Lo Stato islamico ha piazzato i suoi uomini nella polizia e nei posti pubblici, creando migliaia di disoccupati. Il sistema di giustizia affidato alle corti islamiche è diventato sempre più severo.
Dottori, giudici e professori che hanno provato a mettere in discussione le leggi dello Stato islamico sono stati uccisi, talvolta con pubbliche lapidazioni o crocifissioni, e le prigioni sono piene di detenuti che aspettano la sentenza della Corte islamica.  “Quasi nessuno ne esce vivo”, dice un abitante.

 

Una delle campagne che ha fatto perdere allo Stato islamico molto dell’appoggio popolare è stata quella contro le minoranze religiose, in particolare contro i cristiani. “Ci sono cose che non consideriamo islamiche per nulla”, dice una donna che ora vive a Kirkuk. “Tutta Mosul non accetta quello che è successo ai cristiani, è stato uno dei loro grandi errori”.

 

Al mercato, la lista dei prodotti proibiti s’allunga e c’è un divieto pure sul pollo surgelato (perché potrebbe contenere additivi chimici) , anche se quello che pesa di più riguarda le sigarette. E’ nato un mercato clandestino e costoso di tabacco.

 

A novembre, lo Stato islamico ha imposto una regola che proibisce agli abitanti di lasciare la città, a meno di ragioni mediche, oppure per ritirare lo stipendio a Baghdad. In entrambi i casi, la persona deve avere l’approvazione di una corte speciale e lasciare una cauzione in soldi, o la sua auto. Il mese scorso i combattenti hanno scavato un fossato attorno a Mosul, rafforzando la sensazione degli abitanti di vivere dentro una trappola.

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